CDC#44- I veri mostri- Un Lupo Mannaro Americano A Londra
Ok, ve lo dico: io odio i lupi mannari.
Cioè, non nel senso delle bestie in quanto tali (sai mai di farne
incazzare uno), ma quanto come figure letterarie ormai abusate e
private della loro potenza.
Lo capsico anche io che le atmosfere
gotiche e la fotografia impressionista al giorno d'oggi probabilmente
non funzionerebbero più. Ormai abbiamo tutti un'età, anche i più
giovani.
Comprendo quindi la necessità di
questi esseri, al pari dei vampiri loro colleghi, di mutare con il
passar del tempo. Ma da qui a svuotarli completamente, trasformandoli
in cuccioloni innamorati dell'ansimante Kirsten Stewart, secondo me
ce ne passa.
Pare che ormai ogni mostro debba avere
per forza un lato buono. Dracula diventa un cazzo di super eroe,
l'uomo lupo si trasforma in un avatar digitale con le fattezze del
povero Benicio e il mostro di Frankenstein si fa crescere una I
davanti al nome. Ma così non funziona belli miei. I mostri sono
interessanti perché sfuggono alla logica umana del bel tenebroso.
Lo dice la parola stessa: i mostri sono
mostri, perdio.
Ne sanno qualcosa David Kessler e Jack
Goodman, aggrediti da un licantropo (ma lupo mannaro è più
corretto, mi segnalano i cagacazzi della rete) in una tristissima
notte inglese, dopo essere stati cacciati dalla ridente taverna
dell'Agnello Macellato.
E se Jack diventa un succulento pasto
per il nostro lupetto, a David tocca sorte ben pegguiore:
sopravvivere con il sangue infetto nelle vene.
Insomma, 'ste storie con le zanne si
possono raccontare in molte maniere (Piero De Fazio ne ha trovata una
interessante, fiondatevi a leggerla) compresa quella di buttarla sul
ridere. Ma non in vacca, attenzione.
Perché John Landis non è l'ultimo dei
c.. e imbastisce la sua storia infarcendola di umorismo grottesco, ma
non dimenticandosi ne dell'orrore, ne del dramma (quello vero, non il
solito piagnisteo di cuoricini).
Prima di vedere il lupo ce ne passa di
tempo e questa è una scelta oculata. Landis ha bisogno di costrtuire
attorno ai suoi personaggi una certa struttura. Ci fa vivere la
convalescenza di David mischiando continuamente sogno e realtà,
confondendoci e sballottandoci, alternandola con pause di riflessione
sulla stranezza degli eventi occorsi ai due amici e momenti comici
piazzati giù a tradimento.
L'orrore sta sullo sfondo, dentro un
piano onirico che il regista sfrutta pienamente per costruire la
nuova identità del protagonista. Gli incubi si fanno via via più
orrendi, i non-morti portano i loro omaggi e tutto assume un sapore
vagamente distrubante.
Poi si può anche dire che alcune
dinamiche della storia siano trattate in maniera frettolosa e che
qualche dubbio su come certe situazioni appiano forzate può anche
venire. Ma oh, dura un'ora e mezza non è che può starci tutto
dentro una lunghezza simile.
Che poi volendo certe accelerazioni
potrebbero anche stare li per essere lette in modo alternativo a ciò
che passa sullo schermo, ci sta tutto. Ma non voglio sempre essere io
quello che fa la punta.
Piuttosto, parliamo un po' di come
questo film si presenta a livello estetico. Ma proprio poco perché
siamo ai limiti della perfezione.
E' chiaro, la scena della
trasformazione di David si mangia TUTTO il cinema mannaro del
passato, del presente e del futuro. Durano una vita queste sequenze
ed è giusto così. Raramente si può empatizzare in maniera tanto
diretta con un uomo che sta perdendo il controllo.
David non diventa un supereroe peloso,
dopo un passaggio voluto e indolore dal suo stato Kent al suo stato
Super. No, David soffre come un cane (ha-ha), urla dal dolore che il
suo corpo gli provoca, è terrorizzato da ciò che gli accade. A
quasi quarant'anni di distanza, questa è secondo me ancora la
trasformazione in lupo più sconvolgente della storia del cinema. Con
degli effetti speciali inquietanti che terrorizzano lo spettatore
(che tra l'altro dopo dieci minuti sarà piegato dalle risate, ma la
genialità è anche questa).
Che poi, tra un trauma e una risata, il
punto centrale della pellicola è che il lupo mannaro qui è
veramente un mostro. In questo senso farci seguire la storia da una
prospettiva molto vicina a quella del protagonista aiuta molto a
percepire l'orrido della sua situazione.
Gli unici momenti del film nei quali
non siamo assieme al nostro sono quelli nei quali lui è trasformato.
Certo, abile mossa per non dover mettere troppo in vista un mostro
che, per quanto ben fatto, una dose di artificiosità inevitabilmente
l'ha.
Ma soprattutto accade perché quando
c'è lupo, David semplicemente non c'è più. Dei momenti in cui la
belva impazza per le vie di Londra il ragazzo non ricorda nulla. E
verso il finale la bestialità della sua condizione si dimostra in
tutta la sua crudezza.
Non sarà l'amore a restituire al
protagonista la propria identità e nemmeno gli sfiati vocali di
un'attrice che non sa recitare.
Landis sa farci ridere, ma sa anche che
il Lupo Mannaro è un mostro e come tale si comporta. Perché si può
modernizzare la figura finchè si vuole, magari portandola lontano
dalle brughiere per farla scorrazzare nel centro di una grande
metropoli. Ma come dice la parola stessa: i mostri sono mostri,
perdio.
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