CDC #155- Superscassati alla Night: Glass (2019)


Le trilogie vanno molto in quel di Hollywood. Sono rimaste solo una manciata di storie capaci di concludersi all'interno di un solo film, specialmente se parliamo di un particolare filone. Perché se c'è una cosa che sanno fare sulla collina è intercettare il pubblico giusto e ricoprirlo con tutto ciò che gli piace. E' un mondo fatto di universi espansi, crossover tra personaggi e pellicole tutte uguali che riempiono le tasche dei produttori sbancando i botteghini a cadenza regolare.
Night non vuole essere da meno. Il materiale per le mani lo ha e decide di portare a termine l'oblunga versione della sua saga marcando, come sempre, la differenza.

E' difficile pensare che vent'anni fa, mentre Bruce Willis in pastrano portava ordine tra le strade degli States, Shy già pensasse all'universo narrativo che ha poi portato alla nascita di Split. Certamente, da appassionato di fumetti come dice di essere, l'idea potrebbe anche averlo stuzzicato. Ma i decenni intercorsi tra Unbreakable e il resto di questa storia farebbero pensare al contrario.
Infatti Glass è più figlio di Split che di Unbreakable, non fosse altro per la vicinanza temporale con il matto di James McAvoy. Il film eredita stile e colori dell'opera precedente, lasciando il grigio pioggia all'antico impermeabile di Willis.
Tuttavia che ci si dovesse attendere il classico scontro finale lo si intuiva fin dagli ultimi minuti di Split, che quel Willis li davanti alla TV non poteva essere un caso.
Di scontro si tratta, in fin dei conti. Anche se Night utilizza sempre il suo metodo per fare le cose.

Diciamo che il regista più amato da se stesso prova a mischiare le carte. Invece di assistere al lungo tramare dei cattivi e alla fase di preparazione dell'eroe, qui si gioca con il dubbio. I tre fracassoni si trovano confinati all'interno di una casa di cura, dove una dottoressa che prende le
fattezze della splendida Sarah Paulson, spiega loro che i poteri sono figli della fantasia.
Svolta intrigante, se vogliamo, non fosse che a Night importa un bel niente di far grattare il mento al proprio pubblico. Noi che vediamo siamo consapevoli delle reali potenzialità dei tre. A M. interessa manovrare i personaggi, operazione che gli riesce grazie allo stato catatonico in cui versa Samuel L. Jackson, alla confusione mentale degli occupanti di James McAvoy e alla rassegnazione di Willis, uno che eroe non è mai voluto essere.
Ma quella che appare come una scelta un po' bislacca il suo senso lo ha. Perché Night, da profondo conoscitore della materia, si prende il lusso di destrutturare il racconto di supereroi, fornendo loro uno scopo nuovo e meno roboante della solita salvezza del pianeta.
Glass destabilizza (o almeno ci prova, non è detto che riesca) lo spettatore tipico del genere, levandogli la sicurezza che deriva dallo schema classico di nascita, crescita, difficoltà, trionfo, per lasciargli una storia nella quale il confronto finale non ha senso in quanto tale, ma per ciò che rappresenta in senso più generale.
Solo l'idea che i tre facciano la fine che fanno è figlia di un'impostazione che rigetta la solita dicotomia per assemblare una struttura più ampia.
Finendo insomma per portare alla luce con insolita efficacia i concetti di diversità, capacità alternative spesso soffocate dall'omologazione e bla bla bla.
Il regista utilizza la didascalia, facendo raccontare a uno dei personaggi per filo e per segno cosa sta per succedere secondo i canoni tipici del racconto cinefumettistico, quasi a rivelare la semplicità dell'impalcatura narrativa che sostiene il genere e a invitare lo spettatore a diventare più esigente.
Un metodo intrigante che dimostra ancora una volta le intenzioni di un regista sempre impegnato a fare di testa sua. Poteva giocarsela facile, facendo scontrare i suoi pupazzetti e magari lasciando alle esplosioni il compito di arricchire la visione.
Invece ha voluto riscrivere quella che ormai è una trama fin troppo ovvia, mostrando a tutti come anche nel genere più inflazionato del momento si possa trovare qualcosa da dire.
Certo resta un film di supereroi, con tutti i vantaggi e i limiti che questo impone. Ma è la versione di Shyamalan e solo per questo andrebbe guardato.
Perché sarà anche un regista particolare, ma il cuore ce lo mette sempre.




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