CDC #174- Il mondo in un bar: Bar Sport (2011)

Una sera, immerso nella noia mi ritrovai nella selva oscura dei canali satellitari a pagamento. Nel mio peregrinare finii un paio di volte per assistere a qualche scena di Bar Sport, pellicola della quale ignoravo l'esistenza e che, devo ammettere, stuzzicò le mie membrane.
Insomma, diedi fondo al mio impegno e al termine di quella che sembrava una serata pigra come tante altre, andai a letto con una nuova visione messa in archivio.

A colpirmi di quei brevi frammenti fu soprattutto la sensazione di anarchia che mi lasciarono dentro. Un'attitudine che probabilmente arriva diretta dal romanzo di Stefano Benni dal quale il film è stato tratto. Ammetto di non aver letto molto di tale autore (cosa della quale mi pento), ma da quanto ho capito era uno che sapeva lasciar andare l'immaginazione verso limiti ignoti alla massa.
Scegliere di trattare un testo del genere consente a Massimo Martelli di sfruttare quel registro e realizzare una pellicola si tramuta in una sequela di episodi bizzarri, arricchiti da scelte stilistiche alquanto peculiari.
Il regista sfrutta un buon arsenale, fatto di colori, ambientazione non troppo caricaturale (con gli anni settanta il rischio c'è), montaggio rapido (troppo a volte) e intermezzi animati che arricchiscono alcune delle storie portate in scena.
Nel complesso parliamo di un'opera che possiede il notevole merito di far star bene lo spettatore, piena com'è di momenti piccoli raccontati con l'esaltazione dell'evento. Perché in un paesino di poche anime, soprattutto in un'epoca priva dei gingilli moderni, il Bar Sport rappresenta il centro di tutto l'universo.
Vero, magari non tutti gli episodi raccontati coinvolgono allo stesso modo, anche perché la qualità degli interpreti sullo schermo è spesso altalenante.
Come contraltare a Claudio Bisio e Giuseppe Battiston, ormai navigati frequentatori del set cinematografico, abbiamo personaggi ignoti che paiono quasi imbarazzati davanti alla cinepresa e che tolgono qualcosa al risultato finale.
Inoltre parliamo di una pellicola distribuita nel 2011, in piena era Zelig e con i cabarettisti televisivi protagonisti praticamente ovunque. Per quanto gente come Teo Teocoli e Anna Finocchiaro diano del tu all'obbiettivo e sappiano gestire da buoni caratteristi la loro parte, altri volti più o meno noti hanno nel palcoscenico il loro terreno di caccia. Messi dentro qui appaiono un po' spaesati, non sembrano tenere bene i tempi comici e, privati della potenza dell'improvvisazione, restano inchiodati ai loro personaggi icona. Che poi è forse il vero motivo per il quale sono stati chiamati. Portare la gente al cinema sfruttando l'aggancio del successo televisivo. Il botteghino spesso ringrazia.
Mi sono fatto l'idea che girovagando tra i canali alla fine mi sia costruito da solo uno di quei trailer che incorporano le parti migliori del film. Fuori da quei due o tre momenti davvero riusciti, la pellicola fatica a prendere, persa nel gioco anarchico di Benni che, almeno in questo caso, fuori dalla pagina non riesce così spontaneo come si vorrebbe.
Potremmo considerare Bar Sport come un esperimento. Un tentativo di dare alla commedia, a quei tempi incrostata nelle trame scollacciate e scoreggianti dei cinepanettoni, un nuovo impulso per riportarla al suo splendore più semplice e irriverente.
Se si fosse continuato a battere la strada per conto mio qualcosa si poteva anche ottenere, perché Bar Sport è un film che sa essere godibile, al di là dei suoi palesi difetti.
Ma invece niente.




Commenti

  1. Il film non l'ho visto, ma il libro l'ho letto e ti assicuro che come tutte le opere di Benni, autore che amo molto, è sempre denso di significato, ironia sottile e anche sentimenti che fanno riflettere.
    Se ti riesce, leggi altri libri di Benni.
    Ti abbraccio.

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    1. E' una promessa che mi sono fatto quella di leggere il suo materiale.

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