Le Ere Dei Videogiochi.
Siamo ormai entrati nel 2017 e il
futuro è pronto a bussare alla nostra porta. Agli amanti dei
videogiochi, a dire la verità, si è già fatto annunciare
presentandosi sotto forma di novità in grado di cambiare le
esperienze sensoriali finora sperimentate.
La realtà virtuale è entrata nelle
case (non molte a dire il vero), finalmente corredata da una
credibilità che nelle sue mille interpretazioni passate non ha mai
avuto. E' quindi giunto il momento di dimenticarsi dei vecchi sistemi
e di vivere i giochi dall'interno. Ma anche no.
Intanto perché costa. Sony ha provato
a farci credere di aver reso popolare questa tecnologia, abbassando
notevolmente i prezzi rispetto alla concorrenza. Eppure raddoppiare
il costo della console di punta porta a una spesa non certo alla
portata di tutti.
Senza considerare che il risultato di
tale esborso rischia di essere quello di vedere il pranzo
spiattellato sul tappeto del salotto. Progressi enormi sono stati
fatti dai primi esperimenti su Oculus Rift, eppure, a detta di chi ha
provato questa nuova meraviglia, il motion sickness rimane un
ostacolo ancora non completamente superato.
Inoltre andrebbe anche presa in
considerazione la praticità della periferica. Dopo una mezz'ora
passata a indossare questa sorta di esoscheletro in miniatura, la
possibilità di restare accidentalmente strangolati dalla cavetteria
è marcata. Ora, c'è a chi il bondage estremo piace e che,
dopotutto, potrebbe annoverare questa caratteristica tra i pro della
periferica. Rimane comunque un'opinione soggettiva non facilmente
condivisibile.
Che poi, diciamoci la verità fino in
fondo, avete mai visto qualcuno giocare interfacciandosi con questo
caschetto? Ecco, la parola dignità non ha molto a che vedere con
tale spettacolo.
C'è un altro freno, più
significativo, che rischia di tenere lontani questi nuovi balocchi da
una diffusione massiva. Finora, assieme alle varie periferiche, sono
usciti programmi dimostrativi, spesso nemmeno totalmente giocabili.
Dalla durata di una manciata di minuti, questi lavoretti sono stati
realizzati per provocare meraviglia negli utenti. Ci riescono anche,
ma lo stupore presto si smorza e, stando così le cose, tutta
l'apparecchiatura rischia di finire in un cassetto per essere
dimenticata. Almeno finché non serviranno 400 euro per un'emergenza.
Allora il VR verrà inserito in una nuova generazione di bestemmie
trovando, suo malgrado, un suo scopo.
Insomma, se qualche sviluppatore non
pubblicherà un titolo in grado di fungere da killer application, i
bei caschetti termineranno la loro esistenza nel bidone della
plastica (ma voi non buttateli li, che ci sono le schede elettroniche
dentro. Rispettiamo l'ambiente).
La storia insegna che sono i giochi a
spingere l'evoluzione hardware e mai viceversa. E siccome questa è
una gran teoria che ho elaborato tutto da solo, per rafforzarla porto
alla vostra attenzione alcuni esempi.
Vediamo la prima slide (cit..):
Non si può far altro che partire quasi
dall'inizio: Pong non è stato il primo videogioco della storia e,
nella sua incarnazione casalinga, nemmeno la prima console ad entrare
nei salotti buoni dell'alta società.
Eppure gli anni settanta son affar suo.
L'ingresso di questo gioco nel mondo segnò una svolta epocale nel
modo di pensare al divertimento. Se si dovesse parlare delle tante
storie che si narrano attorno all'impatto che il cabinato ebbe nei
bar si rischierebbe di sconfinare nella mitologia. Il dato
incontrovertibile, comunque, ci dice che un sacco di persone hanno
posseduto uno scatolotto contenente una versione, più o meno
ufficiale, di Pong al suo interno.Insomma, questo gioco ha avuto il merito di sdoganare l'intrattenimento elettronico e di proporlo come valida alternativa a tutto il resto.
SPACE INVADERS- TAITO 1978
Certo dopo sei anni passati a lanciarsi
un pixel con due racchette, pur con tutte le varianti disponibili,le
sacche scortali dell'utenza rischiavano di giungere al punto di
rottura.
Ma in Giappone furono molto abili a
trovare la soluzione. Space Invaders si mise alla testa di un
manipolo di nuovi giochi dalla varietà inedita, capaci di spingere
chi stava davanti allo schermo a scoprire nuovi stili e nuove
meraviglie della grafica.Prodotti destinati a tutti, ma che per essere padroneggiati a dovere necessitavano di tempo, applicazione e passione. Alla caccia del record giornaliero, branchi di strane creature iniziavano a investire denaro e diottrie davanti ai cabinati delle prime sale giochi, oppure fondevano i circuiti delle macchine casalinghe.
Un nuovo parto stava per avvenire nel magma indistinto dell'evoluzione: nascevano i videogiocatori.
SUPER MARIO BROS- NINTENDO 1985
La rivoluzione tecnica di questo lavoro
sta tutta nell'invenzione degli schemi a scorrimento, che
rinvigorivano un genere tanto amato quanto inflazionato quale il
platform. Le possibilità infinite che si aprirono davanti agli
sviluppatori, ora in grado di costruire livelli complessi e vari,
pieni di nemici diversi, spinsero verso una valanga di seguiti
apprezzati come e di più del capostipite.
Inoltre Nintendo, rimaneggiando il
vecchio personaggio di Jumpman, riuscì a creare un'icona talmente
riconoscibile da rivaleggiare in celebrità con il maledetto ratto di
Walt Disney.Ma il vero merito dell'idraulico in salopette è stato quello di salvare, praticamente da solo, un'industria da tutti ormai considerata al collasso. Se oggi una scatoletta dei balocchi regna incontrastata sotto il televisore grande di casa vostra, forse dovreste ringraziare Mario. Mamma Mia!
THE SECRET OF MONKEY ISLAND- LUCAS ARTS 1990
La più celebre e amata avventura grafica di tutti i tempi, semplicemente. Il simbolo del potere decaduto di un genere videoludico che chiedeva al giocatore di lasciar stare i riflessi, in favore di un approccio più ragionato fatto di enigmi, combinazioni, meccanismi.
Certo, giunti a un certo punto di frustrazione si finiva per abbinare tutto con tutto e provarlo dappertutto, confidando nella legge dei grandi numeri.
Ma che importava, quando c'era da seguire la vicenda di Guybrush Threepwood? Lucas Arts e Sierra ci hanno mostrato come il videogioco potesse avere una profondità diversa. Come potesse servire per raccontare delle storie.
Oggi la trama è una caratteristica quasi scontata all'interno di un software qualsiasi di questo tipo. A me piace pensare, però, che gli scrittori che oggi ci raccontano le avventure di un'archeologa strafottente nello sfidare la morte o di un commando con un occhio solo alle prese con una cospirazione globale, abbiano accompagnato almeno una volta Guybrush a Monkey Island. E abbiano sognato di essere in grado di riuscire a provocare le stesse emozioni con il loro lavoro.
VIRTUA RACING- SEGA 1992
Quando uscì, Virtua Racing non riuscì
a conquistare il titolo di reginetta della sala giochi. Ma,
esattamente come quando si sceglie la persona che ci accompagnerà
per la vita, ci si rese conto che l'aspetto estetico non è la cosa
più importante.
Con le sue ruote ottagonali e la
grafica piena di spigoli, questo gioco ci forniva un pezzettino di un
futuro non ancora scritto, ma al quale nessuno sarebbe stato capace
di rinunciare.La fluidità, la sensazione di correre su una pista e non su un tappeto scorrevole e la profondità di campo fecero balzare agli occhi dei più attenti le capacità di un lavoro in grado di indirizzare la storia. Erano arrivati i poligoni. Ci sarebbe stato da lottare tra console di nuova generazione, acceleratori grafici e da impazzire dietro agli standard Direct 3D e Open GL.
Ma era un sacrificio che andava fatto: stavamo entrando nella terza dimensione.
GRAND THEFT AUTO III- ROCKSTAR GAMES 2001
A fine anni 90, quando sembrava che i
progressi in campo grafico ormai tendessero alla perfezione e
l'immersione narrativa somigliasse a quella di qualche film di serie
b, ai giocatori mancava solo una cosa per sentirsi davvero dentro al
gioco.
Qualcosa che Rockstar games portò su
tutte le macchine nel 2001: GTA III. Pur se strutturata a missioni,
l'opera in questione proponeva decine di approcci differenti grazie a
una mappa sempre aperta e disponibile, da poter sfruttare in
qualsiasi modo.Che fosse per cercare collezionabili, farsi una sgambatina o provocare una sana mattanza in centro, Liberty City era il campo giochi in cui sfogare qualunque velleità.
Niente più muri invisibili e ostacoli posti dai limiti di game design. Era arrivato l'open world e presto o tardi, tutti avrebbero dovuto adeguarsi.
WII SPORTS- NINTENDO 2006
I videogiochi, a un certo punto della
loro storia, divennero materia per specialisti. La più grande
barriera tra le masse e il medium era rappresentata dalle periferiche
e dal loro ostile rapporto con chi non ne conosceva le funzioni.
Così Nintendo se ne uscì con Wii,
infilandoci in bundle un gioco sportivo sui generis che aveva un solo
scopo: portare la nonna davanti alla console.Fu un successo devastante. A fare le pulci al sistema, si poteva notare come il pattern dei comandi fosse in realtà piuttosto semplice e, una volta scoperto il trucco, bastasse muovere un polso per risultare dei veri assi.
Ma alzi la mano chi non si è agitato come in preda alle convulsioni con quell'affare bianco in mano. Premio di tanta foga furono spalle lussate e schermi sfondati. Ma la mossa vincente di Nintendo rimase valida. Grazie a questo semplice giochetto, la casa giapponese ha rimesso nelle mani di tutti il videogioco. Proprio come fece Pong trentaquattro anni prima.
Stop alle telefonate polemiche. Quelli
riportati qui non sono necessariamente i giochi più belli di sempre,
sia chiaro. Semplicemente, secondo me, sono quelli che, con i loro
concetti innovativi, hanno cambiato il modo delle persone di
intendere il mezzo.
Non mi sono fermato su ogni sfumatura,
perché l'intento non era quello di scrivere un saggio di settecento
milioni di pagine. Alcune assenze mi hanno fatto combattere, devo
ammetterlo ed escludere certi titoli non è stato facile. Ma l'ho
fatto, perché mi pare di essere stato sufficientemente tedioso così.Ed è vero, manca il multiplayer online, che ha avuto un impatto abbastanza determinante con la materia. In questo caso, però, la mancanza è mia. Da giocatore anziano non mi ci sono mai appassionato, quindi non conosco sufficientemente l'argomento. Piuttosto che scrivere idiozie ho preferito soprassedere.
Che poi tanto il blog è mio e non è che devo chiedere scusa a nessuno. O forse si. Vabbè, ci penserò su. Comunque ciao
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