Lo spettatore #213- Un grande disastro?: Dune (1984)

Era da un po' di tempo che mi ronzava in testa l'idea di riprendere mano Dune. Ma non l'ultimo uscito di cui già trattai a suo tempo e che, come sanno i detrattori, non mi convinse. Io intendo quel disastro in galleria partorito da David Lynch su licenza De Laurentis, figlio impuro del progetto mastodontico di Jodorwsky e spernaccchiato talmente forte da trasformarsi nel simbolo stesso del collasso che coinvolse la gloriosa casa di produzione italiana.
Ma il tempo è passato e, anche alla luce dell'ultima interazione, viene spontaneo chiedersi se tutta la ferocia piovuta addosso all'opera fosse giustificata.
Parliamone allora, anche se sono convinto che tutti conoscano la risposta a tale quesito.

Non ho (ancora) mai letto il romanzo di Frank Herbert, ma, ad ascoltare chi lo ha fatto, si direbnbe un'opera monumentale, spessa come la Bibbia e piena zeppa di intrecci. Un racconto difficile da portare al cinema, a ben vedere, anche se molte delle suggestioni che trovano casa tra le sue pagine sono comunque giunte sul grande schermo per vie traverse. Lo stesso Jodorowsky, che per primo si mise in testa l'idea di produrre una riduzione cinematografica dal tomo di Herbert, disse che per darle giustizia aveva pensato a un lungometraggio di sette ore, trovando, inspiegabilmente, l'ostilità delle case produttrici.
Oggi, ovviamente, il problema non si porrebbe. Partirebbero una saga cinematografica di venticinque film, una serie TV di raccordo, qualche progetto web, una trentina di fumetti e una manciata di videogiochi. Ma nel 1984 il concetto di universo espanso era ancora intrappolato nel cervello dei nerd e a David Lynch furono concesse due ore e un solo imperativo: asciugare.

Anche senza essere passati dal libro, infatti, è semplice accorgersi che nella storia messa in piedi dagli sceneggiatori mancano alcuni passaggi, ma soprattutto appare evidente come non ci sia stata una giusta distribuzione degli eventi. Per un tempo interminabile siamo costretti ad assistere alla preparazione dell'avventura, con gli Atreides che ci mettono una vita prima di partire per Arrakis mentre l'impero complotta per tendere loro la trappola.
Poi, quando Paul vaga con mamma nel mezzo del deserto di Dune, la sua trasformazione in messia è talmente rapida da lasciare che alcuni momenti determinanti della storia diventino lampi di montaggio, con buona pace di tutto il senso che questo racconto dovrebbe portare in superficie.
Se a questo aggiungiamo la sciagurata idea di esplicitare i pensieri utilizzata per rendere comprensibile una vicenda che forse si stava sfilacciando (trovata capace di rendere totalmente inutile la presenza degli attori), abbiamo fatto trentuno.

Preso oggi, poi, Dune si rivela un prodotto invecchiato maluccio, se non in toto, quantomeno in alcuni particolari. Vero, nel 1984 un film zeppo di effetti speciali come questo si esponeva inevitabilmente agli elementi. Tuttavia il suo rivale più significativo (e che in fin dei conti ha portato alla nascita di quest'opera) pur essendo più vecchio è uscito molto meglio dai decenni. Meglio addirittura di se stesso dopo essere stato rimaneggiato dalle ditina unte di George Lucas.
Certo, anche il bisonte lynchano ha alcune frecce al proprio arco, come lo stile delle creature, l'aspetto fetido degli Harkonnen e i vermoni, che al di là di tutto funzionano abbastanza. E se Sting col costumino non si può proprio guardare, va anche detto che si trattava di scelte estetiche che delineavano i personaggi in mancanza di un minutaggio sufficiente a esprimerne il carattere (ed eravamo pur sempre negli anni ottanta, il decennio in cui la moda è morta).
Tutto ciò conferma che, a distanza di quarant'anni, resta ben poco da salvare in quello che all'epoca fu uno dei più grandi disastri collinari. Ovviamente conta come la scelta di un regista intimo come Lynch non potesse essere quella giusta per mettere in scena un'opera spaziale dal respiro così ampio, ma anche che il progetto di ridurre Dune a un lungometraggio di due ore fosse fallace fin dal principio.
Ciò che però non si considera è l'effetto collaterale che una trama così confusa e delle scelte così bizzarre hanno prodotto come risultato finale. Dune non è quello che sarebbe dovuto essere, ma complice il poco tempo a disposizione e la necessità di doverci mettere dentro così tanto materiale, si rivela a una pellicola tutto sommato divertente.
Un simpatico pasticcio che se fosse stato girato con due soldi e avesse portato un altro nome oggi sarebbe ricordato con affetto dagli amanti dei B-Movie di fantascienza.
Invece è stato artefice di un collasso fragoroso e tutti gli voltiamo ancora le spalle.
Giustamente direi.



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