Iuri legge per voi: Holly (2023) di Stephen King

 

Dico la verità: l'incursione nel noir di Stephen King con il progetto Mr. Mercedes non l'ho apprezzata particolarmente. C'erano si l'aspetto investigativo, il mistero da risolvere e la parte scritta in prima persona che provavano a rimestare nel torbido, ma il vizio del Re di costruire sempre una distanza netta tra buoni e cattivi non è molto compatibile con le atmosfere cupe dell'hard boiled.
Va da se che anche lo spn-off The Ousider non sia riuscito a conquistarmi, pur se beneficiario di uno sviluppo intrigante (almeno nella prima parte).
Ecco, King non la vede come me (direi ovviamente), quindi continua a pescare dal vaso di quell'idea per proporre storie che vedono protagonisti i personaggi superstiti. A sto giro tocca a Holly Gibney, ottima come risolutrice nel primo capitolo della saga, ma assai respingente per il resto tempo in cui ha occupato le pagine.
Holly è il tipico personaggio kinghiano che lotta dal lato dei giusti: tanti valori positivi e poche ombre oscure. Anzi, forse addirittura nessuna, perché i suoi lati negativi qui vengono giustificati dalla presenza di una madre opprimente, autrice di una meccanica odiosa che ha impedito alla donna di costruirsi una vita indipendente (almeno fino all'incontro con Bill Hodges ai tempi di Mr. Mercedes). Un personaggio del genere ha poco da raccontare, perché comunque troppo positivo se confrontato agli antagonisti nel libro, per di più aiutato dai soliti giovani Robinson, talmente irreprensibili da ricordare gli omonimi figli di Bill Cosby nella serie TV. Anzi, ancora più fasulli perché non si è letta nemmeno una riga in cinque romanzi che li vedesse alle prese con un briciolo di ribellione giovanile.
Poi, siccome lo zio Steve pare ci tenga a far sapere come la pensa sulle cose, la prima parte del libro è piena di giudizi sui fatti di attualità, magari condivisibili, solo troppo invadenti perché compaiono in sezioni che ne farebbero volentieri a meno. Se proprio proprio, sarebbe stato sufficiente inserire certi discorsi nei in punti strategici, senza montare la panna.
Quindi SK mi è diventato retorico? Lo è sempre stato in un certo senso, anche se qui va oltre il necessario. Poi comunque ci prova. Gli avversari della nostra sono dei discreti pezzi di stronzo, motivati da un sentimento però onesto che, se vogliamo, li vede combattere una battaglia soli contro il mondo. Se solo non avesse voluto esagerare nel dipingerli come orchi, forse, almeno in parte il progetto si sarebbe potuto salvare.
Vero, a livello di ritmi il romanzo si sostiene bene, grazie soprattutto al vecchio trucco dei punti di vista alternati che nel finale riesce a restituire la giusta tensione alla lettura.
Manca ardore ecco. Il desiderio di dire la cosa giusta ottenebra le qualità di un libro che forse non aveva molto da raccontare già di suo, ma che comunque poteva risolversi in un bel giallo con i colpevoli ben in vista da subito.
Io ormai King lo leggo per abitudine, ben consapevole che la parte più calda della sua letteratura l'ha probabilmente esaurita un paio di decenni fa. A volte mi sorprende ancora, ma questa volta no, non ci è riuscito.



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