CDC #78- Le oscure dinamiche del potere: Il Divo

La prima volta che vidi Il Divo al cinema ne rimasi folgorato. Mi colpì lo stile di un film sospeso tra biografia, inchiesta e spettacolo puro e semplice. Un'opera tutta italiana potente e moderna che proiettò Sorrentino nel ristretto novero dei miei registi preferiti.
Per il secondo giro ho aspettato più di dieci anni, tempo durante il quale il mio apprezzamento per il regista si è attestato su un livello energetico più basso, i miei gusti si sono evoluti e di cinema davanti ai miei occhi ne è passato parecchio.
Ma lui, Il Divo, è potente oggi come allora? Siamo qui apposta:

Giulio Andreotti è sicuramente un personaggio controverso. Per molti l'incarnazione stessa del potere, un uomo che tutto conosce e tutto gestisce, piegando al suo volere chiunque intrecci il suo cammino. Per altri semplicemente un politico molto furbo, capace di interpretare brillantemente il suo ruolo in un partito fatto di correnti nel quale apparire importante vuol dire governare il paese.
Sorrentino decide di non sbrogliare la matassa, o almeno ci da un'illusione di imparzialità che gioca parecchio sulle ambiguità di un uomo che, probabilmente, nessuno può dire di conoscere veramente.
La vicenda si ammanta di mistero, sospetto, allusione. Come una lunga e curata puntata di Blu Notte, sfiora i momenti più torbidi della storia italiana durante la prima repubblica e getta ombre sulla figura di quest'uomo dall'umorismo affilato e dagli scopi celati.
Ambientato nei primi anni novanta, periodo in cui in Italia è cambiato tutto (per restare com'era, se non peggio), il film narra la fase calante di una storia di potere. L'Andreotti di Servillo è quello a cui iniziano a mancare le certezze, che si trova isolato, che vede il suo circolo sgretolarsi assieme all'intera classe politica.
Un bersaglio facile, si potrebbe pensare. Ma Andreotti facile da colpire non lo è mai stato e la stessa idea di portarlo al cinema mentre era ancora in vita mette in mostra una certa sfrontatezza del regista campano. Sfrontatezza che col tempo si sarebbe tramutata in spocchia forse, ma non inoltriamoci oltre sul terreno minato dei gusti personali.

Vedendolo oggi sicuramente posso dire che Il Divo non è il film perfetto che mi sembrò allora. Se sono riuscito a notare uno scavalcamento di campo io, che di queste cose non ci capisco un'acca, vuol dire che forse Sorrentino punta più sull'effetto estetico che sulla sostanza.
Inoltre, per quanto il regista voglia indurci a credere sulla sua equidistanza nei confronti della Storia, quel monologo sulla verità è una confessione piuttosto nitida delle sue intenzioni. Anche se a parlare in scena è Andreotti-Servillo, il pensiero che attraversa lo schermo è tutto di Sorrentino, in una sorta di perforazione della quarta parete che forse non serviva.
Ma anche con la puzzetta odiosa che mi è cresciuta in questi dieci anni, io credo che la potenza del Divo sia ancora tutta li.
L'utilizzo della musica, la ricercatezza delle scene, la voglia di raccontare un personaggio grigio attraverso gli schemi del pop, danno al film un tocco personale che ancora sa conquistarmi.
Mi piace questo lavoro e pure tanto. Secondo me è una sorta di spartiacque nell'opera di Sorrentino. Già esteticamente molto impattante, ma ancora non imprigionato dalla voglia di compiacimento che trapela in alcuni lavori successivi.


Insomma, in attesa di vedere Loro per capire quanto lo sguardo politico del regista sia cambiato negli anni, resto convinto che Il Divo possa ancora dire qualcosa.
Andreotti è un politico di quelli a cui è difficile mancare di rispetto anche a tanti anni di distanza dalla sua parabola discendente. Un uomo di potere molto diverso rispetto a quelli attuali. Meno appariscente, diversamente incline alla seduzione dei media.
Sorrentino lo tratta bene, pur sottolineandone le ambiguità e accusandolo senza mezzi termini di collusione con la mafia. Un uomo inquietante, adatto alla sua posizione. Ma, come tutti, tradito.
Val la pena di vederlo Il Divo. Ma vale anche la pena studiarsi bene la figura di Giulio Andreotti e tutta la storia d'Italia di quegli anni.
Una storia oscura, bastarda, piena di tangenti, ladri, crimini, stragi e assassini politici. Noi siamo figli e nipoti di quell'epoca.
E siamo peggiorati.

Commenti

  1. Ancora il mio film di Sorrentino preferito, quello in cui si vede tutta la sua passione per il cinema di Scorsese. Per il resto nulla da aggiungere, post bellissimo. Cheers!

    RispondiElimina

Posta un commento