CDC #169- Il disagio: Miami Vice (2006)
Esiste una categoria di
persone che, se possibile, detesto anche più delle altre. Sono
quelli che ti guardano con espressione imperturbabile dicendo cose
strane che non sai se siano seri o ti stiano prendendo in giro. Non
capisco che piacere provi certa gente a spargere disagio nel
prossimo.
Ad ogni modo oggi parliamo di Miami Vice.
Ad ogni modo oggi parliamo di Miami Vice.
In questo momento mi
piacerebbe atteggiarmi a sapiente e dirvi senza remore che conosco
tutto quanto c'è da sapere sulla nota serie TV cui si fa
riferimento. Tuttavia mi trovo costretto ad ammettere di non aver mai
visto una puntata del telefilm in questione, probabilmente a causa di
una reazione avversa a quelle enormi spalline e alle giacche pastello
che le avvolgevano.
Due singoli concetti sono riusciti a trovare posto tra i meccanismi arrugginiti del mio cervello: l'estetica del lusso anni ottanta spinta così al limite da sembrare la parodia di se stessa e la presenza tra gli autori di Michael Mann, uno a cui la televisione moderna deve parecchio.
Non mi stupisce che a vent'anni dai giorni belli il regista abbia deciso di rimettere mano al marchio. Dopotutto Mann è un direttore che ha fatto dell'eleganza la sua firma e Miami Vice era una serie che proprio su tale virtù faceva perno. Anche se oggi non si direbbe, perché i gusti cambiano e qualche volta persino in meglio.
Due singoli concetti sono riusciti a trovare posto tra i meccanismi arrugginiti del mio cervello: l'estetica del lusso anni ottanta spinta così al limite da sembrare la parodia di se stessa e la presenza tra gli autori di Michael Mann, uno a cui la televisione moderna deve parecchio.
Non mi stupisce che a vent'anni dai giorni belli il regista abbia deciso di rimettere mano al marchio. Dopotutto Mann è un direttore che ha fatto dell'eleganza la sua firma e Miami Vice era una serie che proprio su tale virtù faceva perno. Anche se oggi non si direbbe, perché i gusti cambiano e qualche volta persino in meglio.
Del resto ci siamo oramai
abituati al ripescaggio dei classici. Magari nel 2006 l'operazione
poteva ancora risultare originale, ma il tempo ci ha insegnato quanto
la pigrizia di Hollywood (unita all'avversione del pubblico per il
materiale fresco) sia ormai il valore principale sul quale fondare
una produzione milionaria. Anche se nella maggioranza dei casi questi
prodotti per non apparire goffi si affidano a un'ironia manifesta,
qualità che Mann ha raramente dimostrato di possedere.
Non a caso in Miami Vice a brillare è il comparto estetico, con scene d'azione dal gusto sopraffino e scontri a fuoco che riescono sempre a ballare tra lo spettacolare e l'asciutto, raggiungendo un equilibrio che pochi possono vantarsi di saper costruire.
Il problema è che esiste anche una sceneggiatura e quella, ve lo dico fuori dai denti, proprio non mi è piaciuta.
Non a caso in Miami Vice a brillare è il comparto estetico, con scene d'azione dal gusto sopraffino e scontri a fuoco che riescono sempre a ballare tra lo spettacolare e l'asciutto, raggiungendo un equilibrio che pochi possono vantarsi di saper costruire.
Il problema è che esiste anche una sceneggiatura e quella, ve lo dico fuori dai denti, proprio non mi è piaciuta.
Nel momento di decidere
cosa fare di questo Miami Vice la scelta dei produttori è caduta sul
un puntatone della serie originale. Quindi: una trama semplice, tanti
oggetti costosi, abiti eleganti e una coppia di poliziotti che non
teme il lato oscuro della favola.
Michael Mann, che la sceneggiatura l'ha scritta, solitamente sa gestire piuttosto bene i ritmi delle sue opere. Tra una sparatoria e un inseguimento girati con gran classe il nostro è solito prendersi tutto il tempo necessario per illustrare i personaggi a schermo. Lunghe pause, se volete, ma solitamente arricchite da una certa intensità che si bilancia perfettamente con l'azione.
Qui invece niente. Due protagonisti scialbi, un intreccio assai prevedibile e una storia d'amore buttata giù come fosse un romanzo Harmony nel quale le infatuazioni avvengono per semplici esigenze di trama.
Una cosa così sciatta da farmi pensare.
Perché questo qui rimane Michael Mann, uno dei registi che più sanno trascinarmi dentro uno schermo.
Oh, non è che qui mi si sta prendendo per il culo?
Michael Mann, che la sceneggiatura l'ha scritta, solitamente sa gestire piuttosto bene i ritmi delle sue opere. Tra una sparatoria e un inseguimento girati con gran classe il nostro è solito prendersi tutto il tempo necessario per illustrare i personaggi a schermo. Lunghe pause, se volete, ma solitamente arricchite da una certa intensità che si bilancia perfettamente con l'azione.
Qui invece niente. Due protagonisti scialbi, un intreccio assai prevedibile e una storia d'amore buttata giù come fosse un romanzo Harmony nel quale le infatuazioni avvengono per semplici esigenze di trama.
Una cosa così sciatta da farmi pensare.
Perché questo qui rimane Michael Mann, uno dei registi che più sanno trascinarmi dentro uno schermo.
Oh, non è che qui mi si sta prendendo per il culo?
La totale assenza di
ironia farebbe pensare a un progetto andato storto, ma forse non è
così. Certe situazioni che si vedono nel film sono troppo assurde
per non essere state calcolate.
Mi è venuto in mente che Mann si sia divertito a prendere in giro il suo stesso passato, mettendo in piazza l'inconsistenza di certe storielle televisive basate solamente sull'estetica del lusso e sui protagonisti bellocci, solo fingendo di rimanere serio.
Ho dei dubbi su questo ragionamento, lo ammetto. Tuttavia, se devo dirvi la verità, io mi sono sentito molto a disagio davanti a Miami Vice.
Mi è venuto in mente che Mann si sia divertito a prendere in giro il suo stesso passato, mettendo in piazza l'inconsistenza di certe storielle televisive basate solamente sull'estetica del lusso e sui protagonisti bellocci, solo fingendo di rimanere serio.
Ho dei dubbi su questo ragionamento, lo ammetto. Tuttavia, se devo dirvi la verità, io mi sono sentito molto a disagio davanti a Miami Vice.
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