CDC #69- Leo rock'n'roll- Il Giovane Favoloso
Era da un po' che Il
Giovane Favoloso se ne stava a prendere polvere sugli scaffali di
casa Iuri. Ai tempi lo acquistai perché attirato dal trambusto che
ci si costruì attorno. Ma poi tutto passò sotto silenzio e a me di
vederlo non interessava più.
Chissà perché? Magari è
che a me non piace la poesia e un film su un poeta non mi attirava
poi così tanto? Bravo, allora cosa l'hai comprato a fare, chiederete
voi. Come darvi torto.
Fatto sta che in questo
momento, quando l'opera pare dimenticata dai più, ho preso in mano
la custodia e ho buttato il BR nel lettore.
E vaffancuore a tutti
quanti, come diceva il poeta.
Un biopic, che però non è
tale nella sostanza. La trama divide le esperienze del poeta in tre
fasi (che potremmo chiamare Recanati, Firenze e Napoli) e ad ognuna
di esse affida una parte particolare del percorso di formazione di
questo personaggio. Martone non ci spiega vita, morte e miracoli come
potrebbe fare un maestro di scuola, ma affronta quest'opera cercando
di sedersi vicino al protagonista.
Questo gli serve perché
il vero scopo del regista non è tanto quello di istruire gli
spettatori su un uomo così importante per la cultura italiana,
quanto quello di studiarne il processo creativo.
Esperimento coraggioso e
anche abbastanza riuscito, almeno da un punto di vista stilistico.
Martone immagina Leopardi attraverso la propria arte, che è cinema e
non poesia. Quindi gioca con le visioni, mischiando quello che Giaco
vede e quello che sogna e trasformando il tutto nei versi delle note
(non a me) poesie di questo artista. Ne vengono fuori spezzoni
intriganti, a volte pregni di simbolismi arditi, ma anche sequenze di
cinema importante. Roba che resta negli occhi, se proprio non nel
cuore. Ma anche il muscolo involontario più amato da tutti può
trovare pane per i suoi denti (che non ha, ma non stiamo sempre qui a
fare la punta).
Certo, qualche volta
Martone si lascia andare alla tentazione di trasformare il suo
Leopardi in un genio che compone poesie sull'onda dell'emozione. Per
quanto possa essere affascinante vedere il poeta che recita versi che
gli si formano in bocca, credo che Giacomone abbia lavorato parecchio
per trovare le parole giuste con i suoni giusti.
Ma probabilmente si tratta
di un'impostazione metaforica, quindi lasciamo correre.
Quello che vedete qui
sopra è Elio Germano e se questo film vi rimarrà attaccato dentro
per un po', buona parte del merito è suo. Ora, io ho un rapporto
piuttosto complicato con questo attore. Ci sono pellicole nelle quali
mi pare fenomenale, altre in cui mi sembra indistinguibile da un
Vaporidis qualsiasi.
E' indubbio che qui, però,
faccia un grande lavoro, seppur sovraccaricando talvolta il suo
personaggio. Il regalo che l'attore ci fa è un Leopardi vicino e
tangibile come non mai.
La giovinezza bruciata da
un padre rigido e iper-protettivo, il debutto nella Firenze dei
grandi artisti, così lecchini e falsi. Il crepuscolo di Napoli,
incastrato tra la fine dell'era borbonica e l'arrivo del colera. Poi
tutte quelle volte in friend-zone, poveraccio.
Insomma, forse si sarà
capito. La coppia Martone-Germano porta fuori Leopardi dal mondo
classico, per offrircene una versione più moderna e forse più
aderente alla realtà.
Perché il Leo di questa
pellicola non è un genio assoluto da rispettare e nemmeno un artista
piegato dai suoi disturbi fisici tutto tenero da amare
incondizionatamente.
Si tratta di un uomo
respingente. Un personaggio tendente all'isolamento, con tutti i
pregi, ma soprattutto i difetti di una figura di questo tipo. Non
parliamo di un timido, o almeno lo facciamo solo nella prima parte.
Qua ci viene mostrato un uomo che rifiuta gli altri, probabilmente
perché non li ritiene all'altezza del suo intelletto. Ma non è solo
questo. La figura che emerge da questa visione è complicata, piena
di aspetti interessanti. Un personaggio tridimensionale come
raramente viene costruito per i film biografici.
C'è che però 'sto film
non finisce mai. Due ore e venti mi sono sembrate troppe per una
pellicola gestita su ritmi così blandi. Per la sua stessa
impostazione, Martone sceglie ampi minuti di contemplazione. Leo
guarda, respira. Tutto intorno a lui si mostra sotto forma di versi.
Ma noi intanto siamo seduti li ad ascoltare il silenzio e a vedere
l'erba. Che ci sta eh, ma magari anche un po' di meno.
Se non conoscete bene la
vita di Leopardi (come il qui presente, tra l'altro), rischiate di
trovarvi un po' sballottati dai rapidi cambi di ambientazione che
talvolta la pellicola impone. Certi personaggi, anche piuttosto
importanti, piombano in scena con la pretesa di essere già
conosciuti. Ma non è per forza così. Insomma, Martone pare
privilegiare un pubblico colto per far apprezzare la sua opera.
Una scelta comprensibile,
ma in un paese di orgogliosi ignoranti come il sottoscritto, venire
un po' incontro agli spettatori non avrebbe tolto nulla alla resa
complessiva dell'opera. Molte persone hanno affrontato Leopardi solo
ai tempi delle scuole e poi basta. Ma magari è anche un buon metodo
per spingere la gente ad approfondire, chi lo sa.
Riducendo tutto quanto ai
minimi termini, si può dire che Il Giovane Favoloso è una pellicola
difficile da buttare giù mentre la si guarda. In alcuni momenti il
tempo pare non passare mai.
Ma non è un errore nella
gestione del lavoro a renderla così. E' una precisa scelta
stilistica di un regista che vi chiede molto, ma che saprà lasciarvi
qualcosa da portare con voi. Se ancora non l'aveste fatto,
vedetevelo. Arrivateci preparati, ma vedetevelo. Sono convinto che ne
valga la pena.
Ciao.
A renderlo difficile da buttare giù secondo me sono proprio le scelte stilistiche del regista, che se ci fai caso non ti piazza mai un primo piano quando servirebbe, segue il suo Leopardi quasi sempre alla distanza, con una lentezza esasperante, come se farci dei primi piani fosse una bestemmia.
RispondiEliminaQualcuno dovrebbe legare Martone a una sedia, con gli allargapalpepbre stile cura Ludovico a base di Sergio Leone, che i primi piani e i cambi d'inquadrature a volte bastano da soli a dettare il ritmo di una scena, solo che lui non l'ha capito a giudicare da questo film.
Forse la distanza potrebbe essere una questione di rispetto. Comunque si, il risultato è un film spesso troppo lento e si fa fatica ad arrivare in fondo.
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