Lo spettatore #232- Un tipo non troppo bello: La Bambola Assassina (Child'sPlay, 1988)
Alzi la mano chi, negli anni trascorsi dalla sua uscita in sala, non ha mai visto La bambola Assassina. Fatemi vedere: siete piuttosto pochi, si direbbe. Ma anche se voi non potete saperlo, tra le mani alzate c’è pure la mia.
Mi sono sempre tenuto a distanza da
Child’s Play, forse perché, sotto sotto, ho sempre temuto fosse
una puttanata e con lo scorrere del tempo anche quelle hanno finito
con lo stancarmi.
Poi però il caro Jeff ha scelto di piazzarmelo nella videata dei consigli e, complice la perfetta durata per un incastro temporale, ho deciso che si, gli avrei dato un’opportunità
Sono finito fuori tempo massimo? Probabilmente si e posso confermare che il prodotto di Tom Holland è effettivamente una scemata. Ma sa divertire e questo è un pregio innegabile.
Poi però il caro Jeff ha scelto di piazzarmelo nella videata dei consigli e, complice la perfetta durata per un incastro temporale, ho deciso che si, gli avrei dato un’opportunità
Sono finito fuori tempo massimo? Probabilmente si e posso confermare che il prodotto di Tom Holland è effettivamente una scemata. Ma sa divertire e questo è un pregio innegabile.
Immagino i produttori di fine anni
ottanta intenti ad arrovellarsi su quale potesse essere la nuova
creatura assassina da inserire in uno slasher movie. Del resto tutto
il panorama mostruoso o quasi era già stato sfruttato, eppure il
genere sembrava ancora lontano dalla saturazione e occorreva
sfruttarlo fino all’ultima goccia.
È anche vero che di bambole assassine ne erano già piene le leggende, quindi è possibile che lo sceneggiatore Don Mancini, vera mente che muove il Tipo Bello chiamato Chucky, coltivasse questa ispirazione a prescindere dal mercato cinematografico di quell’epoca.
Fatto sta che l’idea gli è valsa una certa fama e un discreto gruzzolo, gonfiato da una sequenza di seguiti capaci di issare il bambolotto nel pantheon delle icone horror anni ottanta.
È anche vero che di bambole assassine ne erano già piene le leggende, quindi è possibile che lo sceneggiatore Don Mancini, vera mente che muove il Tipo Bello chiamato Chucky, coltivasse questa ispirazione a prescindere dal mercato cinematografico di quell’epoca.
Fatto sta che l’idea gli è valsa una certa fama e un discreto gruzzolo, gonfiato da una sequenza di seguiti capaci di issare il bambolotto nel pantheon delle icone horror anni ottanta.
Il film in se è un prodottino
divertente e facile da buttare giù, che gioca con qualche spavento
nella prima parte, ma che, come moti degli horror del periodo,
rinuncia all’inquietudine del genere preferendo concentrarsi
sull’azione e sulla guasconeria del cattivo, che comunque non è
ancora un comico da cabaret che deve dire la battuta a ogni
inquadratura. Anzi è un personaggio spietato e manipolatore capace
di incarnare (o implasticare, sarebbe meglio) il male che lo
possiede.
La bambola, dopotutto, di Tipo Bello ha solo il nome, perché le fattezze la rendono abbastanza disturbante di suo. Se poi consideriamo che a darle voce è Brad Dourif, uno dei cattivi più caratteristici del tempo, il discorso è completo.
La bambola, dopotutto, di Tipo Bello ha solo il nome, perché le fattezze la rendono abbastanza disturbante di suo. Se poi consideriamo che a darle voce è Brad Dourif, uno dei cattivi più caratteristici del tempo, il discorso è completo.
Bello anche lo sviluppo della trama,
con una prima fase nella quale solo il piccolo Andy può sentire
Chucky, che se approfitta senza pietà, trasformando un bimbo solo e
tendenzialmente triste in una macchina al suo servizio, conscio
dell’impossibilità degli adulti nel credere alle sue storie.
Lo sviluppo è intrigante, anche se non ha molto senso l’omicidio dell’amica di mamma che sembra messo lì solo per raccontarci quanto sia spietato Chucky, in una scena che comunque ha la giusta tensione e funziona bene.
Insomma, in compagnia di Chucky ci si diverte e il suo ruolo di mito è probabilmente giustificato. Non so se il tempo e i seguiti gli abbiano levato smalto. Ma magari me lo direte voi.
Lo sviluppo è intrigante, anche se non ha molto senso l’omicidio dell’amica di mamma che sembra messo lì solo per raccontarci quanto sia spietato Chucky, in una scena che comunque ha la giusta tensione e funziona bene.
Insomma, in compagnia di Chucky ci si diverte e il suo ruolo di mito è probabilmente giustificato. Non so se il tempo e i seguiti gli abbiano levato smalto. Ma magari me lo direte voi.
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