CDC #102- La macchina del tempo: Terrore Nello Spazio (1965)
La fantascienza è
probabilmente il genere che più sente il peso degli anni. Rughe a
volte riempite dal lifting della rimasterizzazione, ma mai
completamente eliminate a causa di limitazioni tecnologiche evidenti.
Oggi è tutto un esplodere di lucine colorate generate al computer.
Un tempo si potevano usare solamente giocattoli, fili, fotografie e
sovraimpressioni sulla pellicola.
Bisognava essere davvero
bravi a creare tensione con attrezzature del genere.
Ma forse, prima che George
Lucas, Ridley Scott e James Cameron arrivassero a rompere il
giocattolo, la media delle produzioni Sci-Fi a tema spaziale non si
discostava troppo dall'opera di Bava. Sarebbe interessante indossare
una macchina del tempo per osservare le reazioni degli spettatori di
quell'epoca, tanto per capire se la magia del cinema riuscisse a
mascherare quell che oggi appaiono stratagemmi posticci, ma che fino
a poco prima di Star Wars rappresentavano lo standard per pellicole
di questo genere.
Anche se un modo per
intuire quanto certi lavori abbiano influenzato gli artisti di li a
seguire volendo c'è. Se passiamo in analisi la trama, infatti, ci
accorgiamo senza sforzi che la storia raccontata da Bava altro non è
che Alien, pur in embrione e per sommi capi.
Pensateci: un segnale
proveniente da un pianeta misterioso che si rivela una trappola, una
nave aliena incagliata da secoli, un'altra da fare esplodere prima di
mettersi in fuga per evitare che l'entità finisca in mezzo a noi.
Insomma tra le pieghe non troppo profonde del racconto, notare delle
similitudine tra Terrore Nello Spazio e il primo horror Sci-Fi ad
alto budget della storia non è poi così complicato.
Anche se, volendo fare i
precisini, sul film di Bava aleggiano le idee degli Ultracorpi e di
Cose Da Un Altro Mondo, ma il brodo primordiale della fantascienza è
quello. Non si tratta di inventarsi qualcosa di clamorosamente nuovo.
Quanto di raccontare bene una storia anche sfruttando spunti offerti
da altri.
Non il cosa, ma il come.
Sempre quel discorso lì.
E per il come Bava
utilizza tutto l'arsenale tecnico a sua disposizione. Luci colorate
molto accese contrastano il buio e la nebbia. Scenografie di
cartapesta e modellini sovraimpressi alla pellicola fanno da sfondo
ai nostri eroi. Lampeggianti e schermi che mostrano cose a caso
arricchiscono astronavi composte da pochi ambienti e grandi spazi.
Visto oggi, ovviamente,
tutto questo retro-futurismo fa quasi tenerezza. Ma se confrontato ad
altri prodotti dell'epoca, non si può fare a meno di notare come
l'artigianalità del maestro sopperisca a limiti piuttosto
consistenti nello spessore del portafoglio.
Perché siamo d'accordo,
le tute gommose in similpelle possono far sorridere, ma gli scheletri
giganti e quella voce terrificante che esce dallo strumento alieno
son cose da non dormirci la notte. Tutta la sequenza girata
sull'antica nave misteriosa è una perla di rara efficacia, ottenuta
grazie a una grande immaginazione e alla capacità di costruire tanto
con poco. Peccato solo sia così breve.
Poi si, Bava si è trovato
a gestire un comparto interpreti di legno e una sceneggiatura
infarcita di dialoghi ingenui e a volte persino infantili.
Ma si trattava comunque
del 1965. La fantascienza veniva ancora considerata con sospetto dal
cinema e probabilmente si tentava di renderla facilmente assimilabile
al più vasto spettro di spettatori possibile. Da un lato una nebbia
che pare quasi una citazione al Solaris di Stanislaw Lem, dall'altra
attori che parlano tra loro come in un gioco di bambini.
Compromessi utili, forse
addirittura determinanti per quei tempi. Eppure se pensate che oggi
giorno si girano puttanate come questa,
è evidente che si tratta di un problema che affligge il genere anche
adesso.
Vi dirò la verità: pur riconoscendo l'immensa eredità che ha
lasciato al mondo della celluloide, non sono un amante dei lavori di
Bava. Si tratta di una questione puramente di gusto. Non mi attrae lo
stile gotico che spesso ne caratterizza la messa in scena. Una cosa
mia.
Però non faccio fatica ad ammirare il suo senso pratico e la
capacità di risolvere con l'artigianato i problemi industriali che
spesso si trovava ad affrontare.
In questo senso la rimasterizzazione in alta definizione non gli fa
un favore, mettendo troppa evidenza su certi trucchi che, secondo mio
parere, lui avrebbe voluto tenere nascosti approfittando della scarsa
fedeltà delle cineprese del suo tempo.
Tuttavia il fatto che ci si sia messo di buzzo buono Refn dimostra
quanto questo regista italiano sia amato da chi il cinema lo pratica
davvero e ci mette cura e attenzione al dettaglio.
Terrore Nello Spazio è un'opera nata per piacere al grande pubblico,
ma che oggi, probabilmente, è più indicata per quel tipo di
cinefilo che sa lasciar stare l'aspetto complessivo per concentrarsi
sui particolari.
Per gli altri, non troppo diversi da me, rimane un film appesantito
dall'età e da limiti con i quali occorre fare i conti.
Decidere se ne vale la pena spetta a voi.
Mi fa piacere che Bava sia gotico anche nella fantascienza, prue se tale aspetto non ti piace. Ma era un suo marchio di fabbrica, in un certo senso, oltre alla sovraesposizione di luci e colori e quant'altro (vedi Diabolik). Immagino dunque come possa essersi sbizzarrito con quest'opera...^^
RispondiEliminaMoz-
Questione di gusti. Anche se definire questo film gotico è forse un po' eccessivo. Per quanto riguarda luci e colori, invece, direi che ci siamo in pieno.
EliminaPerfetto. Io non amo la fantascienza, quindi difficilmente lo guarderò...
EliminaMoz-