CDC#38- Pattini, moto ed ettolitri di sangue- Rollerball
Cosa spinge un campione in là con gli
anni a continuare a giocare? Voglio dire, certi personaggi ormai
hanno tutto: denaro per mantenere quindici generazioni, il proprio
marchio impresso nella storia dello sport, pagine di almanacchi
eternamente affrescate con le loro gesta. Ad andare avanti c'è solo
il rischio di bruciarsi.
Eppure si continua. Magari mascherando
le proprie scelte dietro un falso altruismo (la squadra ha bisogno di
me), quando invece la realtà suggerisce che manca il coraggio di
smettere o che si è dominati dalla paura di non sapere cosa c'è
dopo. Chiudere una carriera sportiva vuol dire accettare di
invecchiare, prendere atto che si va verso il tramonto della propria
esistenza con il meglio già lasciato alle spalle.
E' che a volte si è semplicemente
troppo giovani e quelle dannate corporazioni devono farsi i fatti
loro:
Detta così potrebbe sembrare la
classica parabola discendente del campione, che, giunto in prossimità
del ritiro, rifiuta l'evidenza e si ostina a giocare contro tutto e
tutti. Ci ho scritto anche un post sull'argomento, ma, date retta,
non volete leggerlo. Soffiando sul lieve strato di polvere, però, si
capisce subito che gli argomenti qui trattati sono un tantino più
complessi.
Nel remoto 2018 il mondo ha perso le
nazioni ed è governato da una serie di Corporazioni che tutto sanno
e tutto dirigono. Ma a soldi non si sta male eh (benedetta
fantascienza).
Il Rollerball è lo sport gladiatorio
che fa da libero sfogo alle frustrazioni del popolo. Mentre
pattinatori e motociclisti si menano senza pietà, il pubblico,
anestetizzato dal benessere diffuso e privo di ogni desiderio,
riversa su di loro tutta la rabbia repressa che forse nemmeno sa di
provare.
E' un mondo privo di memoria questo del
remoto 2018. Un mondo nel quale i libri vengono riscritti e
riadattati. Un mondo che tiene la sua storia dentro un computer
liquido e capriccioso che si rifiuta di rispondere alle domande e
perde interi secoli di avvenimenti.
Se state pensando all'aggettivo
“orwelliano” non siete troppo lontani dal vero. Tanto che 1984
viene omaggiato indirettamente, ma inequivocabilmente, durante un
dialogo del film (scatta il gioco: ditemi dove? Ah, chissenefrega,
tanto non partecipa nessuno).
Il punto è che le Corporazioni
vogliono far fuori Jonathan E. (un James Caan in gran spolvero)
perché rappresenta tutto ciò che può rompere il giocattolo.
Durante il film i giocatori di Rollerball vengono identificati dagli
altri personaggi come elementi quasi eterei. Qualcuno si spinge a
definirli androidi.
Un campione mondiale come E. rischia di
spingere gli spettatori a immedesimarsi nel giocatore, facendolo
diventare umano. Il Rollerball si manifesterebbe per lo spettacolo
crudele che è. E la gente rischierebbe di svegliarsi dal torpore.
Il punto è che E. si è già
riappropriato della merce più preziosa dell'essere umano. Lui
desidera qualcosa. Lui vuole giocare. Nonostante i trabocchetti, le
regole micidiali e i rischi sempre maggiori che le partite portano
con se, E. vuole (deve) continuare a giocare. E. è un individuo e la
sua e la lotta per affermare l'importanza del singolo sul sistema.
Non so cosa ne pensate della paura USA
rispetto al collettivismo sovietico, ma ditemi se c'è un modo più
elegante di rappresentarla.
Certo, il film ha qualche problema. La
complessità dell'universo messo su da Norman Jewison richiede
qualche riga di dialogo-spiegone per essere illustrata. Il che, come
tutti sappiamo, uccide la fluidità della narrazione.
Tuttavia quando il regista usa le armi
del proprio mestiere tocca livelli di coinvolgimento altissimi. Basti
pensare alle sequenze della finale, con le città deserte e i
cittadini impegnati a seguire la partita.
O con il pubblico ammutolito, in una
scena così forte da parere densa. Li già non conta più come si
concluderà l'incontro tra Houston e New York, perché quello che
doveva succedere è già successo.
In mezzo ai cadaveri e ai feriti, E. ha
raggiunto il suo scopo. Ha vinto. Quel silenzio sta a significare che
il giocattolo è rotto.
Jewison, inoltre, sa miscelare bene il
suo stile. Non ho idea se, all'epoca dell'uscita, Rollerball fosse
stato pensato per il pubblico di massa. Questo comunque viene
accontentato dalle scene di gioco, crudeli e violentissime, ma allo
stesso tempo perversamente appassionanti.
Ma il regista piazza anche qualche
momento quasi psichedelico, con un taglio direi europeo e un
montaggio brutale che denota una certa dose di intraprendenza.
Non è per nulla banale Rollerball,
anche se ci parla di una distopia tutto sommato già sentita.
Certo, può essere che non sia
invecchiato benissimo. Il gusto estetico, i costumi e il minimalismo
architettonico sono figli di un futuro visto con li occhi degli anni
60 e 70. Un futuro che Blade Runner e i suoi emuli hanno spazzato via
in un colpo solo.
Tuttavia non riesco a capire come mai,
quando sento parlare di fantascienza, il nome di questa pellicola sia
pronunciato così raramente.
Sarà forse colpa del suo remake
realizzato negli anni zero, che potrei anche aver visto ma del quale
non ricordo nemmeno un fotogramma.
Eppure io questo Rollerball l'ho
apprezzato davvero tantissimo, tanto che non riesco più a levarmelo
dalla testa.
Non è vero che non partecipa nessuno, però mi ha i fatto sorridere.
RispondiEliminaLeggo sempre le tue recensioni. Se riesco a rimediarlo, lo vedo e cerco la citazione.
Un lettore! Grazie della partecipazione. Te lo assicuro è un film che vale la pena vedere, al di la della citazione.
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