Lo spettatore #208- Beata gioventù: Nerve (2016)

Ah sti giovinastri sempre pronti a cavalcare l'ultima novità dell'internet solo per avere un poca di fama e qualche denaro da spendere in droche.
Io alla vostra età saltavo i fossi per lungo!

Nerve trova il suo apogeo negli ultimi scampoli di pellicola, quando i registi riescono a valorizzare le loro influenze culturali (omaggiando pellicole come The Warriors o il terzo Mad Max) subito dopo un montaggio alternato musicato dai Jungle che riesce a creare un poca di aspettativa per ciò che andrà in scena di li a poco.
Sequenze sicuramente indovinate, forse un po' troppo addolcite da un epilogo al miele che però può anche starci visto il genere del prodotto, gli interpreti coinvolti e il focus di pubblico su cui si vuole fare presa.
Un finale in crescendo che potrebbe dare valore all'intero progetto. Peccato solo che a quel punto io stessi già dormendo come un bimbo.
Succede di sentirsi vecchi. Ogni giorno ci si alza dal letto con un dolore nuovo con il quale fare i conti e si diventa consapevoli che la boa è ormai a poppa. Oppure, più semplicemente, si cade davanti a un film come Nerve, prodotto tutt'altro che mal voluto dalla critica, che però svela un anima adolescente così forte da seppellire sotto tonnellate di noia insostenibile chiunque abbia già passato (da un pezzo ahimè) i venticinque anni.
Del resto si parla di disagio giovanile all'interno di una società che spinge verso la competizione a tutti i costi, al successo spicciolo dei social, al dover esagerare sempre pur di essere in qualche modo riconosciuti. Tutte cose giustissime, espresse però attraverso una messa in scena che più didascalica e prevedibile non si potrebbe.
Così, almeno per me, Nerve risulta piatto dal minuto uno fin quasi alla fine, perché le dinamiche le conosco e non mi impressiona tutto questo eccesso giovanile buttato sullo schermo.
A questo si aggiunge una messa in scena schizofrenica, che forse vorrebbe omaggiare l'estro di qualche artista inondando lo schermo di colori e angoscia, ma che in realtà si risolve in un'evoluzione di Albakiara, con i suoi messaggi in sovra impressione e le lucine colorate. Certo, dietro le scelte artistiche di Ariel Schulman e Henry Joost si cela la necessità di far capire come il filtro della tecnologia copra la visione della realtà. Ma comunque il risultato non è granché
Poi è ovvio, se si è il bersaglio al quale la pellicola punta, la presenza della figlia di uno dei più grandi attori del pianeta, Emma Roberts (e nipote di quella famosa, va bene) e il Franco di riserva potrebbero anche bastare per emozionarsi, anche se il teppista alla James Dean con la moto e il giubbotto in pelle che conquista la timida protagonista non è certo la trovata più originale degli ultimi anni.
Il meccanismo che tiene in piedi la trama però è farraginoso e poco credibile. Non è che la polizia cali da Marte: se il gioco è già famoso i tutori dell'ordine sanno cosa hanno di fronte. Immaginare che tutto questo passi sotto il naso della città è il solito stratagemma che serve a dar di gomito ai giovanissimi suggerendo che gli adulti siano una manica di beoti presi dalle loro faccende.
Anche qui nulla di nuovo, direi.
Insomma, al di là dei colori sfavillanti e di un finale che suona come un urlo agli spettatori sulla competenza di chi ha messo le mani su questo prodotto, Nerve sostanzialmente è il solito dramma adolescenziale come se ne giravano già negli anni cinquanta. Vuole essere la fotografia su una gnerazione disperata che continua a gridare anche se non c'è nessuno ad ascoltarla. Il fatto però è che non sa essere intenso come i suoi illustri predecessori, dei quali replica la formula ma non la passione.
Ma magari sono solo io che non li capisco più 'sti giovinastri che ascoltano solo bum bum. Sarà mica musica quella?
Ora scusate è tardissimo e devo ancora mettere la dentiera nel bicchiere.




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