CDC #103- I pezzi grossi- La Corazzata Potemkin (la traduzione in cirillico la mettete voi, 1925)
In questo strano paese La
Corazzata Potemkin resterà indelebilmente legata a Fantozzi e ai
suoi novantadue minuti di applausi, forse il primo momento di
ribellione del popolo verso le elìte intellettuali.
Uno schiaffo al potere
culturale che per molti suona come una vera liberazione. Basta con i
riferimenti piombati dall'alto di studi specialistici. Noi siamo
Pierino. Tutt'al più Lino Banfi. Guardate, er Monnezza, ma non
fatemi andare più in alto di così.
Chiaramente quella di
Paolo Villaggio era una presa in giro proprio di quell'italiano medio
che si è bullato della sua uscita, ma con la comprensione della
sottile ironia non siamo mai stati troppo in gamba.
Ma torniamo a noi. Sta
Corazzata Potemkin è davvero una cagata pazzesca?
Se lo chiedeste a un
esperto di cinema, è probabile che questo vi inviti a lasciare la
stanza in preda a convulsioni, forse anche con qualche forma di
schiuma bianca che gli esce dalla bocca (il che renderebbe il
suddetto invito piuttosto gorgogliante). Io però non sono esperto di
niente. Anzi, vi dirò di più: se non me l'avessero regalato,
probabilmente questo film non l'avrei nemmeno mai visto.
Quindi possiamo dire che
il mio approccio all'opera è più vicino a quello dell'italiano
medio sbeffeggiato dal ragioniere, rispetto alla razionalità di chi
nella vita ha frequentato percorsi formativi utili a sviscerare il
cuore del lavoro di Ejzenstejin. Non ho nemmeno la pretesa che i due
o tre concetti giunti alle mie orecchie possano consentirmi di
affrontare l'aspetto tecnico della pellicola.
Uno spettatore standard,
quindi. Che tra l'altro doveva essere l'esatto target del film alla
sua uscita, ma ci arriviamo.
Il mio è un punto di
vista puramente emotivo. Partendo da qui posso dirvi subito che no,
La Corazzata Potemkin non è una cagata pazzesca.
Ma.
Diciamocelo chiaro e
tondo. La scena della scalinata di Odessa e l'ansiogeno confronto
finale tra la Corazzata e la flotta imperiale lanciata
all'inseguimento, sono momenti che rimangono conficcati nell'anima
dello spettatore ancora oggi. Un conto è vedere quelle sequenze
estrapolate in un documentario. Tutt'altra faccenda se assimilate
quando inserite nel contesto dell'opera originale. Ejzentstejin le
gestisce con tutta l'enfasi di cui dispone. Il commento musicale ne
sottolinea ai passaggi. L'avvicinarsi delle navi è progressivo, i
primi piani sui marinai trascinano dentro un momento di terrore, la
sensazione di trovarsi dentro una trappola mortale esce dalla
pellicola, travalica un secolo di storia e giunge allo spettatore
pregna dell'odore di chi se la fa sotto. E' difficile spiegare cosa
si provi nel guardarle, immerse nella loro pellicola lisa dal tempo
(seppur brillantemente restaurata), nel bianco e nero sgranato,
nell'occhio di bue dei primi piani. L'unica cosa che posso dire è
che, mentre il regista forza la mano, si finisce per dimenticarsi di
questi artifici arcaici. A dimostrazione che l'arte non subisce il
passare del tempo, se vogliamo dire una stupidaggine banale come
l'afa agostana.
Perché, a fare i conti
con l'opera nella sua interezza, scopriamo che non è proprio così.
La Corazzata Potemkin è
del 1925 e la sua età se la porta tutta sulle spalle. Intanto perché
è un film muto e in quel periodo la recitazione era diversa, così
come la gestione delle inquadrature.
Ma soprattutto per il
ritmo della narrazione. La pellicola dura circa un'ora, ma in alcuni
momenti le sequenze sono talmente prolungate da far pensare che il
tempo si fermi. Non è facile affrontare una visione del genere con
occhio contemporaneo. Inutile girarci intorno. Far finta che non sia
così equivale a prendere in giro se stessi e chiunque voglia
approcciarsi a pellicole di questo tipo.
Certo, ci sono preziosismi
ancora efficaci, come l'inquadratura sulla scalinata vuota che,
grazie a una perla di montaggio, si riempie di gente che pare
comparire dal nulla.
Ma la costruzione
dell'arco narrativo oggi verrebbe considerata semplicemente
sbagliata, complice la necessità di dover sfumare a nero per
inserire le schermate di dialogo e a un altro fattore che
probabilmente, è l'unico aspetto che potrebbe nobilitare
l'affermazione di Fantozzi rag. Ugo.
Parliamoci chiaro. La
Corazzata Potemkin è un film di pura propaganda. La neonata Unione
Sovietica aveva bisogno di storie edificanti che cementassero il
fresco spirito rivoluzionario.
Comunque la pensiate su
quella cosa del socialismo, il fine della pellicola è chiaro e
lampante fin da subito. Non esistono personaggi in questo racconto,
solo macchie impresse nella pellicola.
Non è una storia di
ribellione, come ho letto da qualche parte. E' l'apologia dello
spirito rivoluzionario. I marinai non hanno nome, né personalità.
Non c'è conflitto nelle loro scelte. Ci sono i buoni popolani da un
lato e i terribili carnefici zaristi dall'altro. Punto.
Così come tutti i regimi
della storia (e anche molte realtà attuali, non fingiamo di non
essercene accorti), quello sovietico ha sfruttato il mezzo di
comunicazione più potente nelle proprie mani per veicolare il
proprio credo politico.
Un film su commissione, se
vogliamo. Per di più ideato da un potere politico che voleva
azzerare l'individuo per privilegiare il collettivo, quindi con
l'obbiettivo di togliere i personaggi dalla storia per fare spazio
alla sacra madre rivoluzione.
Magari i nostalgici
dell'ideologia novecentesca lo ameranno proprio per questo.
Io ci metto una riserva e
con questo la finisco di parlare di cose che non conosco.
Ora, per cortesia, aspetto
i miei novantadue minuti di applausi.
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