CDC #89- La favola del cinema: C'Era Una Volta A Hollywood

Se c'è una cosa che la collina adora fare è cantaresela. Spesso con note nostalgiche, ricordando a se stessa e a noi che assistiamo alla celebrazione, quanto fosse più bella la vita di un tempo.
Di solito a venir rimpianto è il periodo classico, quando Artists percorrevano il Viale Del Tramonto in un Giorno Della Locusta qualsiasi.
Ma Tarantino è di un'altra pasta. Osserva malinconicamente gli anni settanta lui. Quel miscuglio di follie che produceva film ruspanti, feste psichedeliche e sette religiose mascherate da comunità hippie. L'epoca durante la quale le vecchie glorie di Hollywood finivano per ricordare i bei tempi degli anni cinquanta, appunto.
Nostalgia al quadrato.

Non avrei mai voluto scrivere nulla di C'Era Una Volta A Hollywood perché, diciamocelo, la mia opinione sarà la meno letta e, probabilmente, la più tralasciabile del lotto.
Ma c'è un altro motivo che mi spingerebbe a stare lontano da questo post. Un'opinione che mi sono fatto e che forse scatenerà reazioni capaci di farmi abbandonare l'internet. Ve la dico? Va beh, ve la dico: sostanzialmente l'ultima fatica di Tarantino è una splendida rappresentazione del vuoto cosmetico mascherata da favola moderna. (chorus: buuu, vai a casa!)
Intendiamoci, non è un film brutto, sia mai. Son tre ore che se ne vanno con la rapidità di una puntata della vostra sit-com preferita. In alcuni punti si ride davvero di gusto. In altri si sente la tensione salire. In altri ancora ci si sfoga dalla rabbia come spesso accade nei prodotti del nostro.
Eppure sono uscito dalla sala senza niente in tasca.

Dev'essere per il fatto che durante quasi tutta la visione non ho capito bene dove la storia volesse andare a parare. Tra citazioni incollate pari pari manco fosse un lavoro di Godfrey Ho, intersezioni buttate a tradimento in stile Griffin e un narratore esterno utilizzato come il peggior allacciatore di fili, Tarantino riesce nell'intento di mettere insieme spezzoni di pellicola senza annoiare mai. Ma anche senza dire nulla.
Si, va bene. C'è il percorso di resurrezione di Di Caprio- Dalton. Ok, l'amicizia senza interesse di Pitt- Booth. Il peregrinare senza meta di Robbie- Tate. La Family.
Ma il tentativo di costruire una storia convergente verso un unico punto finale non mi ha convinto.

Che poi la motivazione di fondo mi pare di averla capita, se proprio ve lo devo confessare. Esattamente come in Bastardi Senza Gloria, Tarantino prova a ricostruire la Storia, rimaneggiando gli esiti di un fatto di cronaca efferato. La tradizionale esplosione di sangue finale qui sa di vendetta, per tanto è esagerata rispetto al contesto. Il desiderio di salvare la principessa si assapora fin dalla presentazione del personaggio. Insomma, l'esito degli eventi di quella calda notte non gli è andato giù, così ha creato i suoi due protagonisti per modificarlo.
Quindi va bene. Qualcosa in pentola bolliva. Ma ha trovato sfogo solo nella mezz'ora finale. Che in un lungometraggio da tre ore è un po' pochino.

Infatti non c'è molto altro da dire, se non vogliamo andare a caccia di ovvietà come la meravigliosa tecnica del regista o le prove ottime di attori che ormai conosciamo a memoria. I cameo? Le chicche pescate dai filmati d'epoca? La colonna sonora come in ogni ca..volo di film di Tarantino?
Parlatene voi se volete, a me non interessa. Un film è fatto dall'insieme delle sue componenti. Qui l'insieme non fa l'intero.
Spiacente con i fan accaniti. Ma secondo me stavolta la magia non funziona.
Comunque statemi bene.

Commenti

  1. Vedi, io ho appena preso il bluray e quindi sono a tre visioni totali... due al cinema e una in homevideo... e penso che sia il miglior Tarantino di sempre.
    Dipende da quello che uno si aspetta: qui è più filosofia che storia, ma con due attori che danno oltre il 100% (secondo me si sottovaluta molto la performance di DiCaprio, che sa fare il depresso -vero- più di Phoenix!)

    Moz-

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    Risposte
    1. Io sono per Hateful Eight, secondo me più razionale nelle scelte. Ma ci sta che mi sia sfuggito il suo discorso metacinematografico, o che non stuzzichi la mia sensibilità.
      Sono d'accordo su Di Caprio, molto bravo. Anche se il paragone con Phoenix (immagino tu ti riferisca a Joker) non è centratissimo, perché Gioacchino è alle prese con un tizio affetto da problemi che vanno oltre la depressione. In Her, con un personaggio più trattenuto, mi era piaciuta la sua interpretazione.

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    2. Sì, intendevo tra i concorrenti all'attuale Oscar :)

      Moz-

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