CDC #85- La Cina lontana: L'Arrivo Di Wang
Credo che se L'arrivo Di
Wang fosse nelle sale oggi potrebbe scatenare un polverone. Non che
otto anni siano un'era geologica. Però, con quello che sono
diventati i social ai giorni nostri e quella tendenza a polarizzare
qualsiasi argomento, certe scelte narrative dei Manetti avrebbero
smosso qualche buona coscienza.
Il che magari non sarebbe
stato un male. Tutta pubblicità gratis. Che ne dite?
Bah, in realtà non mi
interessa. Dovevo solo scrivere un'introduzione.
Fin dai suoi primi vagiti,
osservando la messa in scena, il gelo del digitale e l'ovatta dei
suoni, si capisce cosa stiamo guardando. L'Arrivo Di Wang è un film
indipendente a basso costo e non prova in nessun modo a nasconderlo.
Il che va bene. Anche
perché le idee alla base di questo lavoro sono intriganti. Come la
scelta del cinese, ad esempio. Un tocco delicato che da a tutta la
narrazione un non so che di assurdo capace di colpire nel segno.
La storia è un gioco di
rivelazione progressiva. Di chi è Wang, innanzitutto. Ma poi delle
sue intenzioni. Del reale interesse in gioco tra i personaggi. Di
tutto ciò che circonda la stanza per interrogatori che, di fatto, è
una delle pochissime location scelte per l'opera.
Si è portati a
empatizzare con l'interprete e a comprenderne l'indignazione. Così
come si prova un po' di pena per questo Wang, vessato e malmenato
senza sosta dal rude Curti.
Eppure il rischio di un
finale edificante viene buttato giù dai Manetti con un colpo di
scena telefonato ma efficace. Che preme sul tasto delle controversie
e un po' ribalta il significato di tutto ciò che si è visto fin li.
Scelta coraggiosa, che
però non basta a nascondere i difetti di un film che se fosse stato
realizzato in formato mediometraggio, forse poteva giocarsela meglio.
Gestire un'ora e mezza di
interrogatorio non è una cosa semplice. Ci sono punti morti, vuoti
di sceneggiatura da riempire, ritmi da far correre.
Non ho esperienza diretta
con il cinema, ma, che ci crediate o no, conosco la differenza tra un
racconto breve e un romanzo. So la fatica che si fa nell'essere
essenziali nel primo caso e nel gestire tempi e situazioni nel
secondo. Infatti una storia lunga non sono ancora mai stato capace di
scriverla.
Far funzionare con
fluidità una narrazione che troverebbe nel breve la sua identità è
un'impresa titanica. I Manetti ci provano utilizzando i classici
stratagemmi del genere. Corridoi con la luce intermittente, telefoni
che non captano segnali, eventi misteriosi chiusi dietro porte
invalicabili.
Tutte cose che possono
funzionare. A patto di non sembrare messe li più per riempire gli
spazi che per vera necessità. C'è una certa meccanicità in questa
pellicola, non fingerò di non essermene accorto.
Per quanto riguarda la
gestione dei ritmi, invece, quando la storia tende a sedersi, i Bros
tirano fuori dal cilindro il vecchio trucco dei flashback. Sistema
che detesto, specialmente quando vengono inseriti con la brutalità
della transizione in nero.
Certo, il comparto
recitativo migliora la situazione. Francesca Cuttica è credibile nel
ruolo della traduttrice indignata che tenta di mettersi in mezzo tra
la rudezza di Curti e la pacatezza di Wang. Fantastichini va forse
sopra le righe, ma è un approccio che dona a un personaggio comunque
sfaccettato e probabilmente molto più sofferente di quanto non
voglia mostrare.
Buoni attori che si devono
essere accontentati di poco, visto che il grosso del budget è stato
risucchiato da un comparto effetti speciali davvero ottimo, viste e
considerate le possibilità economiche dei Manetti. Chiaro, non
aspettatevi gli schermi pieni di particellari in stile Avengers, ma
quello che deve fare il film lo fa.
L'Arrivo Di Wang si
inserisce perfettamente nella sua nicchia di genere a basso costo.
Non sarà un capolavoro. Forse non è nemmeno un bel film secondo la
definizione più canonica del termine. Però ha cuore, coraggio e
anche una spruzzatina di humor. Caratteristiche che lo rendono
comunque un prodotto pulsante e dalla personalità spiccata.
Sono in pochi a tentare di
fare la fantascienza con quattro soldi. I Manetti, nonostante tutte
le problematiche, ci riescono, regalandoci un lavoro che tiene
avvinti.
Secondo me va guardato.
Non vi cambierà la vita. Ma rischiate seriamente di divertirvi.
Con quella frase li come
finale poi...
Soprattutto c'è del cuore. Merce rara nel cinema moderno.
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