Iuri legge per voi: Il Fu Mattia Pascal (1904) di Luigi Pirandello

A chi non è mai successo di sognare una vita nuova per fuggire da tutto, andandosene senza voltarsi, gettandosi nell'ignoto dando sfogo ai propri sogni sopiti dalla quotidianità?
Ecco, Il Fu Mattia Pascal parla proprio di questo e di come, forse, lasciarsi semplicemente tutto alle spalle possa non essere la soluzione migliore.
Mattia Pascal è un uomo che si è messo nei guai da solo, agendo per ripicca e dovendo subire le conseguenze di un atto avventato provocato dalla baldanzosa gioventù. Gli errori si pagano, anche e soprattutto se commessi senza pensare alle conseguenze delle proprie azioni. Ma Pascal improvvisamente si ritrova per le mani la possibilità di scappare dalle proprie responsabilità e da una famiglia non voluta che gli rende la vita miserabile.
Una consistente vincita al gioco e il ritrovamento di un cadavere che in paese tutti confondono con lui e Mattia Pascal diventa Adriano Melis, uomo senza passato che si ritrova davanti un foglio bianco sul quale scrivere la propria vita.
Un gioco che funziona, almeno fino a quando gli avvenimenti portano allo scoperto il trucco e Melis deve fare i conti con un passato inesistente. Allora dovrà morire di nuovo per lasciare il posto al redivivo Pascal, pronto a tornare in paese ad affrontare le sorprese che lo stanno attendendo.
Tutto condito da una dose di commedia nera, che da un lato fa sorridere degli equivoci che una situazione del genere porta con se, ma dall'altro non dimentica di sottolineare la cupezza che sta alla base di tutta la vicenda.
Quella che spinge Mattia Pascal alla fuga è una situazione figlia dell'imprudenza del protagonista, ma è anche una di quelle strade senza uscita in cui molti si trovano a vagare, schiacciati dall'evidenza di una vita finita dentro un buco ancora prima di poter dare il meglio.
Ma c'è anche l'oscurità sempre più profonda nella quale finisce Adriano Melis, che sulle prime se la gode sfruttando il denaro ottenuto in premio e la totale assenza di catene, ma che poi finisce per portare con se un vuoto impossibile da riempire. Perché Melis è solo una proiezione che non ha nessuna possibilità di attaccarsi alla realtà. Una vita fasulla lo imprigiona, costringendolo a scomparire rinunciando anche all'amore onesto verso una fanciulla.
Anche se, per conto mio, quello di Melis verso la giovane Adriana non è un sentimento autentico, quanto un riflesso costruito talmente bene da sembrare reale anche al protagonista. Dopotutto, quando ne avrebbe la possibilità, non fa nulla per andare a riprendersi la bella.
In fondo il finale parla chiaro. Adriano torna Mattia e va al paese per recuperare se stesso. Solo che non trova più nulla di disponibile, perché le cose nel frattempo sono andate avanti. Una conclusione che potrebbe essere triste, oltre che inevitabile, con un personaggio ormai solo e senza prospettive.
Ma Pirandello comprende benissimo le motivazioni di Mattia Pascal e in realtà con questo epilogo lo premia. Quando dice la sua ultima frase pensando alla lapide da mettere sulla propria tomba, Mattia Pascal non è rassegnato o triste, anzi. E' brillante al punto di fare una battuta. Perché ora è un uomo davvero libero, privo di responsabilità e titolare di un'identità concreta che non lo costringerà mai più a tutti i sotterfugi messi in piedi a Roma.
Un romanzo divertente che si chiude con un lieto fine piuttosto particolare. Da leggere perché mette su carta una scrittura ricca che non esiste più, ma che può ispirare, grazie al suo modo di essere alta eppure facilmente fruibile.
Insomma, immagino lo conosciate già tutti, ma un altro giro fateglielo fare.

Commenti

  1. Su questo romanzo, paragonandolo alla duplicità di Anakin Skywaler/Darth Vader, ho strutturato parte della mia tesi di liceo e devo dire che ha avuto un grande successo.
    Insieme a La coscienza di Zeno (di Svevo) è uno dei miei romanzi preferiti.
    Ti abbraccio.

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    1. Un paragone intrigante il tuo. Sarebbe interessante approfondire.

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