#FL4: Ode a Mass Effect

Spesso ho ricordato alla mia manciata di lettori il mio status di videogiocatore forgiato nell'antichità. Ma è anche giusto dire che non lo sono sempre, attraversando io lunghe fasi durante le quali non mi passa nemmeno per la testa di giocare, senza sentire la mancanza di un joypad o di qualsiasi altro ammenicolo utile allo scopo.
Un robusto chi se ne frega qua ci starebbe benissimo, immagino. Ma abbiate pazienza, con calma arrivo al concetto.
Solitamente, quando uno di questi periodi di stanca giunge alla conclusione, mi afferra una voglietta di fantascienza che non saprei spiegare. Quello speciale gusto della messa in scena che solo i videogiochi possono vantare, fatta di viaggi spaziali, strani strumenti da utilizzare e gusto per l'avventura (che nella vita reale mi guardo bene dall'avere); insomma ci siamo capiti.
Anni fa mi capitò di provare questo desiderio in maniera impellente. Conoscevo un solo titolo in grado di farmi passare la scimmia: un'avventura a tema spaziale carica di umorismo e investigazione; un'opera monumentale, capace di sfiorare la definizione di capolavoro; un gioco talmente devastato dai bug da non avermi concesso uno scontro decente con il boss finale; un prodotto uscito anzitempo sugli scaffali a causa della crisi che polverizzò la software house che lo creò. Insomma, volevo rigiocare Anachronox.
Una volta infilato il DVD e aver atteso l'installazione, però, mi sono accorto che, con i nuovi sistemi operativi, i fastidiosi problemi del passato si sono trasformati in un infestazione di insetti senza via di scampo. Tra patch, passeggiate del personaggio fuori dalla mappa, e inseguimenti in cui il mio obbiettivo scompariva letteralmente dalla circolazione senza lasciarmi speranze di proseguire nel gioco, ho tentato in ogni modo di rendere fruttuosa la mia avventura. Ma nulla, non ce n'era. Anachronox non funzionava più.
Per cui ho rimesso il disco nella custodia e, amareggiato ma non sorpreso, ho abbandonato il progetto.

Eppure quell'acquolina mi stuzzicava ancora. Ma come potevo placare il mio appetito? A quell'epoca vivevo al buio per quanto riguardava le ultime uscite del mercato e mi sono dovuto arrabattare non poco tra i meandri della rete. Volevo un gioco che potesse regalarmi sensazioni simili a quelle provate con Anachronox e non sapevo dove sbattere la testa. La mia ricerca durò parecchi giorni. Non roba da starci sveglio la notte, ma se rende le cose più romantiche potete anche immaginarmi piegato sulla tastiera con il viso illuminato dallo schermo e gli occhi arrossati e sconfortati a causa degli scarsi esiti del mio girovagare.
Alla fine, comunque ce la feci e incappai in un prodotto che pareva fare al caso mio. EA e Bioware stavano per uscire con Mass Effect 2, un gioco che, a leggere i lanci pubblicitari, metteva sul piatto fantascienza, avventura e una narrazione complessa.
Purtroppo, però, quel 2 in fondo al titolo mi scoraggiava. Non me la sentivo di affrontare i costi di un prodotto al lancio per un gioco che riprendeva una storia già iniziata. Senza considerare che non mi sentivo affatto sicuro riguardo alle possibilità tecnologiche del mio PC, per nulla abituato a supportare quell'abbondanza di poligoni. Stavo abbandonando la suggestione.
Poi mi ritrovai a bighellonare presso il mio edicolante di fiducia, preso da altre cose e con la tristezza nel cuore. Notai una confezione che pareva farmi l'occhiolino (si, questa è un filo estrema, ma perdonate la licenza) e mi avvicinai. La estrassi dal suo espoitore e la mia bocca si spalancò disegnando una o di dimensioni notevoli. Stavo tenendo in mano una copia di Mass Effect 1, venduta a un prezzo ridicolmente basso e lo facevo nel posto dove da almeno venti anni non compivo un'operazione simile.
Questo evento voleva dire due cose: intanto che non era cambiato poi molto dai tempi del C64; e poi che il destino aveva evidentemente scelto me per proteggere la galassia dall'invasione dei razziatori.

La mia avventura nel mondo di Mass Effect è qualcosa che difficilmente riuscirò a farvi comprendere. Certe emozioni vanno vissute in prima persona e sono perfettamente consapevole che non siano poi molti quelli capaci di credere alla possibilità insita in un videogioco di farle provare. E pensare che nessuno dei tre capitoli, preso singolarmente, mi parve mostrare le stigmate per primeggiare su qualsiasi altro lavoro contemporaneo.
Il primo ME, per esempio, si caratterizzava per le forti componenti ruolistiche ed esplorative. Bisognava prendersi cura dei personaggi che componevano la squadra, facendo attenzione a donare loro i giusti progressi senza penalizzare il protagonista. In più ogni arma disponeva di potenziamenti da collegare alla stessa, in una serie di operazioni destinata a diventare ripetitiva e meccanica col tempo. Il tutto veniva ulteriormente appesantito dalle scorrazzate sui pianeti a bordo del Mako, spesso utili solo a sconfiggere qualche Geth desideroso di tenderci una trappola, o ad abbattere un divoratore, vermone simile a quelli di Tremors e Dune. Con la noia destinata a diventare il nostro peggior nemico dopo la terza scorribanda nelle lande desolate in qualche sasso sparso per la Via Lattea.
Ma tutti questi fastidi (uniti a un puntamento dell'arma un filino bizzarro, diciamo così) non mi hanno fermato nemmeno per un istante.
Giocare al secondo capitolo diventò un obbligo. L'immensa enciclopedia contenuta nel codex, la possibilità di spingere la trama a nostro piacimento e l'interattività generale dell'universo di ME rappresentavano un pregio più che sufficiente a dimenticare tutti i difetti del gioco. In più veniva offerta la possibilità di importare il nostro personaggio (se non altro dal punto di vista caratteriale) direttamente all'interno del seguito, in una operazione che ingigantiva a dismisura la sensazione di esserci davvero dentro a quell'universo. E Bioware riuscì a costruire un'esperienza ancora più bella.
I miglioramenti messi in campo dai canadesi si potevano respirare fin da subito: sezione di crescita del personaggio più leggera, azione più movimentata (anche se comunque legata all'alternanza di corridoio e arena che toglieva ogni sorpresa agli eventi di combattimento), e una fase esplorativa dell'universo decisamente più snella. Via il Mako, scendere su un pianeta voleva dire affrontare subito uno scontro, lasciando la noia a marcire altrove.
Un equilibrio tra le fasi GDR e quelle TPS che prometteva faville per l'ultimo capitolo della trilogia, che iniziai ad aspettare quasi con ansia.
Fu un mezzo passo falso, purtroppo. Il gioco puntò troppe carte sull'azione pura, dimenticando quell'aspetto GDR che ne era l'anima e che qui veniva soffocato da una grafica stupefacente, da sparatorie in copertura e da sequenze di quick time eventi bellissime ma poco attinenti col resto. Poi c'è anche il discorso sui finali, ma ci torneremo.
Insomma Mass Effect 3 non fu proprio una delusione, ma ci arrivò davvero vicino.

Eppure, ripensandoci ancora oggi, la saga di Mass Effect la porto nel cuore come una delle più belle esperienze videoludiche che abbia mai vissuto. Perché in questo caso non è la validità dei giochi in se ad essere speciale, ma il complesso mondo nel quale il nostro personaggio viene fatto muovere e tutto ciò che la complessa struttura narrativa riesce a regalare.
Utilizzando il nostro personalissimo Shepard (selezionabile praticamente da zero, sia dal punto di vista somatico che caratteriale) e modificando attraverso le nostre scelte il modo in cui viene percepito dai PNG, si ha l'impressione di orientare la trama del gioco verso direzioni che, altrimenti, non sarebbero state disponibili.
La forza impattante di questa operazione ( che è un'illusione, ma riuscita benissimo) è la componente trainante del progetto Mass Effect e riesce, insieme a un'interazione davvero complessa con gli altri personaggi del gioco, a farci sentire parte di una storia che senza di noi non esisterebbe nemmeno.
In questo senso anche io sono rimasto basito dai finali originali. Trovarsi con uno Shepard talmente sbilanciato da impedire l'accesso a uno di questi mi sembra un'impresa impossibile (se si vuol godere a pieno delle possibilità offerte dal gioco) e quindi anche i finali multipli perdono di senso.
Poter chiudere l'avventura nel modo che si vuole, financo sconfessando le scelte morali prese in precedenza, ha svilito un po' il potere magnetico di questa narrazione.
Inoltre nella prima versione del gioco non è che fossero nemmeno troppo comprensibili questi finali, con pochi flash che lasciavano al giocatore un po' troppa libertà interpretativa.
I Bioware rimediarono poi con le versioni estese, spiegando inequivocabilmente le conseguenze delle scelte di Shepard. Li ho visti su Youtube quei filmati. E mi sono commosso.
Non tanto per le storie in se, quanto per la consapevolezza che stavo salutando forse per sempre un universo che ho amato. Difficilmente, infatti, riprenderò i comandi della Normandy insieme a Shepard per visitare la galassia, così come non credo affronterò mai Andromeda (e non certo per i personaggi diversi o per i problemi tecnici che ne hanno condizionato il lancio).
La realtà è che i tempi sono cambiati e io mi accontento giocare un'oretta quando mi capita. Un'opera come Mass Effect richiede di più al giocatore. Vuole immedesimazione e coinvolgimento. Ha bisogno di tutta la passione di cui lo Shepard di turno è capace per funzionare.
Perché, al di la della rigidità delle ambientazioni e dei movimenti a tunnel, bisogna vivere nella Cittadella per capirne il fascino.
Quell'universo esiste cari miei, che ci crediate o no. Vive parallelamente al nostro solo quando il gioco è installato sull'hard disk. Ma quando vi ci tuffate, fidatevi, ci credete.

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