CDC #167- L'ho visto e sono ancora qui: Antrum (2018)

Immagino possa capitare a uno sceneggiatore, talvolta, l'impressione di avere per le mani una storia potente. Ma nell'oceano dell'horror esiste anche il timore che il proprio lavoro possa trasformarsi in una semplice goccia che si perde in mezzo a tante altre. Perché l'inflazione è una componente da tenere in considerazione di questi tempi.
Allora, per non gettare via l'idea, occorre inventarsi qualcosa.

Antrum le possibilità per funzionare le avrebbe, anche preso solamente per ciò che racconta. Un thriller psicologico che sa giocare con i concetti di realtà e immaginazione, che usa furbescamente accenni demoniaci e che sfrutta un'ottima trovata per giustificare l'evocazione. Per di più ad interpretarlo abbiamo pochi personaggi portati in scena da gente ben scelta, compreso un ragazzino che, una volta tanto, non è un irritante piagnone, ma un inquietante soggetto che riesce ad accrescere l'effetto disturbante della pellicola. Ci sono momenti un filo strani (tipo quel giapponese là) che piombano dentro la pellicola senza apparente senso alcuno, ma aiutano a costruire l'atmosfera instabile che ammanta tutto il prodotto.
Insomma, i giovani Nicole Tompkins e Rowan Smith si caricano sulle fragili spalle un racconto piccolo, se vogliamo, ben immerso nella letteratura fantastica per ragazzi, solo un filino più truce del solito. C'è del sangue. Ci sono situazioni spaventose.
Tutto bene. Ma nulla che possa elevare Antrum più in alto del classico filmino che gira tra i vari canali di approvvigionamento. Un lavoro che se mancasse la giusta finestra promozionale finirebbe per perdersi nel nulla, tanto per capirci.
E' qui che David Amito e Michael Lancini si inventano la trovata del film maledetto che se lo guardi muori. Una scelta che aiuta Antrum a far parlare di se, senza ombra di dubbio. Ma anche capace di offrire agli autori la possibilità di giocare un poco con la propria opera, espandendone l'orizzonte.
Intanto l'idea di costruire il mockumentary aggiunge tensione preventiva alla storia, inutile negarlo. Quella gente che parla di Antrum come esistesse davvero la maledizione e il conto alla rovescia che scandisce l'avvio del film aiutano ad entrare nell'atmosfera.
Poi c'è il discorso della pellicola ritrovata, con tutto ciò che ne consegue a livello di messa in scena. La patina anni settanta nasconde le imperfezioni, i misteriosi messaggi falso-subliminali permettono di raccontare una storia nella storia (per quanto di dubbia utilità) e i simboli esoterici, con tanto di analisi finale, accrescono il mistero.
Tutto chiaramente falso Eppure capace di far salire la voglia di stare al gioco, portando nel contempo il risultato sperato dagli autori.
Antrum senza la sua sovrastruttura sarebbe stato l'ennesimo horror con i ragazzini, uno di quelli che passano senza lasciare alcuna impronta. Una semplice trovata commerciale, invece, gli consente di erigersi, pur senza arrivare mai dalle parti del filmone.
Se proprio non funziona dal punto di vista dell'inquietudine (ma secondo me lo fa), l'idea del film maledetto che se lo guardi muori un pochina di curiosità dovrebbe tirarsela dietro.
A me è piaciuto.





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