CDC #107- Amore, avventure e circuiti elettronici: Alita- Angelo Della Battaglia (Alita: Battle Angel 2019)


Ma sono io oppure questi film sono tutti uguali?



Lo so, sono vecchio, perdo pezzi e non esiste nessun dottor Ido che mi aggiusti. Probabilmente non faccio parte del mercato di riferimento al quale Rodriguez e Cameron volevano rivolgersi. Però quando vedo uno schema lo riconosco, specialmente se viene messo in piedi in modo così meccanico.
Il cinema per ragazzi è funestato dallo stile Marvel, succede ormai da anni. L'ossessione di costruire la genesi dell'eroe partendo da un carattere vagamente fragile fino al raggiungimento dell'ovvio, ormai rappresenta la struttura base per ogni saga che si decide di produrre. Una scelta che chi ci mette i denari si guarda bene dallo sconfessare, certo dell'apprezzamento di un pubblico che pare disinteressato al gusto della sorpresa. Mi stupisce la presenza di Cameron, a questo proposito, uno che ai suoi tempi andò in faccia alle certezze collinari creando opere immortali. Ma l'età e quel calderone brucia soldi chiamato Avatar, evidentemente, hanno un po' mitigato lo spirito ribelle di Jim.
Insomma, guardare Alita è una di quelle esperienze che si affrontano nella perfetta consapevolezza di ciò che accadrà scena dopo scena, figlia di una sceneggiatura pigra che continua a transitare attraverso passaggi imposti.
Certo, mi si potrebbe obbiettare che qui, a differenza di quello che succede di solito, è il carattere femminile (non me la sento di chiamarla ragazza, scusate) a dominare la scena, prendendosi la briga di salvare il suo bello quando questo, come un demente, si mette in pericolo credendo a tutto ciò che gli dicono.

E' vero, anche se non è difficile immaginarlo quando si dota la protagonista di una forza infinita, addirittura aggiornata da un corpo umanoide prodotto con tecnologie ancestrali. Ma ci può stare. Tanto più che questo insieme di circuiti offre agli sceneggiatori l'opportunità per infilare a forza il discorso sul diverso, grande must della narrativa per giovani moderna, utilizzato così spesso da scivolare nel grottesco.
Perché un po' di serietà ci vuole. L'essere umano è creatura complessa, capace di provare una vasta gamma di sentimenti. Ridurre sempre tutto al romanzetto rosa è una mossa avvilente.
Voglio dire, non si poteva puntare, che ne so, sull'amicizia? Alita è un pezzo di ferro, nel caso non ve ne foste accorti. A questo punto nelle prossime storie cosa ci raccontate, che il protagonista si innamora di un cavallo? Va bene la retorica del rispetto dell'altro, che sparge bontà sul pianeta e crea una magica armonia con la critica compiacente, ma utilizzate la materia grigia e inventatevi qualcosa di sensato.
Poi, oh. Niente da dire riguardo l'estetica della pellicola. Rodriguez e compagnia tirano su un mondo gigantesco, colorato, futuribile come lo sono quasi tutti i film di questo genere. Bellissimo da vedere, anche se quasi completamente ricostruito in CGI. Che, in aggiunta all'aspetto inquietante di Alita, fanno pensare al perché, per dio, non si sia voluto fare direttamente un'opera d'animazione. Ormai davanti alla cinepresa ci passano giusto un paio di attori su sfondo verde e il senso della cosa mi sfugge. Tanto vedere un Waltz stanco, una Connelly rigida come non mai e la controfigura giovane e poco credibile di Keanu Reeves non è che valga la fatica.
E' solo l'ennesima tronfia dimostrazione di potere visivo, messo al servizio di una trama sempre uguale a se stessa.
Comunque certamente verrà prodotto un seguito. Queste pellicole nascono come base almeno per delle trilogie. Bisogna portare a compimento le rivoluzioni iniziate dagli adolescenti innamorati destinati a cambiare il mondo.
I bei guadagni di questo primo capitolo non lasciano dubbi su questo. O speranze, prendetela come volete.
Presto gli occhioni di Alita torneranno a osservarci dallo schermo e noi potremmo vedere dentro di essi l'enorme vuoto che il cinema per ragazzi sta scavando dentro se stesso.

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