Lo spettatore #233- Un uomo piuttosto alto: I bambini di Cold Rock (The Tall Man, 2012)
I Bambini Di Cold Rock vanta una fama poco lusinghiera, forse perché si vende come un horror e non lo è, o almeno non fino in fondo e chi approccia un prodotto sicuro di ciò che si troverà davanti non ama le sorprese.
Vero, in effetti la prima
parte del film è effettivamente costruita come un horror, zeppa
com'è di cliché del genere, con ambientazioni boschive e strutture
fatiscenti piene di rumori industriali infilate quasi a forza dentro
la sceneggiatura. Nella prima mezz'ora siamo accompagnati dall'eterea
Jessica Biel attraverso la desolazione di un paesino rurale,
schiacciato come tanti dalla crisi economica che l'ha svuotato e
impoverito, mentre la follia omicida sembra aver pervaso i cittadini,
fin quasi a far sospettare l'esistenza di sette sataniche e
ammennicoli vari.
Ma è proprio in questo momento che Pascal Laugier decide di far cascare il colpo di scena che ribalta tutto il discorso per la prima volta.
Ma è proprio in questo momento che Pascal Laugier decide di far cascare il colpo di scena che ribalta tutto il discorso per la prima volta.
Non posso svelare troppo,
altrimenti vi mangiate tutta la suspense. Dico solo che da un certo
punto in poi The Tall Man decide di diventare qualcosa di diverso,
allontanandosi progressivamente dai canoni dell'horror, genere che si
rivela uno specchietto per le allodole (se ancora qualcuno usa questa
metafora) atto ad attirare il pubblico per poi offrirgli dell'altro.
Un po' di azione, quando va bene, un poco di dramma adolescenziale
sul finale (nel momento stesso in cui ho avuto l'impressone che
Laugier abbia perso l'orientamento dopo averlo tolto agli
spettatori).
Il vero guaio del film, però, non è quello di staccarsi dal genere, anzi. In realtà le sorprese del regista funzionano, anche se ci costringono a tapparci un poco il naso.
I punti critici secondo me sono altrove.
Il vero guaio del film, però, non è quello di staccarsi dal genere, anzi. In realtà le sorprese del regista funzionano, anche se ci costringono a tapparci un poco il naso.
I punti critici secondo me sono altrove.
Il tasto dolente
dell'operazione trova sede nel finale. Non tanto o non solo per
l'ardita motivazione che tiene in piedi il discorso e nemmeno a causa
del ribaltamento di fronte che ha portato alla conclusione della
pellicola. Il guaio è che il film spiega tutto, anche se il regista
aveva svelato la soluzione dei suoi misteri grazie ad abili
inquadrature.
Ora, è possibilissimo che le intenzioni di Lauger non fossero quelle del classico regista a caccia della tensione, ma che la sua idea di disagio fosse improntata su concetti come giustizia sociale, opportunità, amore famigliare. Ma comunque la soluzione con spiegazione sfascia completamente l'atmosfera che fin lì, nonostante i cambi di ritmo e di tono, stava facendo la sua parte.
Ora, è possibilissimo che le intenzioni di Lauger non fossero quelle del classico regista a caccia della tensione, ma che la sua idea di disagio fosse improntata su concetti come giustizia sociale, opportunità, amore famigliare. Ma comunque la soluzione con spiegazione sfascia completamente l'atmosfera che fin lì, nonostante i cambi di ritmo e di tono, stava facendo la sua parte.
Detto questo, dal mio
punto di vista The Tall Man è un esperimento interessante che
rafforza la tesi secondo la quale non c'è niente di meglio di un
film di genere per parlare di argomenti importanti nascondendoli
sotto il filtro dell'intrattenimento.
Provatelo e fatemi sapere, tanto si lascia guardare senza dare l'impressione di rubarvi del tempo.
Provatelo e fatemi sapere, tanto si lascia guardare senza dare l'impressione di rubarvi del tempo.
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