CDC #88- Patologie coreane: The Flu

Tra tutte le disgrazie che il genere catastrofico prende in considerazione, probabilmente l'epidemia è quella che apprezzo di più. Da Contagion a Virus Letale mi sono approcciato più volte alla tematica, quindi so di cosa parlo.
Di merda sotto ai miei occhi ne è transitata parecchia, non posso negarlo. Ma anche le peggiori pellicole sono state capaci di divertirmi.
Almeno fino a oggi.


Certo, fino adesso ho potuto ammirare solo il lato occidentale delle epidemie. Per cui, quando scartabellando su Rai Play ho trovato quest'opera sudcoreana, mi sono detto: perché no? La risposta a tale quesito l'ho trovata, naturalmente. Purtroppo solo dopo la visione.
La prima ora di film sembra quasi una parodia: momenti comici, bimbette isteriche, reazioni incomprensibili. Tutto per mettere sul banco la mercanzia di personaggi e interpreti per i quali ci ritroveremo a fare il tifo in seguito.
Lo schermo è pieno di cattiva recitazione e battute terrificanti (forse rovinate anche dal doppiaggio italiano, sempre straniante quando si tratta di pellicole asiatiche). Le scene sono di una lunghezza intollerabile e tutto si muove dentro una sceneggiatura piena di niente.
Metà della visione risulta quindi atroce e fa venire voglia a più riprese di buttare via tutto e lasciare perdere.
Ma non scherziamo. I veri eroi portano sempre a compimento le loro missioni.
Il segreto del successo evolutivo del genere umano è sapersi adattare. Quindi, una volta abituati agli eccessi della recitazione e al dolore oculare provocato da effetti speciali degni della peggior applicazione Android, va detto che le cose si muovono un pochino meglio.
Il regista Kim Sung-su getta il cuore oltre l'ostacolo, incupisce la sua fotografia da serie TV anni novanta e vira il mood della storia sul dramma.
La situazione si fa tesa e un po' di empatia con i personaggi si riesce effettivamente a provare. In più, a dirla tutta, alcune scelte estetiche dimostrano che le idee di base qui non mancano.
Se sapessi come si scrive Asylum in coreano vi potrei dire che il complesso scenico a cui assistiamo rimane tipicamente ispirato a un certa casa di produzione. Anzi, persino la trama con il precipitare delle situazioni, i burocrati ottusi che prendono decisioni immotivatamente crudeli e gli eroi con lo spirito del coraggio popolare, sono temi talmente classici in questo genere che non varrebbe nemmeno la pena accennarvi.
Tuttavia qui a essere messi alla berlina, ad un certo punto, sono proprio quegli americani a cui si fa chiaramente il verso. La storia della Corea è complicata, quindi lo spirito nazionalistico che viene fuori alla fine dell'opera forse giustifica certe prese di posizione. Per noi che quei problemi li viviamo meno, rimane la sensazione di un'aggiunta un filo gratuita a una trama già pomposetta di suo.
Il tutto chiaramente sottolineato da una colonna sonora in crescendo che, se fatta ascoltare a Clint Mansell, potrebbe diventare protagonista di cause legali.
Va detto che, in fin dei conti, se The Flu fosse durato un po' meno non se la sarebbe cavata malaccio. La prima metà è troppo lunga per venire digerita, ma la seconda è figlia del genere e offre ne più ne meno di ciò che si aspetta. Città isolata, contaminazione fuori controllo, gruppetto ristretto di eroi che lotta per trovare una cura, gente cattiva che con una scusa o l'altra vuole spargere il male.
Qualche scena riesce pure a rubare l'occhio, nonostante la pochezza televisiva dell'impianto. Cosa di cui dev'essersi reso conto anche il regista, che queste sequenze le ha prolungate fino a svuotarle.
Però due ore sono fuori portata di chiunque. Davvero.
Così non è sostenibile.
Amate l'ambiente, non sprecate.

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