CDC #184- Non si può sfuggire alle telecamere: Security (2021)

Chissà in quanti hanno abboccato all'amo gettato da Sky. Del resto Marco D'Amore è un'esca succulenta per tutti quei banchi di spettatori che per anni ne hanno seguito le gesta sulla televisione satellitare (e non solo).
Tuttavia io sono diverso. Credo di essere uno dei pochissimi pesci a non aver mai nuotato nello stagno di Gomorra e credetemi quando vi dico che per me costui è uno sconosciuto.
A richiamarmi davanti allo schermo sono stati invece gli autori di quest'opera, che, almeno da quanto ho capito, sono gli stessi di Capitale Umano, film che annovero tra i miei favoriti degli ultimi anni.
Comunque sia il concetto non appare gran che diverso. In fin dei conti ho abboccato pure io.
Se Il Capitale Umano mi è piaciuto così tanto è soprattutto per l'equilibrio con il quale sono stati gestiti i personaggi. Persino la soluzione del giallo rispecchia questo tratteggio, lasciandosi dietro un sapore agrodolce che è la vera fortuna dell'opera di Virzì (regista che tra l'altro non amo particolarmente).
Inutile nascondervi che lo stesso tipo di approccio speravo di trovarlo in Security, un prodotto che immaginavo meno raffinato, ma certamente pregno di potenziale noir. Invece qui si è scelta una strada diversa. In Security i cattivi sono palesi, grotteschi come ce li si immagina e pure perversi, che non guasta mai.
Con tali presupposti tutto il giochino di scoprire il colpevole si esaurisce abbastanza in fretta. Perché gli autori ci spiattellano in faccia un disgraziato pieno di vessazioni subite rendendoci platealmente partecipi della caccia all'innocente che si scatena contro di lui. Per mostrarci il farabutto attendono un po', invece. Lo fanno entrare in campo piano piano, pur affidandolo a un artista celebre. Ma appena lo conosciamo un pochino diventa ovvio il suo ruolo nella faccenda.
Poi si, ci sta che Chelsom non sia Virzì. Ma la mia impressione è che, a questo punto, il danno appaia già bello che fatto.
Io vivo in una località di mare e conosco lo stacco che esiste tra l'affollata estate e il deserto inverno. Se nella bella stagione questi posti si presentano come carnai pieni di gente sudata che si struscia e condivide una promiscuità quasi oltraggiosa, con i primi freddi si trasformano in villaggi post-apocalittici degni del più crudo dei film a tema zombi.
Dal mio punto di vista questa caratteristica poteva trasformarsi in un'arma in più, utile magari a costruire un'atmosfera minacciosa che avrebbe giovato molto a un racconto di questo genere.
Invece Chelsom colora il Forte come fosse l'ennesima periferia metropolitana, rendendolo universale e spogliandolo della peculiarità che poteva giustificare la scelta dell'ambientazione.
Fatti due conti, la mia impressione è che si sia andati a Forte Dei Marmi solo perché d'inverno c'è meno gente in giro e con il Covid a rompere le palle fosse più semplice girare.
Ma chissà, magari a quei tempi il virus nemmeno esisteva.
Ci si è anche lasciati un po' sfuggire l'opportunità di dare al protagonista un filo di carattere. Non che l'idolo D'Amore non sia in grado. Tuttavia un tizio tormentato dall'insonnia e dalle allucinazioni che ne derivano potrebbe trovarsi di fronte a qualche dubbio supplementare, dico io. Un dualismo tra ciò che vedono gli occhi e ciò che impressionano le telecamere, ad esempio. Qualche sgambetto mentale generato dallo scarso sonno del nostro eroe. Magari un paio di equivoci che lo sbattano fuori strada e ne ostacolino le indagini.
Poi va bene, c'è Bentivoglio che gigioneggia, Muccino che muccineggia e tutta una serie di situazioni che dovrebbero intrecciarsi all'interno di una storia che vorrebbe mostrarsi corale. Ma non so.
Insomma, se non si fosse ancora capito, a me Security non è piaciuto poi troppo.
Per carità. Ci sta che mi sia approcciato male io al prodotto e che abbia cercato nel film una serie di caratteristiche non previste dagli autori. Magari la pellicola qualcosa da dire ce l'ha e a me è sfuggito. Se così fosse delucidatemi, perché io proprio non ci arrivo.
Piuttosto mi è rimasta l'impressione che per l'ennesima volta una piattaforma spinga forte su un proprio prodotto originale mancando l'obbiettivo. Succede spesso questa cosa, in particolare con il cinema. Un peccato secondo me, perché i contenuti originali potrebbero rappresentare una valida alternativa alle produzioni di medio livello e, di conseguenza, uno slancio per tutto il movimento.
A me piacerebbe crederci a questa cosa. Ma mi sa che sono un boccalone.




Commenti