CDC #177 - A volte funzionano: 1990: I Guerrieri Del Bronx (1982)

Tra le cose che ricordo meglio degli anni ottanta c'è tutta la mitologia che aleggiava intorno al Bronx, un luogo così pericoloso che forse solo Venere a mezzogiorno poteva sembrare più letale.
Cinema e televisione dipingevano New York con tinte talmente oscure che chi ha mancato il periodo faticherebbe a crederci, visto come la Grande Mela è percepita oggidì. Siamo cresciuti con questa narrazione, tanto che le storie del Bronx dovevano tutte raccontare di punk con il coltello a serramanico in mano, altrimenti sarebbero sembrate sbagliate.
Ovvio, a volte si esagerava.

Enzo G. Castellari è uno dei nomi illustri dell'exploitation all'italiana. Credo che dei film andati in sala tra il 1978 e il 1982 si faccia prima a nominare quelli che non gli hanno fornito materiale piuttosto che il contrario.
Questa volta il carburante alla fantasia di Castellari lo offre direttamente The Warriors, la grandiosa pellicola di Walter Hill. Il regista italiano tenta di ricostruirne le atmosfere ricalcando il racconto del viaggio attraverso il territorio ostile di una banda di giovinastri capeggiata dall'ombroso Mark Gregory, qui coerentemente in tenuta da motociclista.
Quello che a Castellari manca, però, è tutto il contesto all'interno del quale i Guerrieri si muovevano. Il film di Hill metteva in luce i contrasti tra questi disperati e la New York bene (la scena della metropolitana con i tizi che escono dal ballo) donando un tocco di realismo al progetto. Il nostro questo lusso non se lo può permettere e si trova costretto ad ambientare la storia in una zona depressa con i grattacieli sullo sfondo. Certo, avrebbe potuto virare verso un racconto surreale e magari divertente. Ma perché ridere quando si può inscenare un melodramma?
Così Castellari scartabella tra i meandri della sua videoteca personale e pesca 1997: Fuga Da New York, inventandosi la realtà di un quartiere dimenticato dalle forze di sicurezza e trasformandolo nell'ennesimo luogo distopico di quegli anni.
Castellari riesce in qualche modo a fondere i due racconti, andando a prendere gli elementi caratterizzanti di entrambi, ma stando bene attento a non toccare i lati profondi delle pellicole originali. Ne viene fuori una sorta di favola con la principessa da salvare e l'epopea dell'eroe. Il che andrebbe anche bene, non fosse per una sceneggiatura che si prende dannatamente sul serio.
Si sprecano le frasi ad affetto, urlate da un Gregory in piena trance agonistica. Così come si susseguono espressioni corrucciate e momenti di pathos che si sgonfiano all'istante, spesso anche a causa di alcune comparse che non riescono a trattenere le risate mentre qualcuno grida slogan strampalati con fare troppo convinto.
Non aiuta nemmeno l'aspetto di alcune delle bande presenti, visto che si va da quelli con gli immancabili pattini ai tizi vestiti come ballerini di tip tap, fino a un gruppo di soggetti che, senza motivo apparente, si muovono come gli uomini delle caverne. Però vorrei far notare che nemmeno i Baseball Furies avevano tutto questo senso, eppure l'opera di Walter Hill funzionava alla grande.
Il problema è che tutta l'epica che Castellari cerca di estrarre da questo lavoro non fa altro che giustificare il nomignolo con il quale Gregory si fa chiamare dai suoi compari: Trash.

Eppure questo prodotto a un certo punto conquista. Succede quando riesce a liberarsi dai suoi riferimenti e i personaggi prendono il controllo della situazione.
Sarà che si fa l'abitudine alla sovrarecitazione che impregna tutto quanto. O magari che dopo un po' si finisce per provare simpatia per il legnoso Gregory. O forse sono le altre facce più o meno note del film a portare un poco di ordine. Ma da un certo momento in poi 1990 I Guerrieri Del Bronx diventa quasi avvincente, con quella battaglia e la strana avventura in cui il re e la sua strega aiutano i nostri a cavarsi d'impaccio. Soprattutto grazie a un finale brutale, sanguinoso e senza speranza nel quale sovrani, principesse, eroi e nemici scoprono l'amarezza di una sconfitta collettiva.
L'opera di Castellari riesce a staccarsi dalla noia soverchiante de I Nuovi Barbari riuscendo a superare buona parte delle diffidenze che i suoi difetti, il suo scarso budget e la sua impronta derivativa sulle prime fanno provare.
Non che diventi mai un capolavoro, qualità alla quale nemmeno aspira. Ma è un ottimo esempio di industria che sapeva sfornare prodotti decorosi al momento giusto, sfruttando le mode senza per forza rinunciare a una vaga dignità.
Possiamo anche sorridere di questi tentativi che a volte abbattono il muro del grottesco. Ma nelle rare volte in cui funzionano sono capaci di lasciarsi dietro qualcosa per cui farsi ricordare.




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