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Visualizzazione dei post da febbraio, 2025

Lo spettatore #242- Crescere insieme: Boyhood (2014)

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Conta il come e non il cosa, io lo ripeto sempre. Puoi avere per le mani qualsiasi tipo di soggetto, ma se non riesci a svilupparlo in modo intrigante, rischi di proporre sempre la stessa menata. Di film su infanzie difficili e di romanzi di formazione ne abbiamo gli scaffali pieni, eppure basta un’idea per rendere singolare una trama che non lo è. Del resto ai tempi si parlò molto dello stratagemma utilizzato da Richard Linklater per mettere insieme il suo lavoro, ovvero quello di girare il film nell’arco di dodici anni, con gli stessi attori che nel tempo sarebbero cresciuti e invecchiati. Lo definirei un esperimento pieno di rischi (nella vita non sai mai cosa può succedere in un periodo così lungo) e coraggioso, che ha portato a casa buoni frutti. Immagino che l’idea sia costata al regista più di un mal di testa, vista e considerata la difficoltà che credo abbia affrontato nel trovare l’armonia tecnica per il prodotto. Ma è comunque una mossa vincente, perché di film con i bambini ...

L'apocalisse è un gioco al quale non si può giocare: Fallout (2024)

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Prima di approcciarmi alla serie televisiva il mio rapporto con il marchio Fallout rientrava nella sfera del conflittuale. Una sola volta avevo affrontato un gioco della saga, dedicandogli oltre sessanta ore della mia esistenza, tentando a tutti i costi di accendere quella scintilla che sentivo pronta dentro di me, ma dovendo alla fine rinunciare, sconfitto da una legnosità difficile da digerire e da un allevamento di bug che nemmeno il miglior disinfestatore in circolazione poteva estirpare. Dover ripetere gli stessi percorsi decine di volte per aggirare salvataggi compromessi e missioni che perdevano pezzi era troppo anche per uno paziente. Figurarsi per me. Ecco, con queste premesse io l'universo di Fallout dovrei odiarlo, invece fin dai primi passi sul deserto del Mojave le suggestioni della zona contaminata mi si sono attaccate addosso come radiazioni senza effetti nocivi (credo). Appena la serie mostra le prime immagini, sembra subito di incontrare qualcosa di conosciuto, co...

Vi racconto una storia: Nostalgia

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  Quando non saremo vicini ti basterà pensarmi forte per avermi con te, mi disse una volta. Come se questo espediente potesse farmi passare la nostalgia. Per capire quanto avesse ragione dovetti aspettare di andare in quell'assurdo centro commerciale che si sforzava di luccicare dello scintillio dei giorni migliori, senza però riuscire a nascondere le ferite evidenti. È stata la bomba, ti dicevano i giovani che si trovavano a gruppetti, affollando terrazze e soppalchi come se tutto fosse a posto. Quale bomba? Quando? Chiedevo io. Ieri, una settimana fa, un mese, rispondevano loro. Io non ne sapevo nulla, così come non sapevo cosa stavo facendo lì, in un posto senza niente da comprare, solo nella moltitudine. Fu in quel momento che capii quanto mi mancava e che iniziai a pensare a lei e a quanto la volessi lì. Ci fu una strana vibrazione, ma non una di quelle che capitavano di continuo dentro quel posto macilento. Questa proveniva da me, dalle viscere, come una scossa. E lei compar...

Lo spettatore #241- Muri di gomma: I vivi e i morti (House of Usher, 1960)

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Ci vuole una certa arte per far sembrare splendente qualcosa che è costruito con materiali di recupero. Un’arte che ha permesso a Roger Corman di costruire una carriera e lanciarne chissà quante. Un’arte complessa da apprendere e che non sempre produce buoni risultati, perché a volte manca troppo materiale per poter edificare qualcosa.   Qui l’idea è che manchi proprio la carne da addentare, nonostante la presenza di nomi pesanti sulla scrivania degli sceneggiatori. Parliamo di Richard Matheson, tanto per capirci, qui alle prese con la classica casa Usher di Poe, non robetta da poco. Eppure la magia non riesce principalmente per demerito della scrittura, in una storia che si arrotola su sé stessa faticando tremendamente a scortare lo spettatore verso il finale, in un film da settanta minuti che pare durare il doppio. Ovvio, è un horror a tinte gotiche uscito nel 1960, quindi il ritmo non è esattamente una prerogativa. Tuttavia la sensazione è che la parte centrale ripeta troppo spe...

Lo spettatore #240- Una maledetta moto parlante: I predatori dell'anno Omega (1984)

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Ai tempi bizzarri nei quali ci è dato frequentare questo pianeta capita di trovare in giro per la rete degli autentici fans del prodotto di cui trattiamo oggi, e non parlo di strani elementi che amano torturarsi nella vana speranza di una risata in mezzo a tanto dolore. Ora, io capisco che i gusti sono questioni personali insindacabili e che bisogna imparare a estrarre il bello dagli angoli più oscuri. A me però pare che in certi casi si voglia fare gli alternativi per forza. I Predatori Dell’Anno Omega non è un film sciatto. David Worth ci mette una certa cura nel girare e anche se è vero che quando azzecca una ripresa tende a ripeterla infinite volte svuotando il guizzo tecnico della sua unicità, va detto che il problema qui non è dietro la macchina. Piuttosto tutto ciò che di buono può creare l’abilità del regista viene devastato da un montaggio che non sembra avere il senso del tempo. Si parte con una pazza corsa a bordo di una fastidiosa moto parlante da parte dell’eroe della vice...