Iuri legge per voi: La Scopa Del Sistema (The Broom of the System, 1987) di David Foster Wallace

Pensare che David Foster Wallace sia riuscito a scrivere La Scopa Del Sistema a 24 annimi fa quasi rabbia. Io a quell'età a malapena sapevo contarmi le dita dei piedi e raramente ottenevo lo stesso risultato tra un tentativo e l'altro. Certo, se penso al lato oscuro della sua luna, in effetti, mi chiedo se il talento valga il prezzo che costa, ma questo è un altro discorso.
Ad ogni modo, il romanzo di oggi mi piace talmente tanto che, nonostante le sue notevoli dimensioni, me lo sono ripassato per tre volte.
Un libro grosso, che pure scivola via dalle mani per quanto riesce ad essere brillante. I suoi personaggi grotteschi, le sue situazioni assurde, il suo modo di descrivere scanzonato.
Vero, nella seconda parte il ritmo della vicenda tende a sedersi un pochettino. Ma potrebbe dipendere anche dal fatto che il dirompente effetto sorpresa vada un poco ad esaurirsi.

Comunque esiste un motivo specifico che mi ha invogliato a riprendere in mano il tomo per la terza volta. Un particolare al quale mi veniva da pensare anche durante letture meno fortunate sotto quel punto di vista.
Ho voluto rileggere il romanzo per godermi lo stile dei dialoghi.
La brillantezza e la comicità sono arti che difficilmente si imparano, perché appartengono al bagaglio culturale di chi se le può permettere. Invece la gestione delle tecniche è una cosa che si può rubare. Che si deve rubare.
Non so se succede anche a voi, ma io non disdegno, talvolta, di avventurarmi tra i racconti degli esordienti. Ovvio, in certi casi tocca rinunciare perché il prodotto è semplicemente illeggibile. Ma in altri si nota una certa conoscenza del linguaggio e della struttura una narrazione vincente. Tuttavia spesso si cade nelle lungaggini.
Dove questo problema si manifesta con più frequenza è nella gestione dei dialoghi, oblunghi, poco interessanti e noiosi. Ciò, secondo me, deriva dalla convinzione che i personaggi di un romanzo debbano parlare come le persone reali. Ma una conversazione letteraria per funzionare non può perdersi in botta e risposta privi di costrutto.
Un dialogo serve per delineare personaggi e situazioni e ha bisogno di ritmo per poter andare avanti.
La Scopa Del Sistema, a mio parere, è un ottimo esempio di quello che intendo. Parole giuste messe in bocca ai personaggi, zero sprechi d'inchiostro e una credibilità che non per forza punta sul realismo.
Rick Vigorous si prende tempo per narrare uno dei suoi racconti, mentre Lenore piazza una battuta che fa contesto, orienta la scena nello spazio e costruisce un ambiente senza bisogno di lunghe descrizioni fuorvianti. Le sedute dal dottor Jay con la sordità dello psicanalista alle parole del paziente e le esclamazioni di quest'ultimo alle assurdità del dottore sono uno spasso. Basta un gesto, una parola, un piccolo movimento e il quadro si completa da solo.
Ovvio, non sono conoscenze che si apprendono in un attimo. Ma revisionando i testi e sforzandosi di tagliare tutto ciò che non è indispensabile, i risultati arrivano.
Diventare David Foster Wallace non è un obbiettivo praticabile. Però provarci si può. Quindi, se vi piace scrivere e avete in testa un racconto, leggete questo libro. Io sono sicuro che vi aiuterà.
Ma anche se siete dei lettori incalliti senza velleità di scrittura fatevi questo favore. La Scopa Del Sistema rimane un testo splendido, qualsiasi cosa vogliate trarre da esso.

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