CDC #45- Sidney e la calata delle Barbare- Quinto Potere
Chi frequenta la rete sa che esistono
storie di tutti i tipi. Leggende con basi più o meno reali che
ciclicamente rispuntano fuori. Panzane per lo più, va detto, messe
su per creare inquietudine nelle giovani menti disposte a farsi
intortare con l'inverosimile.
Eppure, nel mucchio dei racconti
fasulli, delle volte capita di incontrare una storia vera. E, alle
volte, questa storia pare inseguirci, rispuntare quando meno ce lo si
aspetta. Insomma dà l'idea di volerci dire qualcosa. Proprio a noi.
Ho scoperto solo dopo alcuni giorni di
aver visto Quinto Potere proprio il 15 di Luglio. Una data come tante
per i più, ed è normale visto che non sono poi molti a conoscere
la raggelante vicenda di Christine Chubbuck
Digitando il nome su un motore di
ricerca certamente troverete i dettagli della storia. Qui mi limiterò
a dire che Christine di mestiere faceva l'anchor woman di un
telegiornale per una TV di Sarasota, USA e che non era per nulla
d'accordo con la tendenza spettacolizzante che la sua emittente stava
adottando per trattare le notizie.
Devastata da una vita che con lei si è
comportata piuttosto crudelmente e probabilmente vittima di una
depressione sempre più oscura, la donna decise di togliersi la vita
in diretta TV sparandosi in testa durante la trasmissione, inserendo
il suo gesto come fosse una normale notizia del TG.
Ciò avvenne il 15 Luglio del 1974.
Fin qui tutto bene (insomma), ma cosa
ci azzecca Quinto Potere con tutto questo?
Beh, pare che Sidney Lumet si sia
ispirato proprio alla vicenda di Christine per creare il suo film e
osservando le dinamiche della trama la cosa sembra evidente.
La storia è quella di Howard Beal,
conduttore di telegiornale provato dalla scomparsa della moglie e in
deciso calo negli indici d'ascolto. Quando costui, una volta saputo
del prossimo licenziamento, annuncia l'intenzione di suicidarsi in
diretta nazionale, la redazione vorrebbe levargli la conduzione e
aiutare il vecchio amico a riprendersi.
Ma la compagnia UBS è appena stata
acquisita e una nuova generazione di impavidi decide di sfruttare il
crollo dell'uomo per rimpolpare i propri ascolti. Nasce la figura
dell'”incazzato nero che tutte queste cose non le tollera più”
e, attorno a lui, un concetto rivoluzionario di trattare le notizie
in TV.
Chiaro, l'intenzione di Lumet era
quella di costruire un film esagerato e grottesco sul mondo del
piccolo schermo, come certifica la battutina finale della voce fuori
campo. Ma quello che all'epoca risuonava come un avviso sui pericoli
della televisione, oggi, specialmente vedendo certi programmi del
pomeriggio, trova riscontri inquietanti.
E' questo che rende Quinto Potere un
capolavoro (purtroppo vien da dire). La sua capacità di osservare
una direzione e capire dove saremmo andati a parare.
Non aspettatevi grandi trovate
estetiche qui. Lumet gira con parsimonia, tentando di rimanere il più
quadrato possibile e svuotando le immagini dalla colonna sonora. Il
regista decide di lasciar parlare la sceneggiatura, pur con il
rischio di diventare didascalico in qualche momento. Come in certi
sermoni del nostro protagonista pazzo o in certi dialoghi tra il
saggio Max Schumacher e la giovane e spietata Diana Christensen, ad
esempio.
Ma pur spiegando fin troppo, la
pellicola non perde nemmeno un pezzo della sua potenza. Perché
Network (titolo originale) va a toccare il nervo scoperto della
televisione e del pubblico che la segue assiduamente.
L'idea che tutti noi tendiamo a fidarci
di quello che ci viene detto attraverso uno schermo, come se chi ce
lo dice fosse più autorevole solo per il fatto di parlare da dietro
il vetro, è attuale più che mai.
Il fatto che oggi certe verità
inappuntabili ci arrivino da un social network a sfondo blu piuttosto
che dall' LCD del salotto cambia poco. E' solo l'evoluzione della
specie.
Nel 1976 Lumet stava già li a
spiegarci come la realtà fornita dalle telecamere venisse piegata,
sfruttata e plasmata per diventare quella che il pubblico voleva
sentire. Mentre, dietro le quinte, chi la gestiva faceva i propri
conti con gli indici d'ascolto.
E' probabile che la povera Christine
tutto questo lo intuisse già. La sua mente esausta deve aver
immaginato la schiera di Barbare mentre si impossessavano degli studi
televisivi trasformando in maniera irrecuperabile il mondo
dell'informazione, eccitando la morbosità della cittadinanza
annoiata e rimpinguando le casse delle emittenti con nuvole di
sponsor.
Un passo dopo l'altro le telecamere
hanno materializzato il terrore della giovane, solleticando e
ingigantendo le paure dell'uomo medio, dimenticandosi del ruolo
educativo che per tanti anni hanno avuto nel rendere i popoli meno
ignoranti e più aperti a un mondo che, prima dell'avvento
dell'elettrodomestico schermato, nemmeno sapevano esistesse.
Si Chrstine, avevi ragione da vendere,
ormai l'ho capito anche io. Solo, vista la mia raggiunta
consapevolezza, mi faresti una cortesia a lasciarmi in pace. Grazie.
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