CDC #86: Nostalgia in formato magnum- Zoolander 2
La prima e unica volta che
ho visto Zoolander risale al 2001. Il vago ricordo che ne conservo mi
suggerisce di un film totalmente idiota ma che grazie alle assurde
espressioni forzate e alla tenera stupidità dei protagonisti si è
conquistato un piccolo posto tra i cult della cinematografia comica.
La coppia Stller-Wilson
all'epoca frantumava i botteghini e la freschezza dei loro personaggi
provocava a tutti attacchi irrefrenabili di faccette Magnum da
sfoggiare in giro per il globo. Beata gioventù. Dio quanto si era
cretini.
Poi, dopo mezzo trilione
di ere geologiche, Stiller ci rifà e porta a tutti noi il seguito di
una storia che di seguiti non ne sentiva il bisogno.
E io qui a chiedermi se
sono cambiato io o se siano cambiati loro.
Del resto Stller se la
gioca sui concetti di tempo che passa, delle icone che sbiadiscono e
delle novità incomprensibili. C'è pure da capirlo: nel suo periodo
d'oro Ben ci faceva divertire in ogni commedia che giungeva dalla
collina, mentre ora, se si esclude l'onesto Walter Mitty, la sua
presenza si è alquanto rarefatta. Buona scusa per chiedersi che
diamine sia successo.
Andare a ripescare uno dei
suoi cavalli di battaglia per riproporlo in versione aggiornata dal
peso degli anni è, in questo senso, un classico. L'operazione
nostalgia/slash/resistenza che tutti i grossi divi di Hollywood
tentano prima di gettare la spugna.
Quello che esce fuori da
questo parto è, però, qualcosa di strano. Non tanto la classica
rivisitazione in chiave patetica di un passato che non torna più,
quanto lo svogliato tentativo di riportare in vita un personaggio al
quale non crede più nemmeno il suo
ideatore/slash/regista/slash/interprete.
Zoolander 2 è
un'accozzaglia di sequenze buttate li a caso. Per gran parte della
visione non ho mai avuto la chiara percezione della storia che sta
alla base del film. Tutto pare improvvisato al momento e l'amalgama
che si staglia sul complesso è deforme. Pieno di bubboni. Vagamente
mostreggiante.
La quantità industriale
di nomi famosi che popola la pellicola pare presente al solo scopo di
mostrarsi per qualche decimo di secondo. Quasi un messaggio
subliminale che ci informa di quanti amici possa ancora contare Ben
Stiller nel mondo dello showbiz. Qualcosa di molto simile a una
minaccia, pensandoci bene.
Il tutto senza che il film
riesca mai davvero a prendere il volo. Invischiato in gag confuse che
a volte ricalcano senza successo le idee del film originale e altre
provano a mettere a confronto la realtà vissuta vent'anni fa dal
giovane Derek con l'assurdità dei tempi moderni.
Eppure Zoolander 2 riesce
a passare in fretta. Dura poco e sfrutta in maniera ottimale il tempo
a sua disposizione. Non si arriva mai ad annoiarsi per davvero mentre
scorrono le immagini davanti ai nostri basiti occhi.
Stiller si conferma
regista dotato, capace di tenere insieme una sceneggiatura poco
riuscita come questa. Anche se in pochi qui danno l'idea di credere
in ciò che fanno.
Se si esclude Kiefer
Sutherland, a sorpresa l'unico che mi ha strappato sorrisi. No
aspettate, c'è anche l'assurdo incidente della decappottabile, la
scena migliore di tutto questo casino.
Insomma, a differenza del
suo genitore, questo Zoolander 2 non ha le carte in regola per
regalare espressioni Aquavitate sui volti di una nuova generazione di
ebeti in giro per il mondo.
Io sono cambiato, non
posso negarlo. Ma anche loro si sono giocati molto del loro smalto
strada facendo.
Eppure rimango convinto
che Ben Stller, dietro la macchina da presa, il potenziale per
giocarsi un bell'asso lo abbia. Magari abbandonando al suo destino il
modello bello in modo assurdo per dedicarsi a qualcosa di più vicino
a Walter Mitty.
Coraggio Ben. Io credo in
te.
Devono sempre rovinare tutto.
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