CDC #164- Il moralizzatore: Fast Food Nation (2007)

Psst, venite un attimo qui che vi svelo un segreto. Io credevo che Fast Food Nation fosse un documentario, per questo ho deciso di vederlo. Invece è un film.
Pure di denuncia porca miseria.

Va bene, l'idea di sviscerare le contraddizioni americane attraverso il racconto di uno dei prodotti tipici del mondo a stelle e strisce è vincente. Linklater prende l'oggetto hamburger e lo illumina da tutte le direzioni. Così ci mostra come l'abilità del marketing trasformi carne aromatizzata in un delizioso prodotto genuino, per poi accompagnarci nei grossi macelli dove ciò che troviamo sul piatto viene originato, non dimenticandosi di portarci nelle cucine dei fast food, fino a svelarci la realtà degli allevamenti intensivi e le pessime condizioni di lavoro che i migranti sudamericani si trovano di fronte quando sbarcano in yankilandia.
Un ecosistema intero, quello raccontato dal regista, che va dalla mucca al panino e che ne rivela le dinamiche non proprio cristalline. Ma che in fondo rappresenta l'essenza del modello americano.
L'idea alla base di questa sintesi culinaria è infatti quella di mostrare come funzioni la società americana e di come il profitto possa scavalcare qualunque altro valore. Il semplice fatto che nella carne venga trovata della merda, per dire, viene derubricato al classico così fan tutti, evidenziando per bene la presa in giro al consumatore. Ma anche la scelta di rinunciare all'indagine da parte di chi inizialmente vorrebbe andare in fondo alla questione viene dal solito concetto di “tengo famiglia” che lascia passare le peggio nefandezze.
Il regista ci mostra i grandi capitani di industria, assenti e sostanzialmente lontani dal lavoro di tutti i giorni. Ci porta a conoscere i manager di vario livello che ne prendono il posto pensando solo allo spessore dei rispettivi portafogli. Ma ci porta anche tra gli immigrati che, identificati come puri al loro arrivo oltre confine, finiscono per diventare parte del tritacarne (va là che metafora a tema) fino al punto di ottenere vantaggi quanto più spietati sanno essere con gli ultimi della fila.
Tutto molto bello e anche piuttosto intenso. Non fosse per la piattezza del prodotto, un pochino troppo anonimo per i miei gusti. Linklater rinuncia a ogni forma di intrattenimento visivo, provando a giocarsela con i dialoghi e i suoi attori poco conosciuti.
Vero, trattandosi di un argomento con il quale lucidarsi la carriera, alcune star di prima grandezza hanno portato i loro cinque minuti alla pellicola, in modo da consentire ai produttori di sbattere i nomi pesanti nella locandina.
Ma non è che aggiungano poi chissà cosa al risultato. Appaiono, dicono due cose, sottolineano l'ovvio e se ne vanno così come sono arrivati. Il grosso del lavoro spetta a un nutrito gruppo di elementi misconosciuti che comunque se la cavano bene.
Chiaro, il divertimento si trova altrove. Linklater punta all'indignazione, a smuovere coscienze più giovani della mia e a mostrare agli americani cosa c'è sotto il loro stile di vita opulento.
Non credo che questo genere di operazioni otterrà mai dei risultati, perché chi ama questo genere di film probabilmente già la pensa come gli autori, mentre chi se ne sbatte continuerà a farlo bollando tutta la trattazione con un sonoro chi se ne frega.
Io questa roba grigetta che vuol insegnare non la apprezzo poi molto, perché trattandosi di fiction dice quello che vuole dire e omette quello che non torna utile alla causa.
Infatti credevo fosse un documentario. Se no mica so se lo guardavo.




Commenti

  1. Indie fino al midollo, anche un po' sul moralizzante andante, ai tempi andavi a vederlo, ma da allora mai più, proprio per quella sua atmosfera indecisa, però con Bruno nel cast guardo quasi qualunque cosa. Cheers

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    1. Certo, Bruno è una buona spinta. Ma alla fine si è rivelata una fregatura.

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  2. il film non è certo un capolavoro, ma è pur sempre un'occasione per riflettere.
    Per chi vuole, ovviamente. Solo per chi vuole

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    1. Non lo so. Resto dell'opinione che film fatti in questo modo parlino solo a chi ha già un'opinione in merito allontanando chi invece potrebbe interessarsi a certi argomenti da profano. Però si, i temi li mette sul tavolo.

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