Didier

Di recente si è celebrato il quarantennale di una tragedia sportiva capace di segnare per sempre gli appassionati delle corse: il folle incidente che ci strappò Gilles Villeneuve.
Tutti hanno trattato l'argomento, perché giustamente il canadese rimane un'icona della Formula 1 grazie a quel suo modo istintivo di affrontare la velocità. In molti si sono soffermati anche sui fatti antecedenti alla tragedia; Imola, il duello degli ultimi giri, il famigerato cartello Slow.
Nei decenni che sono seguiti a quelle due settimane, spesso ci siamo adagiati sul concetto di tradimento, perché Gilles pensava questo del Gran Premio di San Marino 1982. Siamo rimasti con la sua espressione oscura impressionata nelle videocassette, convinti che, sotto sotto, fu proprio quella grande amarezza a provocare l'inaudito schianto sul parapetto esterno del Terlamenbocht.
Io quest'anno mi sono chiesto (e non per la prima volta) cosa pensasse Pironi di tutto ciò che accadde in quelle infauste settimane. Anche se nemmeno lui, purtroppo, è qui per dircelo.

Quello che manca è un confronto diretto tra i due. La possibilità di analizzare a mente gelida i fatti che precedettero Zolder, quindi ci siamo abituati a emettere una sentenza.
Il punto è che nessuno può illudersi di sapere chi fosse davvero Gilles Villeneuve, tranne chi lo ha conosciuto direttamente. In tante interviste emerge la figura di un uomo con un carattere trasparente, ma anche piuttosto introverso e difficile, al contrario di quello che verrebbe da pensare vedendolo guidare un'auto da corsa. Più complicato trovare resoconti sulle caratteristiche di Pironi, fin troppo ignorato dalla narrazione. Eppure, nei pochi stralci che mi sono capitati tra le mani, mi pare di intuire l'immagine di un tipo spigliato, amante della bella vita e piuttosto incline alla risata.
I fatti di Imola furono percepiti dai due piloti in maniera opposta. Quello che per uno rappresentava un tradimento imperdonabile, per l'altro era solo un episodio di gara, una delle prime di una stagione che poteva regalare molte soddisfazioni.
Ci fu un'incomprensione quel giorno a Imola, nessuno lo mette in dubbio. Pironi sostenne che tutto fu avviato da un errore di Villeneuve, che cambiò il senso del cartello Slow. Non è facile sapere a cosa si riferisse il francese. In alcune immagini si vede Gilles andare largo alla Rivazza 1 e mettere due ruote sull'erba, con Pironi nella sua scia che, quasi per evitarlo, finisce per passargli davanti. Ma quelle sequenze sono state tagliate e riproposte decine di volte nel corso degli anni e, a meno di possedere la registrazione originale della corsa, è davvero difficile dire se il momento indicato da Didier fosse proprio quello.
Ciò che conta è che Pironi non si aspettava una reazione così forte da parte del compagno di squadra. Il francese aveva fame dopo un primo anno in rosso da comprimario e magari anche qualcosa da dimostrare. Gilles invece i gradi di capitano se li sentiva cuciti addosso, specialmente dopo la stagione 1979 e il gesto di Monza, con il quale consegnò il mondiale a Jody Scheckter. In questo senso, più ancora del tradimento di Pironi, a fargli male fu la neutralità della squadra, che se avesse gestito le cose con più tatto, magari, sarebbe riuscita a calmare la furia del suo campione.
Difficile comunque affermare che l'incidente fu causato da questo. Certamente Gilles era scuro nell'anima dopo i fatti del Santerno. Ma non si può sottovalutare come Zolder fosse un circuito scadente in fatto di sicurezza, o che Mass andasse troppo piano, anche per un giro di rientro. Ne che Villeneuve viaggiasse fin troppo veloce, ma quello succedeva sempre.
Quello che mi colpisce è il senso di colpa che afflisse Pironi dopo quella tragedia. Da ciò che sono riuscito ad apprendere, le cronache parlano di un uomo distrutto, che, forse anche a causa della stampa, non riuscì mai a riprendersi del tutto dallo schock.
Un pilota sfortunato, per di più, che pochi mesi dopo l'incidente di Villeneuve subì un impatto dalla dinamica paurosamente simile, che gli disintegrò gambe e carriera e che trovò la morte in una gara di motonautica offshore a una manciata di anni dalla tragedia di Zolder.
Di questo vorrei sentire parlare ora a tanto tempo da quei fatti. Mi piacerebbe sapere chi era veramente Didier Pironi, un friulano prestato alla Francia che sperava di vivere un sogno colorato di rosso e che, dopo averlo toccato, si è ritrovato in un incubo oscuro del quale ancora oggi molti lo considerano unico responsabile.
Pironi era un pilota e come tutti i suoi colleghi aveva fame. Un giorno a Imola ha provato a saziarsi e per questo non è stato perdonato.
Un esito crudele, forse ancora più di quello capitato al suo illustre compagno, che in fin dei conti se ne è andato come aveva sempre vissuto.  


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