Iuri legge per voi: Lamento di Portnoy (Portnoy's Complaint, 1969) di Philip Roth


 

Nella mia sconfinata ignoranza mi ero abituato ad associare la figura di Philp Roth a una scrittura densa, a volte prolissa, sicuramente priva di ironia. La lettura dei suoi romanzi per me è sempre stata un'esperienza faticosa, che necessitava dei suoi tempi per essere assorbita. Storie che certamente non si dimenticano ma che non consiglierei come letture da ombrellone.
Poi ho incontrato questo Lamento Di Portnoy e sono rimasto travolto. Raccontato come fosse una seduta dallo psicanalista, il romanzo è pieno di ardore giovanile. Grazie a un ritmo travolgente, Roth non si perde mai e butta fuori tutto in un flusso umoristico che tiene incollati.
La storia è quella di un erotomane pentito che narra delle sue avventure più o meno sessuali. In realtà dentro c'è il contrasto di un uomo cresciuto da valori che ha imparato a rifiutare presto, ma dai quali è contaminato fino al midollo, tanto da non sentirsi mai pienamente parte di alcuna comunità.
Probabilmente si tratta di un libro con tanti tratti autobiografici (non si spiegherebbe il livello di dettaglio di certi frangenti), sui quali l'autore mette una forza caricaturale potente. Un personaggio certamente non facilissimo, però abbastanza spiritoso da smussare gli angoli acuti.
Ma soprattutto un libro scritto senza il timore di offendere, e perciò onesto fino in fondo, che piaccia o meno.
Ma del resto che Roth non fosse retorico lo avevo già capito. Qui scava nei difetti di un certo tipo di brava gente con l'irruenza del distruttore, altrove sarà più portato a costruire.
Se volete, io direi che una letta ci starebbe. Sai mai che ci scappano pure due risate.

Commenti

  1. Forse è l'unico libro di Roth che ho letto senza pensare "che palle, non arrivo fino in fondo".
    Tanta roba, devo ammetterlo.
    Ti abbraccio.

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