Natale in casa Iuri
Tra me e lo spirito
natalizio si combatte una battaglia logorante che si protrae ormai da
anni. Certo, si farebbe presto a dire che il sentimento di gioia che
caratterizza il periodo delle feste inaridisce naturalmente dentro al
cinismo dell'età adulta. Ma non so mica se stia tutta lì la
questione.
Come sapete se mi leggete
da un po', io sono quel tipo che si vede il film di Natale
nel pieno del periodo estivo, quasi ad esorcizzare i terribili demoni
spagnoleggianti che infestano la dannatissima stagione.
Non so dirvi se la mia sia nostalgia per quei giorni lontani. Anche perché, puntuali come le tasse, alla fine quei giorni arrivano per davvero e non è che mi trovino ad accoglierli con le braccia aperte e gli occhi a cuore.
Eppure quando ero bambino dicembre lo adoravo. Mi pareva la realizzazione plastica di un sogno. Tutto si colorava di cieli stellati. Il mondo era ricoperto di soffice neve (anche se io non ho mai visto un fiocco a dicembre, o quasi). Ogni cosa, insomma, concorreva alla magia di un momento che anelavo per buona parte dell'autunno (almeno).
Dov'è finita tutta quella dolcezza adesso Iuri? Cosa diavolo sei diventato, stupido e cinico e rozzo essere privo di sentimento umano? La risposta alla prima domanda è legata a una questione molto più prosaica rispetto alla manfrina del tutti più buoni e tra un po' ci arriviamo. La risposta alla seconda, invece, avrebbe forse bisogno dell'aiuto di un professionista, ma credo si leghi in qualche modo alla prima.
Il punto è che il 25 mattina sotto l'albero c'erano i regali. Tutto il resto faceva parte di un contorno costruito per rendere l'attesa ancora più febbrile.
Non so dirvi se la mia sia nostalgia per quei giorni lontani. Anche perché, puntuali come le tasse, alla fine quei giorni arrivano per davvero e non è che mi trovino ad accoglierli con le braccia aperte e gli occhi a cuore.
Eppure quando ero bambino dicembre lo adoravo. Mi pareva la realizzazione plastica di un sogno. Tutto si colorava di cieli stellati. Il mondo era ricoperto di soffice neve (anche se io non ho mai visto un fiocco a dicembre, o quasi). Ogni cosa, insomma, concorreva alla magia di un momento che anelavo per buona parte dell'autunno (almeno).
Dov'è finita tutta quella dolcezza adesso Iuri? Cosa diavolo sei diventato, stupido e cinico e rozzo essere privo di sentimento umano? La risposta alla prima domanda è legata a una questione molto più prosaica rispetto alla manfrina del tutti più buoni e tra un po' ci arriviamo. La risposta alla seconda, invece, avrebbe forse bisogno dell'aiuto di un professionista, ma credo si leghi in qualche modo alla prima.
Il punto è che il 25 mattina sotto l'albero c'erano i regali. Tutto il resto faceva parte di un contorno costruito per rendere l'attesa ancora più febbrile.
Non
a caso per me il Natale vero, il culmine della festa, è sempre stato
il 24. La vigilia rappresentava il momento di trepidazione massima,
quel giorno in cui davvero potevo fare lo sforzo di sentirmi più
buono, che tanto ero contento come una Pasqua (ironia della sorte) e
distribuivo gocce di gioia anche in giro, tanto ne detenevo in
abbondanza. Averne messa in banca qualche stilla forse oggi sarei un
uomo diverso. Ma probabilmente no.
Tutta la preparazione giungeva a compimento la sera della vigilia dopo un mese di cataloghi con le stelline, zeppi di giocattoli da adorare. Libricini creati dai diabolici geni del marketing, pronti a sfregarsi le mani di fronte ai guadagni più lauti dell'anno. Assortimenti che forse contenevano almeno qualcuno dei regali che l'indomani avrei finalmente spogliato dai loro sontuosi abiti di carta. Poi si, c'erano i film pieni di buoni sentimenti, le recite scolastiche, le canzoncine e la voglia di essere bravi e cari. Ma lo scopo era quello, inutile mentirvi.
Il 25 invece già era finito tutto. Toccava fare la processione tra i parenti, momento che mi distoglieva dal rapporto con le mie nuove cose, che mi aspettavano a casa e che io volevo sfruttare da subito. Che tanto dopo un paio di giorni avrei ripreso tranquillamente la mia routine e di tutta questa storia mi sarei dimenticato.
Sono un figlio della mia epoca. Non sono cattivo. Se lo fossi stato mi sarei buttato in politica e allora si che mi temereste.
Tutta la preparazione giungeva a compimento la sera della vigilia dopo un mese di cataloghi con le stelline, zeppi di giocattoli da adorare. Libricini creati dai diabolici geni del marketing, pronti a sfregarsi le mani di fronte ai guadagni più lauti dell'anno. Assortimenti che forse contenevano almeno qualcuno dei regali che l'indomani avrei finalmente spogliato dai loro sontuosi abiti di carta. Poi si, c'erano i film pieni di buoni sentimenti, le recite scolastiche, le canzoncine e la voglia di essere bravi e cari. Ma lo scopo era quello, inutile mentirvi.
Il 25 invece già era finito tutto. Toccava fare la processione tra i parenti, momento che mi distoglieva dal rapporto con le mie nuove cose, che mi aspettavano a casa e che io volevo sfruttare da subito. Che tanto dopo un paio di giorni avrei ripreso tranquillamente la mia routine e di tutta questa storia mi sarei dimenticato.
Sono un figlio della mia epoca. Non sono cattivo. Se lo fossi stato mi sarei buttato in politica e allora si che mi temereste.
Giorni
nostri, un ventisette dicembre qualsiasi: passeggio attraverso uno di
quei villaggetti a tema che allestiscono per i bambini e mi rendo
conto che anche stavolta il Natale è andato.
Una canzoncina scampanellante prova a mantenere viva l'atmosfera e nell'aria si sente un odore dolce. Io, però, come quasi tutti i ventisette dodici che son atterrati sul pianeta, mi trovo a fare i conti con una speciale amarezza. Non so definirla in modo pratico. So solamente che il Natale è passato e mi sento orfano di una magia che non ho nemmeno vissuto.
Oggi i doni li scambio solo con persone veramente speciali e il gusto è assai diverso. Si tratta di un atto razionale, totalmente privo di tutto l'alone che circondava l'evento ai bei tempi andati.
Se fossi un tizio romantico potrei sostenere che in realtà lo spirito natalizio è meno forte perché si dilata in tutto l'anno, almeno con le persone a cui voglio bene. Ma sarebbe una stupidaggine alla quale non credo nemmeno io.
Il punto è che senza i giocattoli nascosti nei loro pacchi colorati, i cataloghi con le stelle e la neve disegnata nei fumetti, quelle sensazioni semplicemente non esistono più. Prima o poi me ne farò una ragione e il ventisette smetterò di guardare il villaggetto di Babbo Natale con l'amara sensazione di essermi perso qualcosa.
Una canzoncina scampanellante prova a mantenere viva l'atmosfera e nell'aria si sente un odore dolce. Io, però, come quasi tutti i ventisette dodici che son atterrati sul pianeta, mi trovo a fare i conti con una speciale amarezza. Non so definirla in modo pratico. So solamente che il Natale è passato e mi sento orfano di una magia che non ho nemmeno vissuto.
Oggi i doni li scambio solo con persone veramente speciali e il gusto è assai diverso. Si tratta di un atto razionale, totalmente privo di tutto l'alone che circondava l'evento ai bei tempi andati.
Se fossi un tizio romantico potrei sostenere che in realtà lo spirito natalizio è meno forte perché si dilata in tutto l'anno, almeno con le persone a cui voglio bene. Ma sarebbe una stupidaggine alla quale non credo nemmeno io.
Il punto è che senza i giocattoli nascosti nei loro pacchi colorati, i cataloghi con le stelle e la neve disegnata nei fumetti, quelle sensazioni semplicemente non esistono più. Prima o poi me ne farò una ragione e il ventisette smetterò di guardare il villaggetto di Babbo Natale con l'amara sensazione di essermi perso qualcosa.
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