CDC #79- Exploitation Mad Max - I Nuovi Barbari

Diciamoci le cose come stanno. Ci piace un sacco tessere le lodi di Mad Max, ricordando come l'opera di Miller sia stata capace di ispirare l'ambientazione post-apocalittica per tutti gli anni ottanta e oltre. Affascinati e sedotti dalla trilogia abbiamo rivisto le gesta del pazzo Max nelle battaglie di Ken Shiro e nella moda punk degli Wild Boys. Ci siamo innamorati a tal punto dello spettacolo pessimista di George Miller da lasciarci sfuggire il punto forse più importante di tutti quanti.
Ma quanti danni ha causato Mad Max?


Perché quando qualcosa ha successo tutti provano a replicarne i meccanismi; è il sale dell'exploitation. Agli albori degli anni ottanta chiunque volesse costruire un film ambientato dopo la catastrofe doveva guardare al lavoro di Miller. O magari a 1997. O, dio ce ne scampi, a entrambi.
Spesso, però, ci si dimentica come sia stato solo il secondo capitolo della trilogia gettarci in faccia l'estetica tanto iconica che oggi amiamo citare. Perché nel primo, girato a budget zero, il regista australiano si è accontentato di mettere in piedi una buona pellicola on the road con la vendetta nelle intenzioni e un cuore gustosamente horror.
Partendo da questo semplice dato di fatto dovrebbe apparire abbastanza ovvio che non è il caso di mettere su il carrozzone senza prima aver raccolto i fondi per renderlo credibile. Ma no. E' il due che la gente vuole. Quell'orgia di personaggi nuclearizzati in sella a moto e auto costruite con i materiali di recupero. Lo straniero senza nome. Un barlume di civiltà da salvaguardare. Roba piuttosto difficile da portare sullo schermo.
Da squattrinati come si può tirare fuori qualcosa di sufficientemente grandioso da far dimenticare la miseria dell'operazione? Per fortuna per scrivere una grande storia bastano una penna e alcuni fogli di carta, materiali reperibili nella cartoleria sotto casa a un prezzo abbordabile.
Dopotutto quando si tratta di entrare nella scia di un successo gli sceneggiatori bravi prendono spunto dal capostipite e gli costruiscono attorno la loro visione, adattando il tutto ai propri mezzi.
Quelli bravi, appunto.
Perché quelli meno ispirati, invece, si limitano a copiare.
Male.

Davvero, capisco tutto. Lo so che non si può pretendere la magia di Miller dentro un'opera derivativa. Ci sta anche che il budget pezzente a disposizione frustri le migliori ambizioni.
Ma almeno alla sceneggiatura potevano dare un senso. Al di la della solita menata dell'eroe solitario che si trova in competizione con i suoi ex-compagni Templars, dico. Oltre alla classica dicotomia buoni e pieni di fede nel futuro, contro spietati fanatici nichilisti, intendo. Che ne so, una storia che non sembrasse scritta da dei bambini che giocano alla fine del mondo. Una cosetta così.
Perché i mali iniziano tutti li. L'ingenuità di questo racconto fa tenerezza. I dialoghi che lo riempiono sono presi da un dizionario delle frasi fatte. Il romanzetto rosa che infesta la vicenda è gettato addosso allo spettatore quasi come un dovere. Tutto pare puntare verso le sequenze d'azione, che però sono di una povertà disarmante.
A governare l'oretta e mezza scarsa della pellicola è una noia difficilmente riscontrabile altrove. Laddove Miller dosava sapientemente le fasi di calma con le scene d'azione rigonfie di adrenalina, Castellari mette insieme una serie di sequenze incomprensibili, con tagli di montaggio da denuncia e una gestione dei tempi quantomeno bizzarra.
Voglio dire: si muove o no a tirare quelle frecce Nadir, che qui finisce il film mentre lui ancora le carica.


Chiaro che se non funziona l'unico comparto che potrebbe salvare la baracca, il resto dell'opera può solo peggiorare le cose.
Castellari qui non è molto saggio. Ricostruire le scenografie di Mad Max 2 con duemila lire non è una cosa consigliabile. Ma lui va avanti lo stesso per la sua strada.
Così il villaggio improvvisato del gruppo di sopravvissuti diventa un cerchio di macchine molto piccolo con all'interno dei barili luccicanti. I predoni con le creste colorate si trasformano in una banda di fondamentalisti psudo-religiosi che vorrebbero ispirarsi ai templari. La V8 Interceptor di Mel prende la forma di un'auto nera generica con tanti tubicini di plastica e un assurdo lucernario sul tettuccio.
Viene un po' da ridere pensando all'estetica che si voleva replicare. Soprattutto quando i cattivi si vestono con degli ingombranti costumi bianchi di gommapiuma immacolati, guidano motociclette da cross normalissime oppure auto che sibilano e sparano con pistole caricate a parolacce luminose.

A dare la mazzata finale il classico cast di recupero tirato su per l'occasione. Di attori professionisti davvero meritevoli della qualifica direi che ce ne sono pochini.
Vanno tutti dalla recitazione sopra le righe tipica di chi vuol farti vedere per forza che sta interpretando un pazzo, a quella talmente sotto tono che non si capisce mai cosa stia provando il personaggio. Nel mezzo un mucchio di gente disorientata dal suo essere in un luogo strano in mezzo a tanti altri vestiti di stracci.
Poi è chiaro. Da una sceneggiatura del genere nemmeno Marlon Brando forse poteva tirare fuori qualcosa di più. Ma la desolazione di questi attori lasciati a se stessi è davvero l'unica cosa che fa pensare alla fine del mondo.

Lo so. Sono in molti là fuori ad adorare questo tipo di prodotti creati con logiche quasi amatoriali. Capisco il senso di questo sentimento. Farcela con poco. Un bel messaggio.
Ma non ci sto. Almeno con I Nuovi Barbari (titolo particolarmente accattivante) non voglio partecipare alla rivalutazione di tutto ciò che è venuto prima del 1990 nei meandri più oscuri del cinema. Questo film è sbagliato in tutte le sue componenti. E se posso perdonare gli strafalcioni causati dal budget basso (anche se c'è sempre la possibilità di rivedere le proprie ambizioni per adattarsi a ciò che si ha, come fece Miller con il primo Mad Max), le sceneggiature scritte coi piedi no. Quelle non le posso mandare giù.
Me ne vado da questa esperienza con la consapevolezza che forse l'unica cosa interessante di cui parlare è la versione VHS proposta da Rai Play. Ma in realtà no. Non mi va di discutere nemmeno di qualità dell'offerta.
Sono stanco.
Lasciatemi solo.

Commenti

  1. “Mad Max” e “1997 fuga da New York” hanno aperto la diga da cui è uscito di tutto, specialmente gli imitatori così. Roba che oggi verrebbe considerata non dico l’Asylum ma quasi, a tratti sono imitazioni barbar, diventate mitiche per riflesso, specialmente per chi non li ha visti e parla per sentito dire. A qualcuno di questi imitatori voglio anche bene, ma ecco, “Mad Max” e “1997 fuga da New York” restano un po’ meglio ;-) Cheers

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