CDC #71- Non è che doveva piacermi per forza: Dogman

Mi aspettavo molto da Dogman, non fatico ad ammetterlo. Certo, so che caricando troppo l'attesa di un film questo rischia di risultare deludente. Ma giuro che non ho mai sentito parlare male dellì'ultima fatica di Garrone.
Tanto più che le poche imagini che mi sono passate davanti prima della visone promettevano un noir post-apocalittico da brividi, con questa fotografia di un uomo e il suo cane proiettati verso una luce atomica con cadavere in spalla.
Fascino a tonnellate visti anche i precedenti del regista campano. Seppur nella consapevolezza che la vicenda qui raccontata non avesse molto a che fare con Mad Max.
Ci credevo. Ci credevo tanto. Ma poi ho visto un film che non mi aspettavo di vedere.

Lo scenario post apocalittico altro non è che una suburbia decadente in riva a un mare che non vuole più nessuno. In mezzo a questo quartiere dimenticato, Marcello è una sorta di toilettatore per cani, mite e ben voluto da tutti. Forse anche un po' scemo.
A rovinare gli equilibri c'è il terrificante Simone (un Edoardo Pesce che popolerà molti incubi), psicopatico patentato, sempre incline alla violenza, arrogante e cocainomane.
Tra Marcello e Simone vige una sorta di amicizia della quale Simone si approfitta per ottenere ciò che vuole. Finché non esagera e le cose vanno male. Ma proprio male male.
La storia è ispirata a un fatto vero il cui epilogo era già noto alle cronache. Garrone quindi decide di non puntare le sue cartucce più pregiate sul il twist decisivo. Piuttosto preferisce passare buona parte della sua narrazione a costruire il personaggio di Marcello.
Scelta indovinata da una parte. Ma anche sciagurata dall'altra.
Ora, so benissimo che questa pellicola è piaciuta a tutti quanti, ma non ci posso fare niente. A me non ha preso nemmeno un po'.
Mi è parso di assistere a un cortometraggio fuori misura, con dei tempi eccessivamente dilatati e un'ostinazione a mostrare l'aspetto tenero del protagonista quasi fastidiosa.
Che Marcello fosse un pane lo si capiva da subito. Che subisse la presenza di Simone, in un misto tra timore e reverenza, anche. Che servisse ribadirlo in ogni scena, ho qualche dubbio.
Capisco il desidero di costruire una storia basata su personaggi respingenti, ma nell'ora e mezza che dura non sono mai stato preso in mezzo alle vicende narrate.
Insomma, io mi sono annoiato.

Che poi dal punto di vista estetico questo Dogman sia un'opera d'arte, beh, non lo metto certo in dubbio. Proprio la sua resa visiva mi ha spinto a guardarlo.
Il quartiere disastrato, che tra le macerie mostra un passato lucente ormai estinto, è una scenografia spettacolare. Il modo di mostrarcelo che utilizza Garrone è a dir poco indovinato.
L'intera ambientazione pare un luogo incantato. O meglio, vittima di un sortilegio. Cosa che in certo senso è anche nella realtà.
Certamente l'interpretazione, naturale per una volta, aiuta parecchio il film a conquistarsi un ruolo di primo piano tra le recenti opere nostrane.
Eppure non c'è niente da fare, io Dogman non l'ho proprio digerito. Mi piacerebbe dirvi che gli darò un'altra occasione, ma non penso succederà.
Se un film di questo genere non ti cattura al volo, difficilmente ci riuscirà una seconda volta. La sua trama è semplice, il suo incedere quasi ovvio, il suo epilogo noto.
L'unico sistema per apprezzarlo è di voler bene al suo tenero protagonista. Ma a me quest'uomo non ispira buoni sentimenti.
Niente da fare Matteo.
Mi sa che sarà per la prossima.

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