CDC #81- Pazzi senza frontiere: Violent Cop

Ma voi ce lo vedete Claudio Lippi interpretare un poliziotto totalmente fuori di testa che picchia i criminali e stermina intere gang senza quasi proferire vocabolo?
No perché per noi diversamente giovani Takeshi Kitano era più o meno quella roba li. Il bizzarro padrone del castello che ci introduceva nel mondo di Mai Dire Banzai, versione giapponese e vagamente sanguinolenta dei nostri Giochi Senza Frontiere.
E' che a noi mancano queste figure eclettiche. Proprio culturalmente. Certo, sono esistiti i Vainello e i Tognazzi, ma si parla di una televisione diversa, impensabile al giorno d'oggi.
Resta praticamente solo Checco Zalone. Che va al cinema a fare sempre Checco Zalone. Che se piace e fa ridere magari va anche bene. Ma se proprio non lo mandate giù sono dolori.
Fatto sta che Kitano nei panni del poliziotto impazzito ci sta benissimo. Quella faccia assemblata con il Das è la maschera giusta per il personaggio che ha in mente. Quando l'inquadratura ce lo impone in campo per un tempo che pare infinito, gli si leggono addosso tutti gli istinti omicidi mai passati per la mente umana. Da farsela sotto, anche seduti sul divano, dietro uno schermo e a trent'anni di distanza.
Nemmeno per un attimo quel disgraziato pare il generale che ci faceva divertire in televisione. La sua storia si inserisce in un noir brutale che leva quasi tutta l'ironia dal racconto. Basterebbero gli ultimissimi minuti per capire che qui non si scherza. Il poliziotto è estremamente pericoloso e coloro a cui da la caccia non sono da meno.
Sangue, teste spaccate, armi da fuoco, morti casuali e innocenti. Se non bastasse la crudezza dell'interpretazione di Kitano, pure graficamente la pellicola ci tiene a farci capire che qui non c'è spazio per la pietà.
Un noir come si deve insomma. Una storia di personaggi. Una sfida tra assassini sanguinari.

Intendiamoci. La figura del poliziotto che esce dalle regole e diventa giustiziere non è un'esclusiva di Kitano Takeshi. L'abbiamo vista spesso, anche dalle nostre parti.
Forse la vera differenza sta nel fatto che qui il personaggio non viene filtrato da nessuna morale. Non è né l'eroe di cui la città ha bisogno, ne il folle criminale pericoloso che ci meritiamo. Semplicemente è un poliziotto in crisi per motivi suoi, dalle abitudini rudi e che a un certo punto se ne va in giro con il dado.
Sappiamo perfettamente che il suo avversario è un malvivente senza scrupoli, inviso persino alla sua stessa organizzazione per i metodi troppo esuberanti. Ma osservandoli in scena non vediamo poi tutte queste differenze tra i due rivali. Ed è complicato raggiungere un equilibrio così preciso. A meno di non essere orientali, probabilmente.
Chiaro, è un'opera prima e anche un eclettico genio creativo come Kitano Takeshi deve fare i conti con una certa inesperienza, specialmente nella gestione dei tempi.
Alcuni inseguimenti durano un filino troppo. Alcune situazioni sono stiracchiate. In altri momenti la storia schizza via a velocità smodata e non ci dà il tempo di assaporarne le interazioni.
Ma, se devo dirvela tutta, la vera mattonata sulla testa del Violent Cop è un'altra. E Kitano Takeshi non c'entra nulla.
Ho avuto l'opportunità di vedere questo film grazie a Amazon Prime Video. Non ringrazierò mai abbastanza l'amico Bezos per questo regalo e so che a caval donato non si guarda in bocca.
Tuttavia l'unica versione presente sulla piattaforma è localizzata in italiano, senza lingua originale e sottotitoli.
Hai voglia a dire che i film orientali sono strani. Innanzitutto la qualità della registrazione audio è quantomeno particolare, con le voci che sembrano venire da un altro luogo rispetto ai suoni di fondo.
Poi c'è il problema dell'adattamento. La scelta qui è sempre difficile. Seguire pedissequamente i toni e le cadenze dei giapponesi rischiando di esporsi al ridicolo, o adattare il tutto al nostro modo di esprimerci, perdendo completamente contatto con gli attori sullo schermo?
Non credo esista una risposta definitiva a un quesito così complesso. Qui si è scelta la seconda opzione e posso anche capirne le motivazioni. Ma davvero, in certi momenti sembra di sentire quei doppiaggi che a volte utilizzano nell'Europa dell'est, con il tizio che parla senza enfasi sopra la voce originale. Che magari è pure di un altro sesso.
Tutto sommato credo che questo sia il maggior ostacolo che il cinema orientale trova mentre tenta di approdare nel nostro paese. Non siamo stati abituati alle opere in lingua originale. Ci siamo impigriti e ora vogliamo sempre la localizzazione. Ma intanto ci perdiamo perle di valore assoluto, visto che a oriente dispongono di un movimento vitale.
Ci vorrebbe un'idea per superare il distacco culturale. Che ne so. Potremmo prestare Zalone ai giapponesi per inserirlo come co-protagnoista in un poliziesco di quelli tosti. Magari finisce che gli piace pure. E che decidano di tenerselo.
E' così che si stabiliscono le relazioni tra stati.
Avrei dovuto fare l'ambasciatore.
Penso sempre troppo tardi alle opportunità.

Commenti

  1. Uno dei capolavori del grande Beat, ne vado pazzo per il suo cinema, e questo film ogni tanto me lo risparo con gran gusto ;-) Cheers

    RispondiElimina
    Risposte
    1. In lingua originale spero. Che la traduzione è proprio stonata.

      Elimina

Posta un commento