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La canzone della settimana #1

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Proviamo una novità, in realtà sfruttando un format così vecchio che pare risalga al tempo degli organismi monocellulari che si nutrivano alle fontane di minerali immerse nel brodo primordiale. In realtà questo tipo di post nasce perché è piuttosto semplice da realizzare e mi aiuta a controllare l'algoritmo. Secondo Google, infatti, il blog sta crescendo, ma siccome non mi fido perché la piattaforma gonfia spesso i numeri utilizzando strani artifici alchemici dei quali non sono a conoscenza, voglio capire se dando continuità alle pubblicazioni succede qualcosa. Non so se durerà, ma intanto cominciamo, se non mi stufo (come di tutto quanto, del resto) magari diventerà un appuntamento fisso. La canzone che di volta in volta proporrò non sarà necessariamente nuovissima, ma potrebbe essere qualcosa che non si sente spesso. Oggi si parte con Queen Of Cats di Bastien Keb. Non so chi sia lui, ne da dove arrivi, quindi niente domande scomode. Dovesse farmi ascoltare altre cose interessanti...

Iuri legge per voi: Il nuovo sesso: Cowgirl (Even Cowgirls Get the Blues, 1976) di Tom Robbins

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Di recente si è spento Tom Robbins, autore talmente celebre e osannato da non essere riuscito a scavare un buco nell’immensa oscurità della mia ignoranza. Gli epitaffi di cui ho letto in rete mi hanno incuriosito, però io sono uno che non si fida nemmeno dei giornali di cui si fida, quindi urgeva una verifica immediata della qualità di questo scrittore nella speranza di evitare l'ennesimo autore della beat generation. Devo ammettere che la prima scelta sarebbe stata Uno Zoo Lungo La Strada, libro dal titolo stuzzicante, nonché esordio a quanto pare sfolgorante del nostro. Tuttavia tale romanzo sembra diventato introvabile, quindi ho dovuto ripiegare su Il Nuovo Sesso: Cowgirl nel terrore di trovarmi di fronte al tipico libro simil-erotico mascherato da letteratura alta. Intendiamoci, non ho nulla contro l’erotico, escluso il fatto che mi annoia a morte, così come contro la letteratura alta, che però non capisco e perciò mi annoia a morte. Sono un tizio senza fantasie e dalla capac...

Lo spettatore #283- Il senso di giustizia: La parola ai giurati (12 Angry Men, 1957)

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La lettura della sceneggiatura scritta da Reginald Rose, forse ve lo ricordate, è stata una delle esperienze che più ho apprezzato da quando, a circa dodici anni, ho iniziato a imparare come si usano i libri. Una vicenda così ben cesellata da farmi pensare che non ci fosse nemmeno bisogno di costruirci un film attorno per farla funzionare (o uno spettacolo teatrale, o un programma televisivo, obbiettivo quest'ultimo per il quale nacque). Tuttavia poi ho visto Henry Fonda nei panni del giurato numero sette e ho capito che certe storie possono addirittura migliorare se prese in mano da professionisti capaci. Non starò a dilungarmi troppo sulla trama, del resto è piuttosto semplice e ne avevamo anche già parlato. Di fatto si tratta semplicemente del racconto di una giornata nella quale dodici uomini appartenenti a una giuria popolare devono decidere sulla colpevolezza o l'innocenza di un giovane accusato dell'omicidio del padre. Il caso in tribunale sembra chiarissimo e infat...

Lo spettatore #282- Tieni giù quelle mani: Speak no evil (2024)

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Lo so, sarebbe stato meglio partire dal film originale danese e vi assicuro che l'intenzione era quella, solo che poi sono stato sequestrato dal ghigno di James McAvoy ed eccomi qua a parlare della versione lustrata di una storia che di lustrini ne ha davvero pochi. Del resto JMC nel ruolo del pazzo si trova ingabbiato fin dai tempi di Split bizzarra opera shalamaiana nella quale l'attore aveva dato prova di una certa versatilità. Qui invece indossa i panni dell'amicone che non finisce mai di toccare con quelle dannate manacce piene di dita. Un tipo irritante con una famiglia di strambi dai quali io mi sarei allontanato fin dal primo giorno della vacanza toscana, ma che per qualche motivo a me ignoto finisce per affascinare Ben Dalton (portato sullo schermo da Scoot McNairy, perché se hai un Mc, a sto punto prendine due), un tizio che in quanto a drammi famigliari non è secondo a nessuno e che sembra incerto su qualunque decisione. Quando l'allegra famiglia governata da...

Lo spettatore #281- Follia sul carroarmato: Fury (2014)

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Prima di guardare Fury mi aspettavo una tarantinata con Brad Pitt che fa il gradasso e sequenze talmente assurde da diventare fumetti in movimento. Un po’ come Bastardi Senza Gloria, ma sul carroarmato. Mi sbagliavo ovviamente.  In realtà Fury parte quasi assecondando la mia idea preventiva su di lui, mostrando un uomo a cavallo che emerge dalla nebbia del campo di battaglia e che viene aggredito in modo spettacolare da Brad Pitt, un altro di quei tizi di Hollywood che pensa di esser ancora giovane. Una scena truce, se vogliamo, ma lontana dalla crudezza che Fury ha intenzione di mostrarci. Poco dopo infatti siamo all’interno del blindato dove Michael Pena stringe la mano di un compagno caduto incapace di accettarne la dipartita, anche se la testa dello sventurato è sparsa per l'abitacolo. Fury destruttura l’eroismo del racconto di guerra, sostituendolo con la follia di un manipolo di soldati che ne ha viste decisamente troppe per potersi permettere ancora un briciolo di sanità men...

Lo spettatore #280- Sunday, Monday nasty days: Suburbicon (2017)

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Le zone residenziali con le villette e i giardinetti col vialetto, il canetto con la cuccetta, il ragazzetto che taglia l’erbetta e la macchinetta parcheggiata fuori dal garagetto, sono luoghi dove regna l’ipocrisia del ceto medio borghese, all’apparenza tutto perfettino ed educato, ma sotto sotto zeppo di sentimenti d’odio, pronto a sterminare l’intera popolazione, forse anche il vicino di casa, che è tanto caro ma respira e quindi infastidisce. Non lo sapevate? Strano, perché Hollywood ce lo racconta da un secolo. Il regista George Clooney è uno di quelli che ci tiene a dirigere sempre la storia giusta, dal vago sapore scandaloso, ma comunque educata, pulita e formale. Stavolta mette in scena la sceneggiatura scritta assieme ai fratelli Cohen e a Grant Heslov, che ha dalla sua il tono noir prediletto da Joel e Ethan e insieme la critica sociale manifesta, di modo che proprio nessuno possa fraintendere le intenzioni del progetto. Se Giorgione avesse nelle corde uno spirito davvero riv...

Lo spettatore #279- Il futuro è arrivato: Civil war (2024)

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Fino al 2024 Alex Garland l’avevo solo sentito nominare senza aver nemmeno l’idea di quali film avesse diretto. Ecco a pochi mesi dall’inizio del 2025 (i miei post vengono sempre pubblicati con molto ritardo rispetto al momento nel quale li concepisco) son arrivato già alla terza pellicola del nostro, segno che quando il grande burattinaio decide di mettersi a lavorare fa le cose per bene. Se dovessi decidere di definire il mio rapporto con questo regista dopo tutte queste visioni probabilmente utilizzerei il termine “conflittuale”. Ma solo perché sono una persona diplomatica. È difficile dire che un film di Garland sia brutto perché l’uomo ha occhio, capacità e conosce il mestiere. Come forse saprete (se ho già pubblicato le opinioni su Annientamento e Men , cosa tutt’altro che sicura), fin qui io ho visto solo l’aspetto horror della cinematografia di Garland, mentre questo Civil War si aggrappa a un'ambientazione un filo più concreta, perché se la guerra civile negli Stati Uniti...