CDC #122- Viaggiare senza la De Lorean: Non Ci Resta Che Il Crimine (2019)

 Ah, i viaggi nel tempo. Al cinema e in televisione ne abbiamo visti a centinaia e ancora discutiamo su chi sia l'autore più rispettoso dei paradossi che ne derivano. Un elemento molto amato dalla fantascienza, come è ovvio. Ma anche molto utilizzato in generi come l'azione, l'horror, il romantico e perfino la commedia all'italiana.

Quindi che c'è di male se viene richiamato per farci fare due risate? Niente. Infatti facciamoci pure due risate. Ha ha. Fatte.


In Italia, oltre al fascino degli zompi nel passato, subiamo inevitabilmente anche quello legato al crimine. Se poi si parla della malavita cool, salita agli orrori della cronaca tra gli anni settanta e ottanta, poi, eccoci andare in brodo di giuggiole.

Come succede ai protagonisti di questa storia, talmente fissati con gli avvenimenti legati alla banda della Magliana da inventarsi un tour turistico a tema per Roma. Solo che poi finiscono in un tunnel di Einstein-Rosen e si ritrovano nel 1982, a contatto proprio con i loro idoli. E qui cominciano le situazioni spassosissime. Ha Ha.

Si. So benissimo cosa state pensando. Ma aspettate un attimo: in realtà l'ultima parte del film funziona abbastanza bene, con una certa dose di tensione costruita con cura e una bella atmosfera generale. Massimiliano Bruno ci prova, è diligente e quasi ci riesce, anche se non dota la sua pellicola di momenti indimenticabili.

Il vero problema lo si percepisce nell'oretta abbondante che questo prodotto ci mette per condurci a tale finale.  


Ci sono: Marco Giallini che interpreta Marco Giallini, Alessandro Gassman che indossa i panni di Alessandro Gassman ed Edoardo Di Leo che.. no, su Di Leo due paroline le posso anche spendere.

Il suo Renatino è probabilmente il personaggio meglio riuscito di tutta la visione. Intendiamoci, non perché sia premiato da una scrittura particolarmente raffinata (si tratta pur sempre del classico criminale pazzo), ma perché l'attore si diverte un mondo, per una volta, a uscire dal suo classico tardo giovane zeppo di buone intenzioni, per infilarsi negli abiti di un noto assassino. Di Leo ci riesce, è credibile e funziona bene. Dona imprevedibilità a un tizio che rischiava di non offrirgliene l'occasione e, perché no, riesce pure ad essere istrionico senza sfigurare completamente la sua prestazione. Il vero motore della pellicola, secondo me, che si mangia la scena più di quanto facciano le curve di Ilenia Pastorelli, qui in modalità parecchio aggressiva, ma che a me pare sempre un po' svampita.

Se il finale funziona così bene, buona parte del merito va alla cattiveria del Renatino-Di Leo e alla sua pericolosità sempre sul punto di manifestarsi.


Ma, appunto, come è che ci si arriva a questo finale? A fatica, vi direi così su due piedi. La sceneggiatura è una miscela di idee un po' casuali unite da un collante a scarsa tenuta. Si procede a scatti, guidati da gag piuttosto stanche e immersi in un ritmo strappato che stenta a decollare.

In opere di questo tenore è piuttosto evidente capire dove la storia andrà a parare, quindi non si può contare troppo sul fattore sorpresa. Occorre rimediare con la brillantezza, caratteristica che, per lunghi tratti, a questo film manca.

Il grosso delle trovate scelte da Bruno è pescato da una zona di comfort molto utilizzata in questi ultimi anni: la romanità, il crimine organizzato, i tormentoni. Persino nel rimarcare il periodo storico non si trova nulla di meglio che riesumare la pubblicità del pennello grande (che tra l'altro andava in onda fino alla settimana scorsa). Manca amalgama al primo tratto di questa vicenda, quasi che si sia scelto di tirarla insieme alla meglio per giungere il prima possibile al quel finale che rappresenta forse l'unico guizzo della sceneggiatura. Quasi fosse il nucleo dal quale tutto è partito.

C'è di peggio nel panorama cinematografico italiano, specialmente nel circuito mainstream con le sue commedie e i suoi film sussurrati. Però, ecco, io qui prima di divertirmi un po', mi sono annoiato parecchio.

E no. Non mi sono fatto le due risate. Ma questo, ormai lo sapete, è un problema mio.

Ha ha.



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