CDC #145- Orazio: Il Colore Venuto Dallo Spazio (Color Out of Space, 2019)


La fa facile Lovecraft. Ben consapevole che il suo lettore riconosce solo il bianco della pagina e il nero dell'inchiostro, racconta di un colore che nessuno ha mai visto e che non si può descrivere. Gioca con le parole, tanto il lavoro sporco tocca a chi legge. Ma come si può tradurre un concetto simile al cinema, dove questa cosa la devi mostrare?
Beh, dai una mano di violetto purpureo fosforescente, a volte lo viri sul rosa shocking, poi metti tutto da parte e tiri fuori il solito vecchio trucco delle spore. Che quello funziona sempre.

A prima vista la famiglia Gardner pare un covo di sciroccati. Ma, volendo grattare sotto la superficie, si scopre un nucleo fragile, i cui equilibri sono sul punto di spezzarsi. Papà Nathan è un visionario, ma non uno di quelli fortunati alla Elon Musk. Da ciò che ci viene dato a intendere i suoi progetti si sono tramutati in fallimenti e l'ultima trovata, quella di allevare gli alpaca per produrre latte, non pare destinata a miglior sorte.
Ma lui e la moglie se la raccontano, fingendo di vivere un sogno immerso nei boschi di Arkham, anche se consapevoli di essersi arresi alle vite dei genitori, cosa che, come tutti, avevano giurato di non fare mai.
Con una consorte che sbarella perché è un'operatrice di borsa che fa la guerra con una connessione instabile, un figlio grande imbranato che si fuma tutta la vegetazione del Maine, un figlio piccolo che definirei un po' scemo e una figlia letteralmente presa dalle streghe e dall'immancabile voglia di andarsene, per Nathan tenere unita la famiglia si rivela una vera impresa.
In questo senso il Colore Venuto dallo Spazio (Orazio da qui in avanti) dà solo la spintarella che serve a mandare tutto giù per lo scarico. Il fatto è che pare divertirsi a guardare.
Divertimento che io condivido, tra l'altro. Richard Stalney è consapevole di ciò che può fare manipolando un soggetto del genere. Della questione del colore ho già accennato, per esempio. Ma il regista sa anche che oggi far paura come una volta non è più possibile, perché il mondo è pieno di ragazzini che guardano mostri su Youtube e giocare a far saltare sulle sedie gli spettatori è un'operazione destinata a finire in perdita.
Quindi decide di disturbare. Lo fa da subito, mettendoci in casa della famiglia Gardner, facendoci tastare la fatica di Nathan a tenere allacciati i fili che la tengono insieme. Poi, mentre Orazio si insinua lentamente nei cervelli e nei corpi dei protagonisti, mostrandoci quanto vicino sia il punto di rottura.
Tantissime famiglie arrivano a passare certi momenti. Istanti in cui basta la parola sbagliata per distruggere anni interi di vita assieme. La fiammella che spinge a provarci quando tutto va in pezzi, con i figli grandi che si ribellano e la coppia che dubita delle proprie scelte, è difficile da tenere viva. Stanley è bravo a schiacciare quel bottone con violenza. Perché Orazio là fuori rappresenta proprio la crepa sulla diga, un attimo prima che venga giù tutto, ma quando quasi quasi si spera ancora che il cemento tenga.


Poi si, i mostri ci mettono del loro. Già dal gatto indemoniato e passando per il groviglio di alpaca. Senza parlare di quella cosa lassù in soffitta. Non mi ci fate pensare diomio.
Perché Stanley vuole portare a casa un horror che faccia onore all'autore originale e ci va giù pesante con l'immaginazione. Però se queste aberrazioni funzionano è perché gli autori sono stati bravi a prepararne l'effetto. La simbologia basata sugli elementi di una famiglia disfunzionale c'è ancora, ma passa sotto una trama ormai in discesa ripida verso una fine che appare inevitabile, oltre che, per una volta, spietata e senza sconti per nessuno.

Il buon Cage viene spesso criticato (non ultimo da me) per certi suoi eccessi recitativi, diciamo così.
Ma il problema è che viene infilato in panni che non sono i suoi. Roba che starebbe bene addosso a qualcuno più trattenuto. Un impostazione artistica che lui proprio non possiede.
Ma in opere come questa, dove la mente degenera e porta verso una follia inimmaginabile, l'esagerata sovrarecitazione di Nick è proprio ciò che serve. Nessuno come lui cambia umore con quella facilità. Solo Cage può dare credibilità a un uomo massacrato. Magari a lui non serve Orazio per diventare così. Ma son sottigliezze.
Poi sicuramente gli effetti che Orazio ha sugli abitanti e sul mondo circostante non sono proprio chiarissimi, visto che ogni essere di questa pellicola reagisce in maniera diversa alla sua influenza. Ma si tratta di un virus nuovo, tanto per citare una frase molto di moda in questo periodo. Che ne sappiamo noi di come agisce?
Insomma, questo film funziona. Pur senza pretendere di riscrivere le pagine dei manuali del genere, ha qualcosa da dire e impiega tanto stile nel farlo. Una piccola sorpresa capace di produrre disagio in giuste quantità e disgusto quando vuole andarci giù pesante.
Io ve lo consiglio.  

Commenti