Vi racconto una storia: Distanze volume 1
Forse
quella dannata canzone dei Sottotono era la cosa peggiore: "Se
stai cercando di dirmi qualcosa, tanto vale che lo fai." gli
disse.
Marco guardava fuori dalla finestra, mentre sorseggiava da
una tazza fumante il suo te al lampone. L'odore di plastica bruciata
che si diffondeva da quell'intruglio la faceva stare male. Ma
probabilmente non si trattava nemmeno di quello.
"Questa
canzone la odiavo già nel periodo in cui uscì." provo di nuovo
Manuela.
Lo
osservò, mentre lui, impassibile, continuava a fissare la finestra.
Lei si riavviò una ciocca dei suoi capelli neri che le era caduta
sugli occhi.
"Non
dici niente." Era un'affermazione.
Marco,
in piedi, sempre con l'anima oltre il vetro, si portò la tazza alla
bocca. Soffiò spostando la nuvoletta di vapore. Risucchiò un po'
della bevanda. Non accennò altri movimenti.
"AAAAAAAAHHHH!"
urlò Manuela nel tentativo di materializzarsi nella stanza. Un
risultato lo ottenne. Lui girò la testa e la degnò di una sguardo.
Con la coda dell'occhio, ma era già qualcosa.
"Perché
questa canzone?" gli chiese ancora.
"Ti
senti offesa perché non ne ho messa su una delle tue?" fece lui
senza un tono particolare nella voce.
"Sarebbe
stato carino, lo ammetto. Ma so che non ti piace il mio lavoro. E'
che questa la odio proprio." gli disse Manuela. Si sentiva
felice di aver ottenuto l'attenzione. Come un cagnolino. Alla se
stessa di qualche tempo prima avrebbe fatto pena.
"Non
riesco a capire cos'è che esattamente vuoi da me." le disse
Marco.
Le
caddero le braccia e anche la ciocca. Seduta sul bordo del letto, con
le gambe accavallate e vestita di raso nero come piaceva a lui. Si
sentì stupida come una ragazzina. Ma cosa le aveva fatto?
"Non
lo so. La canzone. Mi mette a disagio. Cosa vuol dire -solo lei ha
ciò che voglio-? Non capisco." disse lei odiandosi.
Lui
si stacco dalla finestra: " Ancora questa cazzo di canzone!".
Posò la tazza sulla scrivania e staccò il cavetto che collegava il
laptop allo stereo: "Ecco! Problema risolto!"
"Ma
perché fai così?" le chiese lei. Non voleva piangere, quello
era un discorso tra pari. Ma dovette ammettere che fu durissima.
Lui
le si avvicinò. Lei, dal bordo del letto, alzò la testa per
incontrare il suo sguardo. Quella stupida ciocca le avrebbe fatto
perdere l'occhio destro.
Marco
si fermò a due passi di distanza. Teneva la tazza fumante
all'altezza del petto. Lei pensò che magari stesse tentando di
scaldarsi il cuore. Ma no, non era cosa.
"Oggi
hai bisogno di conferme. Negli ultimi tempi hai sempre avuto bisogno
di conferme. Eppure, quando ci siamo conosciuti, non sembravi una
tipa da conferme." le disse secco.
Lei
abbassò subito lo sguardo, liberando l'occhio dall'attacco dei
capelli. Davvero si sentiva così fragile? Proprio lei?
"Io..."
tentò di dire. Ma non sapeva come continuare.
"Tu?"
disse lui, ancor in piedi davanti a lei. A sovrastarla quasi.
"Non
lo so. Forse me ne vado a casa mia." disse lei istintivamente.
Poi: "Devo pensare a certe cose."
"Magari
ne viene fuori un buon materiale per una canzone." le disse lui.
Non gliene fregava nulla. Ecco tutto. Lei si era lasciata travolgere
da una passione diversa dalle altre e ci era rimasta sotto. Lui no.
Per lui la vita continuava senza perturbazioni.
"Certo."
Gli sorrise! Che disastro stava combinando. A se stessa però. Lo
sapeva e si sentì schiacciare. Si avviò velocemente attraverso il
corridoio per raggiungere la porta d'ingresso. Quasi dimenticò la
borsetta, dovette tornare in dietro per recuperarla. Poi, prima di
uscire si voltò e attraverso le porte aperte lo vide che la stava
guardando. A petto nudo con il suo tè alla plastica bruciata ancora
vicino al petto. La sua espressione non tradiva nulla, se non
indifferenza.
In
che cazzo di situazione si era andata a infilare.
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