Lo spettatore #219- La nostra prima volta: Nico (Above The Law, 1988)

Che ci crediate o no, questa per me e Steven Seagal era la prima volta. Dovete infatti sapere (ma non è vero, non dovete proprio nulla, ricordatelo quando qualcuno ve lo dice) che i film picchiaduro non sono mai stati tra i miei simpatici. Quando vedevo quel faccione lì apparire sullo schermo, poi, la mia mano scattava con una velocità inattesa dal resto del corpo e cambiava canale senza che nemmeno tutti i pixel si fossero accesi.
Mi sono così immaginato che il buon Seagal non fosse altro che uno di quegli omoni col sogno della recitazione finito in filmacci da pochi soldi girati senza la minima ambizione in est Europa.
Invece no. É esistito un momento storico nel quale anche il colosso dal codino più nero che c'è ha avuto la sua occasione nelle parti nobili della collina.

Oddio, forse Nico non può essere definito il gioiello più luccicante nel diadema di Hollywood, anche se la presenza di due calibri come Sharon Stone e Pam Grier farebbero pensare al contrario. La verità è che la bionda e il suo altissimo QI erano ancora nella lunga fase di avvio di una carriera che di colpi veri ne avrebbe sparati pochissimi, mentre Grier, al contrario, cercava il suo posto dopo la fine della blaxploitation e il successo che da pantera nera e femminista era riuscita da ottenere. Il che rende il suo ruolo qui quasi umiliante, costretta com'è a fare da spalla lacrimosa a uno stoccafisso che non meriterebbe tanta benevolenza. Ma sapete quello che si dice tra le strade di Los Angeles (che io frequento abitualmente)? Pare che Seagal i film se li scriva da solo, quindi certe scelte si spiegano così. Aggiungeteci i debiti e i mutui da pagare e ogni figurina trova il suo posto nell'album.
Dietro la macchina da presa lo specialista Andrew Davis prova a far funzionare il materiale che gli hanno dato. Ma lo fa svogliatamente e senza il minimo trasporto.
Nico è un film brutto, tanto vale che lo dica subito, ma dare la colpa alla sola presenza di Seagal sarebbe come prendersela col bullo che fa casino quando tutta la classe è formata da criminali buoni solo per il riformatorio.
Steven comunque ha le sue responsabilità, ci mancherebbe altro. Se vi venisse il dubbio su fatto che abbia davvero scritto parte del prodotto, vi basterebbe guardare il pippone iniziale, nel quale ci viene mostrato mentre insegna giapponese ai giapponesi, italiano agli italiani, santità ai santi. Lui può ogni cosa, a quanto pare, escluso recitare. Una costruzione talmente piatta di un protagonista che probabilmente avrebbe fatto vergognare anche lo Stallone più innamorato di se stesso.
Per di più il regista (povero) si sforza in ogni modo di rendere questo soggetto empatico verso lo spettatore (povero) che assiste alle scene. Ma Nico non fa altro che menare le mani e picchiare ubriachi strafottenti in un bar. E non venitemi a raccontare che in realtà quel bar nascondeva chissà cosa, perché in quel momento Nico non lo sapeva, semplicemente gli prudevano le mani. C'era pure Michael Rooker in quel bar, che bisogno c'era di gonfiarlo in quel modo?
Insomma, Nico è più forte degli ubriachi, degli sgherri armati di mitragliatore, persino delle droghe che gli inietta la faccia di gomma di Henry Silva. Nico è imbattibile e non prende nemmeno uno schiaffo, sempre che non gli serva fare la vittima per far cascare i cattivi nella trappola.
Avete capito, un personaggio noiosissimo.
Non bastasse tutto ciò, l'aspetto estetico del film non fa nulla per farci dimenticare gli eccessi del protagonista. Prima ho mentito, Davis nemmeno ci prova a rendere intrigante il suo prodotto. Piazza una telecamera sul cavalletto, grida azione e va a fumare fuori dal set. Esattamente come il personaggio principale, la pellicola non ha un briciolo di grazia o di gusto estetico. Scorre grigia e piatta inquadrando Nico mentre mena qualche sberla oppure parla tutte le lingue del mondo con una padronanza invidiabile. Gli scontri non hanno un briciolo di senso, tanto che si usi le mani, i piedi o le pistole, nessuno riesce nemmeno solo a intimidire il protagonista. La sceneggiatura per procedere ricorre continuamente ad assurde coincidenze, messe per altro in modo così pigro da far sentire la forzatura come fosse il fischio di un freno consumato. Cercare di capire perché un prodotto così scadente sia stato capace di lanciare una carriera e aiutare a costruirne un'altra è un esercizio che rischia di farmi piombare nella dietrologia complottista.
Davvero, c'è qualcuno che potrebbe definire Above The Law un bel film?
Vero, si era nel periodo in cui le pellicole d'azione spruzzate di arti marziali stavano emergendo dalla scena muscolare della collina e probabilmente tutti stavano cercando il campione da schierare nell'arena. Alla Warner Bors qualcuno ha pensato che Seagal fosse l'uomo giusto, magari un pochino da sgrezzare, si saranno detti, ma l'uomo giusto.
Per paradossale che possa sembrare, per un periodo sarà proprio così e il codino più selvaggio del pianeta sfornerà prodotti anche costosetti e mi dicono piuttosto ben realizzati. Tutto questo prima del nuovo millennio e del limbo per il genere. Ma quello sarà un altro mondo e un altro Seagal.
Nonostante tutto Above The Law ha centrato l'obbiettivo, che non era quello di essere un buon film.



Commenti

  1. Io invece Nico l'ho visto solo di recente. Il mio primo film con Seagal è stato Programmato per uccidere.
    E buona pace per i critici, ma a me i film con Seagal piacciono sempre: non è che una pellicola deve essere per forza un pippone filosofico di 14 ore per essere eccellente.
    A volte ci vogliono anche dei bei film d'azione, come questi e altri.
    Ti abbraccio.

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    1. Sono d'accordo su questo, ma Seagal proprio non lo reggo. É più forte di me.

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