CDC #146- Una facile profezia: Tutti Dentro (1984)

Nel 1992 l'inchiesta chiamata Mani Pulite spazzò via un'intera classe dirigente (o quasi) svelando l'intreccio di tangenti che coinvolgeva politici, faccendieri, imprenditori, eccetera.
Vennero allo scoperto i vizi di un paese perfettamente a conoscenza delle proprie magagne, ma che fingeva non esistessero così da avere qualcuno da incolpare qualcuno quando le cose non andavano bene (che maturazione che c'è stata in questi decenni, non trovate?).
Una nazione così consapevole dell'immondizia che la seppelliva da aver covato nei suoi anfratti un film che, otto anni prima dei fatti, anticipava il terremoto di Tangentopoli. A realizzare la profezia, sia dietro che davanti la macchina da presa, il più nazional-popolare degli artisti cinematografici italiani. Alberto Sordi.

Sordi qui è alle prese con il personaggio del giudice zelante e inflessibile capace, grazie alla propria integrità, di instaurare un'inchiesta gigantesca atta a svelare tutti i sotterfugi del sottobosco. Una volta promosso al ruolo di Pubblico Ministero ottiene l'autorità di far scattare le manette e di incarcerare l'intero universo del potere italiano.
Annibale Salvemini, fedele al suo nome, travolge tutto come se caricasse con gli elefanti, indifferente alle conseguenze del suo incedere. Fiero di se stesso, vanitoso, sicuro della propria posizione fin quasi all'ingenuità, Salvemini non si rende conto che i meccanismi che tenta di scalfire sono gli stessi che finiranno per distruggerlo. L'autostima è il suo peggior nemico, capace com'è di levargli dagli occhi la realtà rappresentata da quel mostro mutaforma che è il potere, in grado di rigenerarsi a ogni ferita subita.
Sordi mette in piedi una sceneggiatura intelligente, dall'aria vagamente ridanciana, ma che riesce a tenere in vista l'aspetto più inquietante della faccenda e lo fa mettendo in chiaro che non esistono eroi capaci di ristabilire le leggi.
Salvemini è un tizio sballato, lontanissimo dalla perfezione. Per di più incalzato da un ambiente che spesso dimentica ciò che è e a cosa dovrebbe servire. Un potere che trama solo per poter soddisfare se stesso, certo; ma anche gli organi che dovrebbero tenerlo sotto controllo, come la magistratura spesso morbida per convenienza, o la stampa, incapace di andare a fondo degli scandali perché interessata al colore, più che alla sostanza della notizia.
In questo senso fa specie l'intervista insistita della giornalista di una rete privata, talmente presa dai capelli fluenti del giudice da arrivare a chiedergli solo informazioni riguardo i prodotti per mantenerli tali.
Un piccolo attacco alle neonate reti commerciali, se vogliamo, ma anche una visone lucida del futuro.
Già nel 1984 Alberto Sordi ammoniva sull'avvento della dittatura della leggerezza, che con il tempo farà perdere al paese la capacità di affrontare seriamente anche gli argomenti più delicati.
Sull'Alberto Sordi attore credo non serva fare considerazioni. Probabilmente si tratta del più autorevole interprete dei vizi nazionali, almeno di quelli suoi contemporanei.
Il Sordi regista, invece, un po' mi lascia perplesso. Nonostante la sceneggiatura intrigante, infatti, alla resa dei conti Tutti Dentro si rivela una visione un po' piattina, con un montaggio che a volte deconcentra e un ritmo non troppo bilanciato.
Va detto che a giocare un ruolo in queste sensazioni è forse la colonna sonora affidata a Piero Piccioni, troppo invasiva e spesso incapace di sottolineare con il giusto piglio gli avvenimenti, in special modo quelli drammatici. Sembra musica creata in altri tempi e per altri prodotti e che poco si intona con lo stile dell'autore.
Poi è vero. Quando vedo Joe Pesci sullo schermo mi aspetto sempre uno scatto d'ira in grado di trasformare il film in un massacro e quando ciò non avviene ho sempre l'impressione di essermi perso qualcosa. Ma non è colpa di Tutti Dentro in questo caso.
Il fatto è che, a parte l'istrionismo di Sordi, questa rimane una pellicola troppo fredda per riuscire a catturarmi davvero.
Resta comunque un prodotto interessante, se non altro per la precisione profetica con la quale sa anticipare di otto anni eventi che si svolgeranno in maniera quasi identica. Segno, una volta di più, di quanto in realtà i cittadini di questo paese (almeno i più svegli) siano consapevoli di come funzionino le cose e, probabilmente, se le facciano andare bene come sono.
O magari no e opere come Tutti Dentro spariscono dai palinsesti proprio per non accendere troppe luci dentro stanze mantenute appositamente al buio.
Comunque sia, se volete dargli un'occhiata lo trovate sul tubo.  



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