Iuri legge per voi: L'enigma della camera 622 (L’Énigme de la chambre 622-2020) di Joel Dicker
Il 2021 è stato un anno
particolare per tutti. Dal canto mio, per non farmi mancare proprio
niente, ho deciso di chiuderlo infliggendomi l'ultima opera in
formato Bibbia di Joel Dicker.
Ora, immagino che molti di voi ricorderanno il clamore scoppiato attorno alla Verità Sul Caso Harry Quebert qualche tempo fa. Si parlava di Dicker come di uno scrittore promettente, capace di chissà quali meraviglie, con il futuro già assicurato da un talento che, nei soliti modi pacati della stampa, veniva definito con termini quali gigantesco, inesauribile, eccetera.
In effetti quella fu una lettura piuttosto piacevole. Un thriller ben costruito, magari un filo oblungo, ma comunque interessante.
Il punto è: tutto questo talento gigantesco, inesauribile, eccetera, avrà prodotto anche altri picchi di grande letteratura?
Ora, immagino che molti di voi ricorderanno il clamore scoppiato attorno alla Verità Sul Caso Harry Quebert qualche tempo fa. Si parlava di Dicker come di uno scrittore promettente, capace di chissà quali meraviglie, con il futuro già assicurato da un talento che, nei soliti modi pacati della stampa, veniva definito con termini quali gigantesco, inesauribile, eccetera.
In effetti quella fu una lettura piuttosto piacevole. Un thriller ben costruito, magari un filo oblungo, ma comunque interessante.
Il punto è: tutto questo talento gigantesco, inesauribile, eccetera, avrà prodotto anche altri picchi di grande letteratura?
L'Enigma Della Camera 622
parte dall'idea di omaggiare lo storico editore di Dicker, nonché
suo scopritore e ispiratore. Un Bernard De Fallois molto presente
all'interno del libro, se è vero che la narrazione si concede lunghe
pause pur di ricavarsi lo spazio necessario a dipingere il ritratto
agiografico di quest'uomo.
Una scelta dettata dal rispetto, che consente a Dicker un gioco meta-letterario fatto di continue sfumature tra finzione e realtà.
Ma oltre a questo Dicker si diverte anche a mischiare i generi, non accontentandosi del classico giallo di indagine, ma spostandosi anche sul rosa, sullo spionistico e persino verso un timido tentativo di saga famigliare.
Scelte ardite, indubbiamente, che offrono grande respiro alla narrazione. Ma che, inutile negarlo, finiscono anche per esporla a una serie di problemi che lo scrittore non sembra abilissimo a risolvere.
Una scelta dettata dal rispetto, che consente a Dicker un gioco meta-letterario fatto di continue sfumature tra finzione e realtà.
Ma oltre a questo Dicker si diverte anche a mischiare i generi, non accontentandosi del classico giallo di indagine, ma spostandosi anche sul rosa, sullo spionistico e persino verso un timido tentativo di saga famigliare.
Scelte ardite, indubbiamente, che offrono grande respiro alla narrazione. Ma che, inutile negarlo, finiscono anche per esporla a una serie di problemi che lo scrittore non sembra abilissimo a risolvere.
Secondo Dicker, almeno in
questo romanzo, il flashback è la soluzione a tutti i mali. L'autore
ne infila a tonnellate tra le pagine, continuando a spostare
l'attenzione tra passato e presente e tra realtà e fantasia. Un
utilizzo così bulimico dello strumento da portare ad alcuni momenti
di imbarazzo, nei quali ci si trova davanti a un flashback dentro un
flashback incastonato in un flashback.
Chiaro, l'intento dello scrittore è quello di prolungare l'attesa, lasciando in bocca al lettore il gusto della scoperta attraverso l'allungamento del brodo. Del resto che a tirare il carretto sia l'indagine si intuisce fin da subito, tanto che Dicker non rivela nemmeno il nome del morto per ammantare tutto di mistero.
Il guaio è che finisce per rivelare fin troppo dei personaggi, escludendo chi legge dal gioco dell'interpretazione. Per di più il dover narrare così a fondo le gesta di questi individui espone la storia all'effetto soap opera, con intrecci amorosi forzati che stancano. Effetto oltretutto amplificato dalla bellezza incredibile di tutti i protagonisti. Ce ne fosse uno con l'unghia incarnita qui dentro. Pare la compagnia delle indie di quel ridicolo spot anni novanta.
Già che c'è Dicker si erge a protagonista della vicenda, premurandosi di descrivere il proprio alter ego con tutte le attenzioni che si riservano agli eroi belli e impossibili, sfruttando l'occasione per circondarsi di ragazze stupende e intelligenti, tutte cotte di lui.
Ok Joel. Il libro e tuo e puoi divertirti come vuoi. Ma anche meno, dai.
Chiaro, l'intento dello scrittore è quello di prolungare l'attesa, lasciando in bocca al lettore il gusto della scoperta attraverso l'allungamento del brodo. Del resto che a tirare il carretto sia l'indagine si intuisce fin da subito, tanto che Dicker non rivela nemmeno il nome del morto per ammantare tutto di mistero.
Il guaio è che finisce per rivelare fin troppo dei personaggi, escludendo chi legge dal gioco dell'interpretazione. Per di più il dover narrare così a fondo le gesta di questi individui espone la storia all'effetto soap opera, con intrecci amorosi forzati che stancano. Effetto oltretutto amplificato dalla bellezza incredibile di tutti i protagonisti. Ce ne fosse uno con l'unghia incarnita qui dentro. Pare la compagnia delle indie di quel ridicolo spot anni novanta.
Già che c'è Dicker si erge a protagonista della vicenda, premurandosi di descrivere il proprio alter ego con tutte le attenzioni che si riservano agli eroi belli e impossibili, sfruttando l'occasione per circondarsi di ragazze stupende e intelligenti, tutte cotte di lui.
Ok Joel. Il libro e tuo e puoi divertirti come vuoi. Ma anche meno, dai.
Poi c'è la
questione dello stile, che affronto a parte perché non so se possa
dipendere dalla scrittura di Dicker (io in francese so dire giusto
ullallà) o dalla traduzione. Diciamo che a volte ho avuto
l'impressione di trovarmi davanti a una prosa frettolosa e poco
rifinita, simile per alcuni versi a certe cose pubblicate da autori
esordienti convinti che la sostanza stia tutta nella trama. Non
ricordo se accadeva lo stesso con Quebert, magari ci tornerò su per
approfondire. (o forse si scrive Oulallà? Beh, i numerosi lettori
d'Oltralpe sapranno certamente correggermi).
Insomma, se proprio devo dirvela tutta, a me questo Enigma Della Camera 622 non è parso poi sto granché. Un libro lunghissimo, prolisso, figlio di un'idea interessante ma sfruttata appena. Un inciampo, diciamo così.
Ma sono sicuro che Dicker, dall'alto del suo talento gigantesco, inesauribile, eccetera, saprà portarci qualcosa di succoso in un prossimo futuro.
Se così non fosse, leggerò dell'altro.
Insomma, se proprio devo dirvela tutta, a me questo Enigma Della Camera 622 non è parso poi sto granché. Un libro lunghissimo, prolisso, figlio di un'idea interessante ma sfruttata appena. Un inciampo, diciamo così.
Ma sono sicuro che Dicker, dall'alto del suo talento gigantesco, inesauribile, eccetera, saprà portarci qualcosa di succoso in un prossimo futuro.
Se così non fosse, leggerò dell'altro.
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