Lo spettatore #264- La storia dell'orso: Annientamento (Annihlation, 2018)
Ricordo che ai suoi tempi
Annientamento godette di una critica piuttosto favorevole: il film di
Alex Garland parve piacere proprio a tutti, Natalie Portman si portò
a casa la solita sporta di elogi e tutti sostenevano quanto l'opera
fosse intrigante e innovativa.
Come spesso succede quando un prodotto ottiene un così grande riscontro tendo a ignorarlo, non perché mi senta particolarmente snob, quanto piuttosto per il serio rischio di rovinarmelo a causa delle aspettative.
Il romanzo no però, quello ho voluto leggerlo, mannaggia a me.
Come spesso succede quando un prodotto ottiene un così grande riscontro tendo a ignorarlo, non perché mi senta particolarmente snob, quanto piuttosto per il serio rischio di rovinarmelo a causa delle aspettative.
Il romanzo no però, quello ho voluto leggerlo, mannaggia a me.
Il libro (o meglio, la
trilogia dell'Area X) in realtà, non l'ho trovato un brutto
intrattenimento, tuttavia se mi doveste chiedere oggi di cosa parla
andando oltre una semplice descrizione per sommi capi, beh, non
saprei come rispondervi.
Jeff VanderMeer costruiva un racconto alla Lost (tanto per fare l'esempio più conosciuto del filone) giocando tutte le sue carte sul mistero di una situazione inspiegabile, sul tentativo della scienza di far luce e sul muro di stranezze che avvenivano all'interno della famosa Area. L'autore beneficiava di un'immaginazione solida, che gli concedeva di inventarsi un sacco di perturbazioni dell'ordinario e di attrarre con questo sistema il lettore. Ma il fatto che io non riesca a ricordare dove questo trittico di romanzi andasse a parare credo offra buoni spunti di conversazione sull'effettivo valore di un'opera che funzionava fin quando poteva far leva sul mistero e che forse scricchiolava quando invece doveva puntare sulla trama in quanto tale.
Di buono c'è che Garland non è interessato a portare sullo schermo la trilogia per ciò che è, quanto il romanzo di apertura debitamente modificato per potersi chiudere nello spazio della pellicola.
Jeff VanderMeer costruiva un racconto alla Lost (tanto per fare l'esempio più conosciuto del filone) giocando tutte le sue carte sul mistero di una situazione inspiegabile, sul tentativo della scienza di far luce e sul muro di stranezze che avvenivano all'interno della famosa Area. L'autore beneficiava di un'immaginazione solida, che gli concedeva di inventarsi un sacco di perturbazioni dell'ordinario e di attrarre con questo sistema il lettore. Ma il fatto che io non riesca a ricordare dove questo trittico di romanzi andasse a parare credo offra buoni spunti di conversazione sull'effettivo valore di un'opera che funzionava fin quando poteva far leva sul mistero e che forse scricchiolava quando invece doveva puntare sulla trama in quanto tale.
Di buono c'è che Garland non è interessato a portare sullo schermo la trilogia per ciò che è, quanto il romanzo di apertura debitamente modificato per potersi chiudere nello spazio della pellicola.
La scelta di Garland
produce aspetti positivi e altri negativi. Innanzitutto può
sfruttare una trama solida, abbastanza lineare da essere godibile e
nella quale si capisce sempre quello che sta succedendo. Dall'altro
però rinuncia alle atmosfere sospese che erano il punto di forza del
libro, mettendo come prima scena lo schianto dell'oggetto celeste sul
nostro amato pianeta e specificando fin da subito la natura delle
anomalie che si verificano all'interno dell'Area X.
Se da un lato la vicenda che vede protagonista Lena Double (nemmeno Hideo Kojima è così didascalico quando scrive le storie) è un'avventura tra le bizzarrie aliene che il nostro naufrago produce e quindi mantiene il racconto sempre sul filo dell'horror a tema naturalistico, dall'altro non cattura come il romanzo e questo è un dato di fatto. Pur con tutte le stranezze che l'alieno mette in piedi per studiare il nuovo ambiente, raramente ci si trova sbigottiti (tranne che con l'orso, quella è effettivamente una trovata abbastanza stordente) e questo è un limite.
Se da un lato la vicenda che vede protagonista Lena Double (nemmeno Hideo Kojima è così didascalico quando scrive le storie) è un'avventura tra le bizzarrie aliene che il nostro naufrago produce e quindi mantiene il racconto sempre sul filo dell'horror a tema naturalistico, dall'altro non cattura come il romanzo e questo è un dato di fatto. Pur con tutte le stranezze che l'alieno mette in piedi per studiare il nuovo ambiente, raramente ci si trova sbigottiti (tranne che con l'orso, quella è effettivamente una trovata abbastanza stordente) e questo è un limite.
Di sicuro però ha un'aria
meno furba di quella sfoggiata dalla trilogia dalla quale deriva.
Innanzitutto perché prova a dare una soluzione semplice agli
avvenimenti che racconta, pur lasciandosi aperta la finestrella
interpretativa. Poi perché sceglie un genere e prova ad esplorare la
vicenda attraverso quel filtro, senza provare a cercare suggestioni
esterne a esso. Infine perché cerca di spiegare chiaramente ciò che
vediamo, andando oltre la tentazione di farsi trasportare nel mistero
inspiegabile.
Tuttavia, non farò finta di essere più puro di quello che sono, quest'ultimo è anche un difetto, perché il film lascia dietro di se ancora meno rispetto a una serie di romanzi che, per quanto inafferrabili, riuscivano comunque a trovare la strada per produrre qualche scampolo di disagio.
Tuttavia, non farò finta di essere più puro di quello che sono, quest'ultimo è anche un difetto, perché il film lascia dietro di se ancora meno rispetto a una serie di romanzi che, per quanto inafferrabili, riuscivano comunque a trovare la strada per produrre qualche scampolo di disagio.
Insomma, c'è il serio
rischio che se tra qualche mese mi doveste chiedere di cosa parla
Annientamento di Alex Garland io non sappia rispondervi nemmeno per
sommi capi, cosa che lo renderebbe meno efficace persino di un
romanzo furbo, che però sapeva come raccontare le sue bizzarrie.
Garland lo ha spogliato dell'unico pregio che VanderMeet era riuscito a infilarci, lasciandoci solo una vago accenno ecologista, che secondo me l'autore originale esprimeva in maniera un po' diversa e con altri significati relativi al cambiamento che non ho voglia di esplorare.
Io direi che in entrambi i casi c'è di meglio, ma che se proprio volete trovare qualche soluzione interessante, sarebbe meglio puntare sui libri. Almeno finché ci sarete immersi sapranno incuriosirvi in un modo che il film non fa.
Garland lo ha spogliato dell'unico pregio che VanderMeet era riuscito a infilarci, lasciandoci solo una vago accenno ecologista, che secondo me l'autore originale esprimeva in maniera un po' diversa e con altri significati relativi al cambiamento che non ho voglia di esplorare.
Io direi che in entrambi i casi c'è di meglio, ma che se proprio volete trovare qualche soluzione interessante, sarebbe meglio puntare sui libri. Almeno finché ci sarete immersi sapranno incuriosirvi in un modo che il film non fa.
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