CDC #82- Essere o non essere: Atto Di Forza
Ci sono dei ricordi che mi
sfuggono. Momenti nei quali non capisco più se una cosa l'ho fatta
per davvero oppure se è figlia di un sogno disperso nel mio
cervello. Mattine che piombano su di me con la forza della sveglia e
che mi fanno chiedere se sono nel mio letto oppure il vero me
percorre luoghi immaginari. Istanti di vita che mi danno da pensare:
io sono qui? Sono questo?
Inutile che mi guardate
con quelle espressioni disgustate. Succede a tutti, lo so.
Capita anche a Douglas
Quaid, per esempio. Un omone tutto di un pezzo che somiglia
incredibilmente a un Arnold Schwarzenegger del futuro. Lui si ritrova
a sognare sempre di Marte, quasi come un'ossessione sepolta chissà
dove. Al che decide di togliersi lo sfizio e fare un bel viaggio sul
pianeta rosso. Ma siccome è un bracciante e non se lo può
permettere, si fa impiantare dei ricordi fittizi dalla Recall,
azienda specializzata nel modificare le menti. O magari no. Vai a
capire come stanno davvero le cose.
Se qualcuno osa dire anche
solo a bassa voce che Total Recall è invecchiato male si è trovato
un nuovo nemico. Perché di fronte a cotanta bellezza c'è ancora
oggi da cavarsi gli occhi e schiacciarli insieme in un applauso
fragoroso.
Come dite? Fa schifo come
immagine? Beh, guardatevi il mutante Kuato e poi ne riparliamo. Atto
Di Forza è un'orgia di sci-fi organico, zeppo di animatroni, di
mutanti orribili generati dalle radiazioni, di violenza, di crudezza.
E fila via come un treno, con tutte le pause che servono allo
spettatore per riflettere su ciò che sta vedendo e le accelerazioni
imposte da un Michael Ironside in stato di grazia.
Ma poi quella scenografia.
Io amo la messa in scena di questo lavoro. Quel mondo evidentemente
plasticoso, ma anche interattivo, all'interno del quale i personaggi
si muovono credibilmente, toccano le cose, vivono. Sono li.
Potete dirmi quello che
volete. Lo so anche io che con la CGI si possono creare mondi
infiniti in cui i personaggi non devono per forza ripercorre sempre
le stesse strade. Ma, per quanto grandi essi siano, rimangono delle
fotografie attaccate allo sfondo. E spesso si vede.
Che poi, volete mettere
quanti videogiochi la visione di questo film ha ispirato? Pensate a
Anachronox. O a Mass Effect. Per dirne due, ma ce ne sono a miliardi
che sembrano stati modellati sulla scenografia costruita per Total
Recall.
Ovviamente la potenza del
film trova alimento anche nel dubbio principale che aleggia sul
racconto. Come si sa la storia è stata tratta liberamente da un
breve di Philp K Dick, un tizio piuttosto bravo che ha costruito
buona parte della sua fama sul concetto di illusione.
Non ho mai letto il testo
originale, ma sicuramente qui con l'illusione ci si gioca parecchio.
Io non mi voglio sbilanciare troppo sulla natura del viaggio di
Quaid. La sceneggiatura suggerisce che tutto ciò che vediamo su
schermo sia dentro la testa del protagonista. Pensate all'accenno al
cielo blu su Marte, al modo in cui tutti gli elementi sembrino
coincidere ai desideri di Quaid in fase di ordine, all'impressione
generale che la missione si risolva troppo semplicemente esaudendo la
promessa di vincere la sfida e portare a casa la bella.
Eppure la grammatica di
Verhoeven sembra dirci altro. Gli sguardi torvi di alcuni personaggi
prima dell'innesto ad esempio. Il fatto che Schwarzy non sia
all'interno di tutte le inquadrature come la logica della descrizione
di un'illusione vorrebbe. Il discorso perfettamente razionale secondo
cui Sharon Stone preferisce quel figo di Ironside a quello
stoccafisso di Schwarzenegger.
Ricorda un po' il modo di
fare di Dario Argento nei primi gialli della carriera. Ovvero
spingere la sceneggiatura in un verso per distrarre dalla descrizione
onesta che passa attraverso le cineprese.
Un gioco intrigante al
quale ancora oggi mi diverte partecipare.
Nonostante i suoi
trent'anni suonati, Total Recall rimane un film incredibilmente
bello. Certo, con la scusa del dubbio da lasciare in eredità, la
sceneggiatura qualche inciampo se lo concede. Ok, non tutti tutti gli
effetti speciali sono usciti indenni dal trascorrere del tempo.
Magari Arnold non è esattamente quel tipo a cui dareste l'Oscar.
Però la capacità di
dosare i ritmi e la forza di raccontare una storia potenzialmente
così cerebrale senza rinunciare all'intrattenimento sono plus per un
prodotto che oggi verrebbe gestito in maniera molto diversa.
Un film da rivedere ancora
e ancora. Sempre che io l'abbia visto per davvero. Sai mai che me lo
sono sognato.
Ma io la penso come te, e infatti ogni volta che passa in tv (ALMENO una volta l'anno, su Rete 4) me lo sparo. CGI invecchiata benissimissimo (succede raramente, altro esempio Jurassic Park) e una storia mitica. Swartzie perfetto :)
RispondiEliminaMoz-
Ne sono letteralmente innamorato.
EliminaUna delle poche cose di fantascienza che amo.
EliminaMoz-
E' invecchiato bene anche se grida "Anni '90" da ogni fotogramma (e proprio per questo lo adoro), ma una delle cose più interessanti è l'aver portato al cinema il vero senso dell'opera di P.K. Dick, in senso assoluto, perché alla fine non sei sicuro di quale sia la realtà, e questo è stato il fulcro e lo scopo di tutta la produzione letteraria di Dick.
RispondiEliminaCerte scelte stilistiche, soprattutto nei costumi, sono effettivamente figlie della sua epoca. Le spalline di Sharon sembrano le protezioni di una divisa da football americano.
Elimina