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Iuri legge per voi: Non riattaccare (2005) di Alessandra Montrucchio

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Una telefonata nel cuore della notte e una corsa folle in auto da Torino a Ginevra per impedire un gesto estremo e magari ricostruire un rapporto. Questo racconta Non Riattaccare, romanzo breve scritto da Alessandra Montrucchio come fosse un thriller ad alta tensione, asciutto e diretto, lanciato come la protagonista a tutta velocità verso un finale in un certo senso atteso nell’esito, ma non nella modalità in cui si manifesta. Si perché dietro la storia della ragazza distrutta dalla fine della relazione con l’uomo dall’altra parte del filo, c’è un ricatto emotivo portato da chi gioca (forse inconsapevolmente) con i sentimenti altrui. La nostra protagonista è infatti in quella fase in cui tutto sembra inutile e avrebbe bisogno solo del suo tempo per recuperare gli stimoli necessari a ricominciare. La telefonata dell’aspirante suicida cambia tutto e la costringe a ricascarci e a ignorare consigli che potrebbero rivelarsi determinanti. Montrucchio sceglie la seconda persona singolare per...

Lo spettatore #246- Una simpatica zona residenziale: Vivarium (2019)

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Avete presente quelle belle casette tutte uguali, in quei quartierini residenziali, con i pratini così curati da sembrare finti e le stradine tutte pulite? Non sarebbe un sogno vivere in un posto così? Forse no, almeno secondo Lorcan Finnegan. Guardando Vivarium non ho potuto fare a meno di correre col pensiero a Dark City, antico e sottovalutato prodotto fantascientifico di Alex Proyas che, se vogliamo, partiva dagli stessi presupposti e forse sottintendeva la stessa morale. È una vita che non vedo quel film, quindi potrei ricordare male, tuttavia mi viene in mente che la vera differenza tra le due opere sta nell’approccio all’argomento: se la pellicola di Poryas viveva sostanzialmente della sua trama grazie alle atmosfere noir e thriller che la permeavano, Vivarium mi è sembrato più orientato alla veicolazione del messaggio, scelta narrativa che, ormai si sarà capito, io odio. Potrei anche essermela immaginata questa morale, ne sono perfettamente consapevole. Ma mi sembra anche l’uni...

Lo spettatore #245- Un amore impossibile: Videodrome (1983)

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Quella di oggi è una pellicola che vanta una sterminata schiera di estimatori, tra i quali, lo ammetto, fatico a schierarmi. La prima volta che mi capitò tra le mani mi lasciò addirittura indifferente, ma ero un ragazzino scemo e non capivo la vita. Poi a metà del cammino la riguardai e lei quasi riuscì nell'intento di sedurmi, anche se l'entusiasmo evaporò col passare dei minuti. Di recente ci ho provato di nuovo e, complice il possesso di un supporto finalmente adeguato al suo blasone, c'è stato qualche ammiccamento. Però l'amore vero resta un'altra cosa. Cronemberg usa l'iperbole per mettere in scena il suo disgusto verso il mezzo televisivo e l'imbruttimento dell'audience. Carne, sensualità ed erotismo sono la sua base per la pizza e da abile impastatore li utilizza senza per forza dare un senso logico al prodotto. Ne viene fuori un film che si scaglia contro l'utilizzo che certa televisione fa degli spettatori sottoponendoli a programmi sempre p...

Iuri legge per voi: Emerson Ray Leviathan (Denise Jane, 2024)

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  Le copertine acchiappone della collana Segretissimo di Mondadori non esercitano un particolare fascino su di me, forse perché sembrano promettere storie inutilmente pruriginose portate avanti da tizi col farfallino e dame in abiti da sera provocanti. Eppure mi sono deciso a dare un’opportunità a questa pubblicazione scegliendo Leviathan dal mucchio, un titolo che ho incrociato più volte sulla mia strada di lettore e che spesso fa da preludio a romanzi riusciti. Ora posso dire di essere contento dell’esperimento, perché ho incontrato un’autrice dalla penna notevole, capace di scrivere una storia dai ritmi perfettamente calibrati, che fa scorrere le pagine grazie a capitoli corti e a uno stile affilato. Il racconto è quello classico che si può incontrare in un action movie a tema militare, con agenti della CIA infiltrati, traffici illegali e proiettili fischianti. Nulla di imperdibile forse, ma sicuramente l’ideale per una lettura di puro intrattenimento. Da quanto ho percepito Eme...

Lo spettatore #244- Un caldo infernale: Adagio (2023)

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Mi son fatto incantare da un trailer ed eccomi qui: alla fine ho visto Adagio e ho concluso che a volte è meglio non approfondire. Intendiamoci, Adagio non è un brutto film, del resto con Stefano Sollima è difficile scendere dal marciapiede e mettere male il piede. Parliamo pur sempre di un regista competente, capace di attirare le attenzioni della collina e di realizzare opere con un certo carattere. Basterebbe vedere con quanta forza si percepisce la soffocante afa dell'estate romana per farsene un'idea, ma anche la resa visiva dell'incendio sullo sfondo, una sorta di squarcio sull'inferno che attende gli eroi tragici di questa vicenda. Dal punto di vista visivo la pellicola fa il suo e anche se io odio i Subsonica, devo dire che la colonna sonora sostiene bene l'opera (seppure, stando al trailer, forse mi aspettavo qualcosa di più suggestivo). Ma alla fine della visione mi sono trovato un po' così, quasi mi mancasse qualcosa. Sollima sceglie il noir come indi...

Lo spettatore #243- Rassegnazioni a confronto: Il lungo addio (The Long Goodbye 1953, 1973)

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Non molto tempo fa mi è capitato di vedere Il Lungo Addio nella versione di Robert Altman, un film che ha lasciato qualche traccia nella mia anima, ma che comunque faticavo a collegare al romanzo originale di Raymond Chandler. Un po' era l'ambientazione volutamente contemporanea della pellicola, ma a spiazzarmi fu soprattutto il finale, momento nel quale Marlowe commette un atto decisamente fuori dalle sue caratteristiche. La cosa mi infastidiva, non fatico ad ammetterlo, tanto che, giunto all'esasperazione, mi sono deciso a riprendere in mano il libro per capire come cavarne fuori qualcosa. Il mio spaesamento si è rivelato giustificato, in quanto quello messo in scena da Altman era solo l'esoscheletro della storia più dolente tra quelle scritte da Chandler per il suo investigatore privato. Il romanzo, pubblicato nel 1953, si pone quasi come il capitolo conclusivo di un'intera era letteraria, quella dell'hard boiled che lo scrittore aveva contribuito a creare e ...

Lo spettatore #242- Crescere insieme: Boyhood (2014)

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Conta il come e non il cosa, io lo ripeto sempre. Puoi avere per le mani qualsiasi tipo di soggetto, ma se non riesci a svilupparlo in modo intrigante, rischi di proporre sempre la stessa menata. Di film su infanzie difficili e di romanzi di formazione ne abbiamo gli scaffali pieni, eppure basta un’idea per rendere singolare una trama che non lo è. Del resto ai tempi si parlò molto dello stratagemma utilizzato da Richard Linklater per mettere insieme il suo lavoro, ovvero quello di girare il film nell’arco di dodici anni, con gli stessi attori che nel tempo sarebbero cresciuti e invecchiati. Lo definirei un esperimento pieno di rischi (nella vita non sai mai cosa può succedere in un periodo così lungo) e coraggioso, che ha portato a casa buoni frutti. Immagino che l’idea sia costata al regista più di un mal di testa, vista e considerata la difficoltà che credo abbia affrontato nel trovare l’armonia tecnica per il prodotto. Ma è comunque una mossa vincente, perché di film con i bambini ...