CDC #148- Il secondo tragico It: It Capitolo 2 (It Chapter Two, 2019)

A suo tempo promisi a Muschietti che l'avrei tenuto d'occhio. Dopo un primo capitolo che, al netto di qualche dubbia scelta stilistica, si comportava onestamente, attendevo il regista alla prova più complicata.
Perché se fare i fenomeni sfruttando l'eccellente lavoro originale di King con i ragazzini (oltre all'euforia prodotta dal dannato decennio) può anche risultare semplice, la vera differenza in It la si marca parlando degli adulti, in quel segmento che mandò a carte e quarantotto il tentativo televisivo del 1990.
Se immaginiamo questa avventura come fosse un turno di Champions League potremmo considerare l'incontro d'andata concluso con un brillante zero a zero. Risultato non male, ma per la trasferta del ritorno serve giocare la partita della vita e bisogna schierare i calibri più grossi a disposizione.
Ecco scendere in campo James McAvoy e Jessica Chastain quindi, tipi dall'aria indipendente ma molto popolari sulla collina. Le due punte ideali sulle quali costruire il gioco che serve a sfondare le difese avversarie.
Il punto è che per conquistare risultati prestigiosi occorre dotare la propria formazione di idee e di una direzione. Un modulo che esalti la fantasia degli interpreti e costruisca qualcosa per cui valga la pena pagare il biglietto.
Ma mi sono già stufato di questa metafora calcistica, tanto più che la mia squadra non tornerà in coppa campioni per chissà quanto tempo e rievocare la situazione aumenta solamente il mio avvilimento.

Negli ultimi anni al cinema succede una cosa strana. Pare che un film più corto di due ore e mezza non debba nemmeno venire prodotto. Forse il pubblico ritiene che un'opera breve non valga i sette euro. Ma io sono uno spettatore all'antica e questa mania per la quantità non mi coinvolge per nulla.
Muschietti non è del mio stesso avviso evidentemente e propone un film lungo una quaresima pieno di cose che si vedevano già nel capitolo uno, in una sorta di ridondante replica con attori diversi. Approccio utile? Se se la fosse giocata diversamente forse si. Ma decidendo di iscriversi alla fiera del jump scare, il regista non fa altro che mostrare la bellezza del suo comparto effetti speciali in una serie di sequenze che non invitano mai a saltare sulla sedia. Ma magari al cinema la cosa funzionava. Gli lascio il beneficio del dubbio.
Perché il senso stesso del capitolo due dovrebbe essere opposto a quello espresso nel primo, almeno dal mio punto di vista. Ora i ragazzi sono adulti di successo (o quasi) e certi meccanismi che donavano potere al pagliaccio sono venuti a mancare. Ho notato proprio una falla nelle sfumature, nel concetto di riscatto sociale che abbatte le vecchie debolezze e trasforma la lotta contro l'entità in un qualcosa di più razionale.
Le allucinazioni possono terrorizzarli all'inizio, per via di quel discorso che si sono dimenticati tutto. Ma loro sanno che quello che vedono non è reale. Lo hanno imparato a proprie spese.
Lì si doveva lavorare, non sul bubusettete. Anche se le deformazioni di Pennywise sono la cosa migliore del film, non dico mica di no.
Magari, già che ci siamo, qualcuno potrebbe anche spiegarmi il senso del personaggio di Bowers in questo secondo episodio. Ho capito che volevano chiudere una storyline aperta nel capitolo precedente. Ma nessuno si ricordava di Bowers, dai.
Così arriviamo al gran finale, momento capace di sfigurare irrimediabilmente l'opera del 1990 e nemmeno troppo riuscito nel romanzo originale (che però di altre cose viveva).
Muschietti se la gioca a modo suo, potendo puntare su di un comparto FX capace di costruire un mostro coerente. Infatti dal punto di vista estetico nulla da dire. Peccato che quello che doveva succedere nelle due ore precedenti viene condensato tutto qui in maniera talmente frettolosa da rendere ridicolo l'epilogo dello scontro.
Ora, magari non l'avete visto quindi potreste non crederci. Ma di fatto i perdenti sconfiggono It a suon di insulti. Ma si può? Voglio dire: il tizio da del bullo a un'entità extraterrestre che infesta il pianeta da quattro milioni di anni e questa si risente pure. Ci soffre, capite?
Ci arrivo anche io a capire che l'obbiettivo di Muschietti è quello di rendere palese il messaggio chiave della vicenda. Ma le cose van mostrate, non spiegate con la didascalia porco il mondo che c'ho sotto i piedi.
Perché (e qui vi sorprendo) una soluzione del genere ha senso. Nel computo generale della storia ci sta che questi si liberino delle loro paure per andare incontro a delle vite piene e libere da antichi malumori. Ve l'ho pur detto qui sopra.
Ma bisognava prepararlo però il momento. Non è che arrivi li, dai del bullo a It e fine. Su.

Stefano ha apprezzato molto l'opera di Muschietti, tanto da concedersi una piccola partecipazione all'interno del film. Ora, i gusti cinematografici del Re sono alquanto bizzarri e lo sappiamo tutti. Tuttavia andargli contro per me è sempre difficile, probabilmente a causa del rispetto che provo per la sua carriera da creatore di storie.
Però non ci posso fare nulla. Questo capitolo due non funziona quasi per niente e se si esclude l'estetica dei mostri resta davvero poco da ricordare.
Vorrei fare un appunto al piccolo regista che tra venticinque anni riprenderà in mano l'opera per darci l'ennesimo It cinematografico. Amico, se leggi queste righe ricordati una cosa. Il secondo capitolo non è un horror. Se nel primo bisogna infilare l'aspetto disturbante che come un onda invade Derry, nel secondo occorre parlare del riflusso. Di come i perdenti, diventati adulti, imparino ad affrontare le paure, irrazionali e non, con la forza di chi sa come prendere la vita.
Se devi adattarti alle classiche regole del genere lascia stare. Uccidi It nel primo capitolo e chiudila li.
Perché così non ha senso.
Davvero.



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