Lo spettatore #268- L'eterno fascino del male: Daibolik (1968)
Ora che Jeff è diventato parte dell’oligarchia che governerà
il pianeta negli oscuri decenni che ci attendono non ha più bisogno di elargire
favori a nessuno. Tuttavia fino a qualche tempo fa gli toccava ancora lavorare
per ingrossare il conto in banca e tra le tante occupazioni c’era quella di
rifornire la sua piattaforma con prodotti a me graditi.
Il Diabolik di Mario Bava faceva parte della mia lista dei desideri da molti decenni, direi da quando uscì il video dei Beastie Boys e il grande capo di Amazon ha deciso di offrirmelo sul filo di lana, poco prima di diventare Primo Consigliere dell’Imperatore.
Il Diabolik di Mario Bava faceva parte della mia lista dei desideri da molti decenni, direi da quando uscì il video dei Beastie Boys e il grande capo di Amazon ha deciso di offrirmelo sul filo di lana, poco prima di diventare Primo Consigliere dell’Imperatore.
Coloratissimo e psichedelico, Diabolik sembra ispirarsi più
alla serie tv Batman con Adam West che alle oscure atmosfere evocate dalle
sorelle Giussani nei loro albi e questo è un tratto del film che pare aver
lasciato insoddisfatto il regista, al punto da indurlo a rifiutare il seguito
propostogli dal produttore De Laurentis sulla scia del discreto successo al
botteghino.
Ad ogni modo la pellicola resta un bello spettacolo visivo, ricca di trovate com’è e pregna di una carica che solo quel periodo storico riusciva a mostrare sullo schermo. Diabolik è un’opera entusiasta, giovanile direi, piena di suggestioni pop della sua contemporaneità. Una gioia per gli occhi, anche se evidentemente datata come riferimenti.
Le splendide femmine scelte per interpretare le ragazze dei boss, dalla Eva Kant di Marisa Mell, per arrivare a Annie Gorassini con la sua maltrattata amante di Valmont, sono sempre inquadrate come se stessero in posa per le copertine di Fausto Papetti, esaltando l’erotismo figlio della rivoluzione culturale di quell’epoca, ma anche ottimi volani per acchiappare spettatori.
Il tutto avvolto dalla colonna sonora curata da Ennio Morricone, qui più versatile che mai, ricca di momenti spettacolari e suoni arabeggianti, con i tipici cori quasi deliranti che si sentivano spesso nella musica dei sessanta.
Insomma, Diabolik è la fotografia di un’epoca e del modo di interpretarla che avevano gli artisti.
Ad ogni modo la pellicola resta un bello spettacolo visivo, ricca di trovate com’è e pregna di una carica che solo quel periodo storico riusciva a mostrare sullo schermo. Diabolik è un’opera entusiasta, giovanile direi, piena di suggestioni pop della sua contemporaneità. Una gioia per gli occhi, anche se evidentemente datata come riferimenti.
Le splendide femmine scelte per interpretare le ragazze dei boss, dalla Eva Kant di Marisa Mell, per arrivare a Annie Gorassini con la sua maltrattata amante di Valmont, sono sempre inquadrate come se stessero in posa per le copertine di Fausto Papetti, esaltando l’erotismo figlio della rivoluzione culturale di quell’epoca, ma anche ottimi volani per acchiappare spettatori.
Il tutto avvolto dalla colonna sonora curata da Ennio Morricone, qui più versatile che mai, ricca di momenti spettacolari e suoni arabeggianti, con i tipici cori quasi deliranti che si sentivano spesso nella musica dei sessanta.
Insomma, Diabolik è la fotografia di un’epoca e del modo di interpretarla che avevano gli artisti.
Dopo di che, se volessimo concentrarci su ciò che il film
racconta, beh, ai titoli di coda scopriremmo di non aver visto praticamente
nulla.
La sceneggiatura sembra essere la spremuta di tre albi differenti, poco legati tra loro, che trasformano il lungometraggio in una struttura a episodi non dichiarata, eppure evidente dallo stacco tra le vicende. A questo proposito ho personalmente trovato più intrigante la storia centrale, dove c’è un Adolfo Celi che se la gode come un riccio nei panni di Valmont, ma questo è solo un gusto mio.
Quello che conta è che Daibolik è un cartone animato girato con attori in carne e ossa dove succede qualunque cosa, a tratti quasi una parodia dei film di spionaggio nei quali l’agente segreto aveva a disposizionie decine di gadget tecnologici che lo cavano di impiccio. Poi c’è la figura del protagonista, una sorta di Batman (appunto) malvagio con tanto di nascondiglio nascosto tra le rocce.
Farsi domande è vietatissimo di fronte a quanto accade, altrimenti il palco crolla inesorabilmente con tutti i suoi figuranti. Fin da subito: se solo la polizia avesse scelto di passare accanto alle gru e non in mezzo, il piano di Diaboik (ma quando ha preparato tutto?) sarebbe fallito miseramente.
Ma Bava non la butta mai sul realismo. Tutto ciò che vediamo è volutamente scritto con ingenuità e allo spettatore viene chiesto di goderselo così com’è, senza temperamatite.
La sceneggiatura sembra essere la spremuta di tre albi differenti, poco legati tra loro, che trasformano il lungometraggio in una struttura a episodi non dichiarata, eppure evidente dallo stacco tra le vicende. A questo proposito ho personalmente trovato più intrigante la storia centrale, dove c’è un Adolfo Celi che se la gode come un riccio nei panni di Valmont, ma questo è solo un gusto mio.
Quello che conta è che Daibolik è un cartone animato girato con attori in carne e ossa dove succede qualunque cosa, a tratti quasi una parodia dei film di spionaggio nei quali l’agente segreto aveva a disposizionie decine di gadget tecnologici che lo cavano di impiccio. Poi c’è la figura del protagonista, una sorta di Batman (appunto) malvagio con tanto di nascondiglio nascosto tra le rocce.
Farsi domande è vietatissimo di fronte a quanto accade, altrimenti il palco crolla inesorabilmente con tutti i suoi figuranti. Fin da subito: se solo la polizia avesse scelto di passare accanto alle gru e non in mezzo, il piano di Diaboik (ma quando ha preparato tutto?) sarebbe fallito miseramente.
Ma Bava non la butta mai sul realismo. Tutto ciò che vediamo è volutamente scritto con ingenuità e allo spettatore viene chiesto di goderselo così com’è, senza temperamatite.
Se possedete questo lato ludico, certamente l’esperienza con
Diabolik si rivelerà divertente. Non parliamo di un capolavoro, sia chiaro, o
di un film capace di segnare una generazione, nemmeno di un prodotto
originalissimo per l’epoca (oltre al citato Batman c’era il Kriminal di Umberto
Lenzi, ad esempio).
Tuttavia è l’ennesima dimostrazione di un’industria vivace come quella italiana che non so che fine abbia fatto. Lo stesso Diabolik uscito per mano dei Manetti non dà la stessa idea di ricchezza che permea la pellicola di Bava, quasi che per girare certe opere oggi tocchi agire in clandestinità, senza fare troppo rumore per non disturbare il manovratore.
Per fortuna i prodotti di quel tempo sono arrivati a noi, ce li possiamo ancora godere e spesso ne vale la pena. Sempre che Jeff non decida di privarcene schiacciando il pulsante mentre fa la sua risata malefica.
Tuttavia è l’ennesima dimostrazione di un’industria vivace come quella italiana che non so che fine abbia fatto. Lo stesso Diabolik uscito per mano dei Manetti non dà la stessa idea di ricchezza che permea la pellicola di Bava, quasi che per girare certe opere oggi tocchi agire in clandestinità, senza fare troppo rumore per non disturbare il manovratore.
Per fortuna i prodotti di quel tempo sono arrivati a noi, ce li possiamo ancora godere e spesso ne vale la pena. Sempre che Jeff non decida di privarcene schiacciando il pulsante mentre fa la sua risata malefica.
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