Iuri legge per voi: Later (2021) di Stephen King

 A volte non sai quello che lasci finché non lo ritrovi. Lo so, come massima fa pietà, ma non saprei come altro descrivere il mio approccio con un'opera recente di Stephen King dopo un bel po' di latitanza.
A me piace variare molto tra le letture e tento di non fare troppo affidamento sui generi rifugio. Ho una predilezione per il noir (meglio il classico e sporco hard bolied), mi piace la fantascienza, non disdegno l'horror, ma tendenzialmente tendo a leggere di tutto, perché una storia scritta bene funziona a prescindere da ciò che racconta.
Tuttavia il Re rimane il Re. Uno di quelli che mi hanno avviato alla lettura e che ancora mi accompagnano in ore impensabilmente liete.
Naturale quindi che ci sia un aspetto sentimentale nel ritrovare il suo stile tra le pagine. Ma comunque resta uno che le storie le sa scrivere, su questo non accetto obiezioni.

Later è un libro dalla trama lineare, con pochi personaggi e una direzione dritta come una lama, il che per il nostro, se non esattamente una novità, rappresenta un'eccezione. In più è insolitamente breve, almeno per gli standard di King.
Colpisce l'evoluzione del linguaggio che si sviluppa all'interno dell'opera. La storia è narrata in prima persona da Jamie, il protagonista della vicenda, che sulle prime è un bambino, ma che è destinato a crescere nel corso del romanzo. King abbraccia l'idea in un modo un po' particolare. Se anche il tizio ci racconta tutto a eventi conclusi, il suo stile cambia con il passare delle pagine. Ciò immedesima il lettore nelle varie fasi della vita di Jamie, costruendo con lui un'intesa molto particolare.
Certo, quella che ci troviamo di fronte non è la storia fatta di sottotesti che a volte King ci ha fatto amare. Eppure, per una volta, il Re sembra rinunciare a quel sottile ottimismo che le sue opere nascondono sotto le macerie. La rivelazione finale è un colpo gobbo che da King proprio non mi aspettavo. Uno schiaffo ai personaggi per i quali abbiamo tifato per tutto il racconto, a dimostrazione che la perfezione non esiste nemmeno nel suo universo.
Insomma, in un modo o nell'altro, il Re colpisce ancora. Alla faccia di tutti quelli “che ormai non scrive più storie come ai bei tempi”.
Later, nel suo essere breve ed essenziale, ci dice che di Stephen King ce ne sono troppo pochi,
ahimé.  

Commenti

  1. L'ho letto, ma appunto per la mancanza di sottotesti non è riuscito a fare breccia in me come altre opere. Non è male, per niente, però gli mancava qualcosina.
    Ti abbraccio.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Io me lo sono goduto, proprio grazie alla sua leggerezza.

      Elimina

Posta un commento